martedì 11 dicembre 2012

Quella strana nostalgia per ciò che non è di questo mondo

Alzi la mano chi non si è mai sentito solo, estraneo a ciò che ha intorno come un pesce fuor d'acqua, almeno una volta nella vita.
Quell'assurdo, inspiegabile smarrimento che ti prende alla gola già da bambino in certe situazioni, specie tra la folla, tra i compagni vocianti nel cortile della scuola, a una festa di compleanno.
Sentirsi una voce dentro che sussurra perplessa Ma io che ci faccio qui?
E poi da grande finisci per dare la colpa alla tua infanzia, alla timidezza, all'insicurezza di quello scricciolo che eri, al rapporto con i genitori e con gli insegnanti. Ma sai che la risposta non è lì, in quella sfilza di probabili motivazioni. La ragione è altrove.

Quando ho letto Il codice dell'anima di James Hillman (Adelphi), psicologo morto recentemente, ecco che finalmente ho trovato una risposta illuminante alle mie domande.
Hillman sa perfettamente che quel senso di solitudine è già presente in noi fin dall'infanzia ma non è sempre imputabile a condizioni esterne. 
"... ma se ci accompagna fin dall'inizio - scrive l'autore - allora essere vivi è anche sentirsi soli."

A pagina 81 ecco che il mistero si dipana:
"La solitudine presenta le emozioni dell'esilio; l'anima non è riuscita a crescere, cioè a discendere, del tutto nella vita e vorrebbe tornare a casa. Dove? Non sappiamo, perché il luogo di cui parlano i miti e le cosmogonie è scomparso dalla memoria. 
Ma il desiderio dell'immaginazione e la tristezza testimoniano di un esilio da qualcosa, che l'anima non sa esprimere in un altro modo che come senso di solitudine."
Insomma, è normale che l'anima nel discendere sulla Terra possa sentirsi fuori luogo e avere come una sorta di reminiscenza di quel luogo cui appartiene, una Casa ultraterrena.

Per usare le parole di Hillman: "L'immagine che ogni esule si porta nel cuore, con la sua nostalgia per ciò che non è di questo mondo."
Qualcosa del genere dicono anche i Maestri spirituali. Che noi siamo in questo mondo ma non siamo di questo mondo.
Foto dell'autrice
Grazie al meraviglioso, poetico libro di Hillman, ho trovato una riconciliazione con quel senso di estraneità e incomprensione di cui mi sentivo vittima da piccola, e anche da ragazza.
Ho smesso di sentirmi sbagliata, con relativi sensi di colpa.
Accetto il fatto che è il mio daimon - cioè quella parte di noi che contiene l'immagine del disegno che vivremo sulla Terra, con i talenti, il carattere, il bisogno impellente di esprimersi a suo modo, il rispondere a una Chiamata - a sentirsi isolato, fuori luogo.
Ma anche questo è parte del Piano.

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