giovedì 30 gennaio 2014

L'Amore è tutto ciò che resta

Parliamo spesso del fatto che tutto ciò che ci sembra importante morirà con noi: il corpo fisico, la mente, le emozioni. I ricordi, forse.
E allora, cosa resta? Cosa è importante portare con sé? Cosa è necessario per l'anima, anche dopo la dipartita dal corpo?

L'Amore. 
Quello vero, incondizionato, profondo. 
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L'Amore scevro da attaccamento, bisogno, dolore.

Quella vibrazione del Cuore, è la vibrazione dell'ottava più alta, detta anche Spirito.

Per l'anima, l'amore incondizionato è un ritorno a casa, poiché l'Amore è l'origine di tutto ciò che è.

Entrando nella materia, dentro l'illusione della separazione, ce ne dimentichiamo. Ma la vita ci sfida ad amare al di là di ogni attaccamento.
Magari ci vorranno molte vite per comprenderlo nel profondo, le anime più antiche ed evolute sono più portate a sperimentarlo in questa vita.

Quindi, invece di pensare a leccare il nostro ego per renderlo più splendente, dato che non verrà con noi, invece di preoccuparci troppo per ciò che lasceremo sul pianeta, dovremmo ogni giorno lavorare su noi stessi per fare il pieno d'Amore.

Vedere il mondo con gli occhi dell'Amore, essere Amore.
Perché l'Amore è tutto ciò che resta.

"Se non amate, non siete niente". Marcelle Sauvageot

martedì 28 gennaio 2014

Per rompere gli schemi

Un esercizio utile e divertente che viene dato nei corsi di risveglio - ma anche da alcuni psicologi - è fare ogni giorno qualcosa di nuovo. Qualcosa che non si è mai fatto. Meglio se è qualcosa che ci vergognano di fare.

Ad esempio, andare al supermercato con i bigodini in testa. Questa cosa fa orrore alla maggior parte delle donne.
Oppure - perché no - andarci sui rollerblades! Ci prenderanno per pazzi? Meglio. 
Non abbiamo nulla da perdere, se non il nostro senso di noi, la nostra idealizzazione su ciò che dovremmo o vorremmo essere, su ciò che è sconveniente

Avete mai provato ad andare in giro cantando ad alta voce?
Se avete paura del dolore, una ceretta brasiliana all'inguine fa al caso vostro. Perché fa un male cane, ma si sopravvive. Ottima prova di coraggio.

Invitare un uomo a cena fuori. Oppure portargli un mazzo di fiori. Chi ha detto che deve sempre essere l'uomo a fare il primo passo?

Agli uomini proporrei di andare in giro mano nella mano con un altro uomo. Ce la farete?

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Ma se non ve la sentite di fare cose davvero insolite, potete fare qualunque cosa non abbiate mai fatto, fosse anche iscriversi a un corso di tango o di tennis. O cucinare una torta nonostante crediate di essere negati. Dire Ti voglio bene a qualcuno cui non avete mai osato dirlo.

Ci sono ancora molte donne che non sono capaci a far benzina al self service. Avanti, siete pregate di provarci. Alla fine riderete per esservi considerate incapaci di farlo. E se mentre ci provate qualcuno vi guarda strano non importa. Fregatevene. Vi considerano delle rimbambite? E' un loro giudizio. Non siete voi.

Potete decidere di fare una lista di 7 cose mai fatte e farne una la giorno, per una settimana, oppure decidere giorno per giorno, stupirvi da soli.
Vi divertirete un sacco.

Cosa si guadagna da questo esercizio?
Un sacco di autostima, perché si superano i propri limiti autoimposti, si guardano in faccia paure banali, si vince la timidezza e la paura del giudizio. Si abbattono gli schemi.
E si fa capire alla propria mente che se vogliamo, possiamo.
La mente saprà che d'ora in poi siamo noi a comandare, con la nostra volontà.
Che il Potere è nelle nostre mani.





lunedì 27 gennaio 2014

Il fastidio

Da cosa nasce il senso di fastidio? 
Il percorso del risveglio implica la capacità di osservazione delle proprie reazioni, dei sentimenti, delle emozioni. Anche il piccolo fastidio va osservato. 
E' sempre una spia di qualcosa che stride.


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Tutto ciò che avviene all'esterno è specchio di ciò che si cela all'interno, quindi, che sia qualcosa che amiamo o qualcosa che detestiamo, è sempre qualcosa di nostro.

So che qualcuno dentro di sé protesterà dicendo magari che la cattiveria del vicino di casa non gli appartiene per nulla, ma è proprio la reazione indignata a essere indicatore del fatto che, se ci sentiamo indignati, è perché da qualche parte c'è una risonanza. Ma non è detto che sia lo stesso tipo di "cattiveria".

Se io dicessi a qualcuno che odio il succo di alchechengi, nessuno saprebbe di cosa sto parlando, dato che di succo di alchechengi non se ne trova. Nessuno si sentirebbe ferito o indignato, o infastidito perché non apprezzo il succo di alchechengi. 

Se invece portando a spasso il cane qualcuno mi insulta con veemenza dicendo che il mio cane osa fare la pipì sul lampione vicino a casa sua, potrei sentirmi infastidita perché colgo l'esagerazione della sua reazione, il suo senso di possesso, inoltre mi potrei sentire attaccata in quanto possessore di cane. 

Quindi, se il mio fastidio nasce da qualcosa che risuona con me:
1) La violenza verbale della persona che mi insulta sta risuonando con una forma di rabbia che ho dentro, magari latente.
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2) Il suo senso di possesso che le fa credere di essere padrona anche del lampione in strada sarà specchio della mia gelosia verso qualche oggetto cui sono affezionata, non importa se quell'oggetto mi pare più sensato di un lampione. Se sono gelosa delle mie tazzine da collezione e non le uso per non rovinarle, è lo stesso senso di possesso. Questo è mio e non lo tocchi!
3) Amando i cani, potrei faticare a mettermi nei panni di chi non li ama, o li teme. Se poi sono identificata come cinofila, mi sentirò addirittura attaccata e criticata per la mia passione. 

Ogni piccolo fastidio sale alla coscienza perché sta parlando di noi, di ciò che non sappiamo riconoscere. 
Ma il fastidio, lungi da essere una cosa negativa, da eliminare, è in realtà una grande benedizione. 
E' come la spia dell'olio o della temperatura dell'acqua dell'auto. Senza quella spia la macchina rischierebbe di finire in panne di punto in bianco senza avvertirci prima.

Il fastidio non è lì per rovinarci la giornata.
E' lì per ricordarci che solo se ci conosciamo davvero, solo se ci vediamo con gli occhi nudi, abbiamo il Potere di diventare creatori della nostra vita e non vittime delle emozioni.


venerdì 24 gennaio 2014

Se il cocchiere è sordo

C'è una bellissima metafora dei nostri tre corpi (fisico/emotivo/mentale), che mi è stato mostrata meravigliosamente da Paola Costa: la carrozza coi cavalli.

In breve, per il nostro viaggio terreno ci incarniamo in un apparato biologico che è composto non solo dal corpo fisico, ma anche da quello emotivo e dal mentale. Ma tutti e tre appartengono alla materia.

Il corpo fisico può essere paragonato a una carrozza, è il nostro mezzo di trasporto terreno.
Il corpo emotivo è rappresentato dai cavalli - due: il cavallo delle emozioni e il cavallo dell'energia sessuale.
Il corpo mentale è simboleggiato dal cocchiere.

Dov'è l'anima? 
Nel corpo. Quindi, è il passeggero della carrozza.
Di solito, chi sa la destinazione del viaggio?
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Il cocchiere? No, il passeggero.
Nella metafora ci pare ovvio che sia il passeggero a decidere il viaggio. Il cocchiere, per fare bene il suo mestiere, deve ascoltare. Se no, come fa a sapere dove andare? Ma soprattutto, come fa a tenere a bada i cavalli, se è distratto? Due cavalli impazziti possono far cadere la carrozza nel burrone.

Eppure. Eppure, quante volte è capitato nella vita di avere avuto la sensazione di essere alla deriva, in un vicolo cieco, di brancolare nel buio. Ci siamo chiesti magari anche il perché di questa sensazione.
Oppure capita di lavorare duramente, con impegno, per realizzare un sogno e a un tratto pare che le porte si siano chiuse e di lì non si passa. Cos'è successo? 

Ci sono tante ragioni, ma la principale è che abbiamo permesso al cocchiere di andare in giro decidendo lui il percorso perché sordo ai richiami dell'anima-passeggero.

Magari è distratto, o ha le cuffie con la musica a tutto volume sparata nelle orecchie, o si è messo i tappi perché gli dà fastidio lo scalpiccio dei cavalli… Oppure, ahimè, è diventato sordo!


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Se il cocchiere è sordo - temporaneamente o in modo irrimediabile - l'anima sarà costretta a essere sballottata in un mezzo fuori controllo. 
E urlerà, urlerà per farsi sentire.
Tutte le volte che dentro di noi abbiamo sentito un grido di dolore, era il passeggero che batteva i pugni contro i vetri della carrozza urlando: - Ehi, non è questa la strada che mi sono scelta! Ehi, mi senti? Non è questo il percorso giusto!

L'unico modo per sapere la strada giusta - non per forza quella che tanto ci piacerebbe, ma quella NOSTRA - è fare silenzio. 
Il cocchiere deve fare silenzio e imparare ad ascoltare. 
Senza giudizio. 
Ascoltare e seguire le indicazioni.

giovedì 23 gennaio 2014

Quando tutto crolla e si apre il Portale

Una delle più grandi e utili lezioni che la vita ti può dare è farti crollare tutto il castello delle illusioni.

Fa male, anzi, malissimo. All'inizio ti puoi sentire a terra, prostrato, demotivato, con un vuoto desertico dentro e il gelo nelle vene.
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A noi le illusioni piacciono perché sono come una coperta calda, sogniamo a occhi aperti, speriamo che si avverino, ci sono di conforto. La sola idea di vederle crollare ci terrorizza, perché non sappiamo vedere la realtà con occhi nudi.

Eppure, è proprio quando tutto crolla e ti senti svuotato che può aprirsi il Portale della Visione.
Visione di cosa? Di ciò che realmente sei: essenza eterna incarnata per fare un'esperienza terrena, con uno scopo più alto di quanto tu abbia mai immaginato.

Ma per permettere al Portale di aprirsi devi fare silenzio e avere fiducia nella vita. Non esiste che la vita ti faccia crollare a terra senza darti un aiuto per rialzarti. Perché la vita è divina, e il Divino non ci lascerebbe mai lì a morire di depressione.
Se si muore di depressione è perché non si è fatto silenzio per ascoltare davvero ciò cha la vita ci sta insegnando.

Quando hai fatto il vuoto dentro e fuori, e non hai più nulla a cui aggrapparti che fai? Ti lasci andare alla corrente. E' l'unica cosa saggia da fare.
Ma devi stare all'erta. 
Se sei attento ai segni, a eventuali aiuti e insegnamenti che ti arrivano, hai la grande opportunità di spalancare la porta a un balzo quantico di consapevolezza.

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Spesso accade che senti una frase, leggi un libro, ti trovi per caso (tu credi sia per caso ma non lo è mai!) davanti a un maestro che parla, ed ecco che il Portale si apre e ciò che prima capivi a livello solo mentale ti entra dentro con una forza così limpida da aprirti finalmente gli occhi e TI VEDI.

Finalmente, e una volta per tutte, TI VEDI davvero. Sai di essere un'anima e non ti senti più solo un umano alla deriva.

Tutto è di colpo così limpido e chiaro da abbagliarti quasi, e senti, oltre la consapevolezza di quel momento, un grande compassione per te stesso. Ti chiedi perdono per non esserti amato abbastanza, per esserti fatto del male, per non aver vissuto davvero fino a quel momento.
Una  nuova energia pervade la tua vita, e nulla sarà mai come prima.

Le illusioni devono crollare perché il Portale si apra.

martedì 21 gennaio 2014

La rabbia costruttiva

Un luogo comune da sfatare è che la rabbia sia fondamentalmente sbagliata, qualcosa da cancellare dalla propria vita.

Prima di tutto occorre dire che nessun sentimento è sbagliato. Fa parte delle emozioni umane. Il problema è come viene provato e usato da noi.

Un altro luogo comune è l'idea che un maestro spirituale non si arrabbi mai. Abbiamo la visione idilliaca di un uomo pio e molto silenzioso che sorride benevolo impartendoci le sue benedizioni.

Un Maestro spirituale, in realtà, può benissimo incazzarsi per un momento e gridare "Porca troia!". Ma tre secondi dopo, quell'emozione è già passata senza lasciare traccia in lui. L'ha lasciata andare.
Questa è la differenza sostanziale tra un risvegliato e un dormiente. 
Il dormiente si porta quella negatività appresso per il resto della giornata, magari per l'intera settimana, condendo l'avvenimento di tutte le lamentele possibili sulla propria vita, con grosse cucchiaiate attinte nel passato.

In realtà, la rabbia può essere un alleato fenomenale. Se la sai usare in modo costruttivo.

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Se stai perdendo di vista un obiettivo o vedi che la tua vita sta andando alla deriva per la tua pigrizia e indolenza, la rabbia al pensiero di buttare la tua vita in discarica per la tua debolezza può essere il motore giusto per ripartire alla grande.
Con la grinta.

La differenza sostanziale tra la rabbia costruttiva e quella distruttiva è che la prima usa il Cuore come carburante nel motore.
La rabbia costruttiva è condizionata dall'amore per sé sessi.
Quella distruttiva per l'odio verso sé stessi e la propria vita.

La scelta tra le due sta a noi. 
Ma la rabbia distruttiva non ha mai creato nulla di buono. 
Perché alla fine tutto torna indietro, e se provi odio ricevi odio.

lunedì 20 gennaio 2014

Diventare ciò su cui lavori. Esserlo.

I Maestri dicono che si è assorbito davvero un concetto quando lo si diventa. 
Non basta rammentarsi di quel particolare aspetto dell'esistenza mentre lo viviamo o mettere in pratica ciò che si è imparato a memoria.

Il vero risvegliato è colui che gli insegnamenti li ha già fatti propri. Non c'è più nessuno sforzo, non è necessario.

D'altro canto, non si può insegnare qualcosa che non abbiamo fatto nostro totalmente, con ogni cellula del corpo.

Un insegnante è colui che sa bene la lezione e te la insegna con nozioni ed esercizi.
Un Maestro è la lezione. Non ti snocciola nozioni, è un esempio.

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Una cosa da sapere, però, è che per quanto tu possa esercitarti a far tuo un insegnamento che senti vero, alla fine l'illuminazione viene da sé. Inutile rincorrerla come un traguardo, affannarsi nell'illusione che dopo andrà tutto a meraviglia. 

Lo sforzo è utile per sviluppare la volontà, ma non è detto che la vera illuminazione, quella totale e definitiva che ti proietta su un piano più alto dell'esistenza, arrivi.

Forse la vera illuminazione arriva a i predestinati, nessuno può saperlo, ci sono tante ipotesi.

Ma finché un concetto o un atteggiamento non sarà diventato davvero nostro nel profondo, qualcosa da cui non puoi più tornare indietro, saremo solo degli allievi.
E come allievi, siamo tenuti ad avere l'umiltà di ammettere che abbiamo ancora un sacco di strada da fare dentro di noi per incarnare il risveglio interiore.
Senza quell'umiltà siamo in un vicolo cieco.

venerdì 17 gennaio 2014

La sacralità del gesto

Poiché questo corpo fisico è un veicolo necessario all'anima per sperimentare la materia, dobbiamo considerarlo sacro.
E ogni gesto compiuto ha una sua sacralità intrinseca.

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Se impariamo a muoverci comprendendo questo nel profondo, non solo ci ameremo di più, ma ci verrà naturale mettere più cura nei gesti, più attenzione. 
Muovere il corpo e compiere semplici gesti con questa consapevolezza, porta grazia ai movimenti e silenzio nella mente, perché ogni nostra cellula sarà impegnata ad amare quel momento in cui il gesto contempla se stesso e la propria meravigliosa importanza.

Un guerriero di luce sa quanto questo sia fondamentale per il suo risveglio, per riprendersi il proprio Potere. 
E un gesto sacro è un gesto silenzioso. I guerrieri non fanno rumore. 
Sono presenti a sé stessi e hanno antenne per sentire lo spazio intorno a loro.

Un esercizio utile è contemplare ogni movimento del nostro corpo come se lo compissimo per la prima volta, come fanno i bambini piccoli, con lo stupore negli occhi.
Se diamo il nostro corpo e i suoi movimenti per scontati, perdiamo la capacità di vedere la nostra meravigliosa macchina biologica come un dono divino. 

E così facendo si corre il rischio di pensare che il nostro corpo fisico sia tutto ciò che c'è, e che con la fine di esso finisca tutto.

mercoledì 15 gennaio 2014

Sono tornata!

Buongiorno a tutti i miei affezionati lettori! Chi non segue il blog da Facebook non ha avuto modo di leggere le mie scuse per non poter più scrivere articoli per un certo periodo, a causa di problemi tecnici indipendenti dalla mia volontà. Non potevo accedere a questa pagina. Ma ora è tutto a posto e presto scriverò un nuovo articolo. La pausa di un mese, comunque, mi è servita moltissimo per nuove riflessione e altrettante scoperte riguardo al lavoro su di sé. Buon nuovo anno a tutti!