mercoledì 26 dicembre 2012

Brancolare nella nebbia


In questa giornata nebbiosa, mentre tornavo a casa in auto mi sono ricordata di un episodio accadutomi quando ero al liceo.
Una mattina stavo pedalando verso la mia scuola, e la nebbia era così fitta che a un tratto mi ritrovai al cento di una piazza vuota incapace di vedere a un metro di distanza.
Rallentai, poi dovetti fermarmi piena di inquietudine. 
Attorno a me non c'erano suoni né punti di riferimento, nessun ostacolo né persone che passassero accanto. Ero nel nulla assoluto.

Non ricordo quanto durò quella sensazione, ma a un tratto mi chiesi se per caso non fossi morta e quello fosse una sorta di limbo o giù di lì...
Soltanto oggi ho compreso quanto fosse assurda quell'associazione di idee: nebbia = morte o aldilà.

In realtà, è la vita che spesso ci appare come un brancolare nella nebbia, un sentirci sperduti e senza punti di riferimento.
Foto dell'autrice
E' quello che fa la gente normalmente, aggrapparsi agli ostacoli piuttosto che lanciarsi fiduciosi nel nulla, perché quella bambagia attorno ci fa sembrare il futuro troppo indistinto, pericoloso.
Chissà cosa ci aspetterà mai oltre quella cortina di nebbia, pensiamo. Magari ci sbatteremo la faccia contro prima di poterci fermare e ci faremo male...

E' troppo difficile pensare che siamo sempre al sicuro anche nella nebbia più fitta. Che basta affidarci, all'istinto ma anche alla Coscienza Superiore che ci guida.

Anni fa ho sentito una persona raccontare che in stato di coma dopo un incidente, mentre veniva risvegliata dai medici, gridò:
"Non voglio tornare nel sonno dei viventi!"
Ecco quello che la nebbia dovrebbe rappresentarci: il sonno della coscienza in cui siamo immersi credendo di essere svegli.
E' quel sonno che ci fa credere di essere soli nel nulla.

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