Inoltre, gli uomini in particolare amano scherzare sulla presunta intrattabilità delle donne in questo delicato momento mensile.
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La medicina ufficiale imputa questi disturbi agli ormoni.
Ma noi sappiamo ormai che il nostro corpo soffre perché è l'emozione ad agire su di esso, anche se a livello inconscio. Non c'è malanno che non possa essere ricondotto alla psiche, e a quello che Eckhart Tolle chiama corpo di dolore.
Secondo lui, esiste un corpo di dolore collettivo femminile, che si è andato formando nei secoli, diventando una sorta di entità cui siamo tutte in qualche modo collegate.
Esso si è formato in migliaia di anni di violenza, stupri, sottomissioni, parti difficili, frustrazione.
Durante il ciclo mestruale questo corpo di dolore collettivo si risveglia dal suo stato latente. Questo spiega la sofferenza fisica in senso emozionale di stampo junghiano, e l'irritabilità, che è una forma di negatività proveniente dalla rabbia per ciò che sentiamo di aver subito in quanto sesso femminile.
Riconoscere la schiavitù, l'ingiustizia subita, la sottomissione forzata è sacrosanto, per non ricaderci.
Ma è anche vero, sottolinea Tolle, che se ci sentiamo vittime per ciò che gli uomini ci hanno fatto subire si rischia di restare chiuse in un bozzolo di vittimismo rabbioso, rancoroso, e non ci si distacca più da esso.
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L'unica via d'uscita è non utilizzare il corpo di dolore come strumento di lotta.
Rimanendo consapevole del significato inconscio collettivo dei dolori mestruali, la donna di oggi può finalmente liberarsi di esso solo osservandosi e intercettare subito ogni senso di disagio o irritazione sul nascere.
A forza di essere osservato in uno stato vigile di non giudizio, il corpo di dolore finisce per essere trasmutato in consapevolezza radiosa.
A quel punto la donna ritrova la propria sacralità, il suo essere Dea, ma non in un'accezione di dualità tra il Dio maschile biblico e la Dea pagana, ma come forza divina creatrice.
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