martedì 30 aprile 2013

Guardarsi davvero allo specchio

Quanti di noi si sono guardati davvero, almeno un volta, allo specchio?
Pensiamo sia una cosa banale, guardarsi allo specchio. 
Anzi, spesso critichiamo l'ossessione moderna per l'apparire, il controllarsi di continuo nel timore di non essere presentabili.

Ma c'è un esercizio che ci mette davanti ai nostri limiti.
Guardarsi davvero, nel profondo degli occhi, fino a perdersi in essi.
E' difficilissimo. Spaventoso.

Autoritratto dell'autrice
A un tratto, scopriamo che quegli occhi che ci fissano con le pupille dilatate non sono più i nostri soliti occhi. 
Sono occhi estranei.
I contorni del nostro viso paiono modificarsi, estraniarsi dal nostro senso di noi.
E' come se il velo dell'illusione cadesse e noi potessimo vederci come realmente siamo. Soprattutto, come entità che abitano un corpo ma non sono quel corpo.

Questo esercizio serve ad abbattere il nostro senso dell'identità, ed è utile per trovare il coraggio di vederci davvero per come siamo, senza illusioni ed edulcorazioni.

Serve anche a scoprire quanto realmente ci amiamo.
Foto dell'autrice
Se ci piacciamo, ci vediamo belli nonostante lo straniamento. Quello sconosciuto che ci osserva da vicino allo specchio velandolo di vapore è un tizio niente male.
Se non ci piacciamo o, peggio, ci detestiamo, ecco che vedremo una creatura mostruosa e minacciosa che ci osserva dal nostro specchio.

Coraggio, è venuto il momento di affrontare questa paura latente di scoprirsi davvero.
Prendete uno specchio e osservatevi. 
Sforzatevi di starci almeno cinque minuti. Vi sembrerà un'eternità.

lunedì 29 aprile 2013

Abbracciare un albero

Andate nel bosco e abbracciate un albero. 
Se avete un giardino ancora meglio, così non avete scuse del tipo che vi vergognate. 
Se abitate in città lontano dai boschi ci sono sempre i giardini pubblici e i viali.

Foto dell'autrice
Chiedete sempre al bosco il permesso di entrare.
Poi chiedete all'albero che avete scelto, che più vi ispira, il permesso di abbracciarlo.

Fate un bel respiro profondo e poi cingetelo con le braccia, con sentimento, facendo aderire tutto il corpo al tronco.
Sentite l'energia della terra salire verso di voi, immaginate di mettere radici come l'albero.
Immaginate di trarre nutrimento dal terreno, di avere linfa al posto del sangue, linfa che vi scorre nel midollo.
Sentite la sua energia formicolare e invadervi.

Immaginate di avere la solidità di quel tronco, immaginatevi impassibili in un giorno di vento forte, impassibili nel caldo torrido.
Immaginate le vostre radici che scavano giù nella terra dandovi maggiore stabilità.
Foto dell'autrice
Mentre visualizzate le vostre radici scendere, sentite il vostro corpo allungarsi verso il cielo, verso la luce del sole.

Quando sentite di aver tratto sufficiente energia dall'albero e di aver interiorizzato l'esercizio - che aiuta nel radicamento, nella concretizzazione delle idee - congedatevi ringraziandolo di cuore.

venerdì 26 aprile 2013

Metafore della Legge Universale nel Vangelo

La religione ufficiale ci ha insegnato a credere ciecamente nei miracoli di Cristo e dei santi come dogmi imprescindibili.

Ma se guardiamo ai miracoli raccontati nei testi sacri come metafore della Legge Universale, ci accorgiamo che con ogni probabilità questo era il solo modo per raccontare qualcosa di complesso alle masse ignoranti del passato.
Foto dell'autrice

Prendiamo ad esempio solo alcuni dei miracoli più famosi:

La moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Si parla della Legge dell'Abbondanza. Se sei grato per il poco che hai, l'Universo ti manda di più, in abbondanza. 
Mai scoraggiarsi, mai farsi condizionare dal senso di mancanza.

Trasformare l'acqua in vino.
Usare il talento e la fede per trasformare qualsiasi cosa, anche la più piccola, in un capolavoro.
Legge alchemica, con l'amore si può trasformare il piombo in oro.

Cacciare i mercanti dal tempio.
Toglierci i desideri superficiali che ci allontanano dallo scopo e dalla sacralità dei nostri obiettivi primari. 
Togliere il brusio dalla nostra mente, quello che ci allontana dal Qui e Ora e dal nostro vero Sé.
Cacciare via il cinismo dalla nostra vita.

Resurrezione di Lazzaro.
Bisogna far morire delle cose di noi e della nostra vita e risorgere al nuovo. 
Non esiste evoluzione e rinnovamento senza riconoscere il valore del ciclo vita/morte/vita. 

giovedì 25 aprile 2013

I figli come specchio di noi

Sappiamo come funziona la Legge dello Specchio. Sappiamo che ogni cosa riflette qualche parte di noi, anche se spesso è difficile crederlo ed ammetterlo.

I figli sono un magistrale esempio di quanto le cose emanino da noi e soltanto da noi.
Tutte le nostre paure, ansie, fissazioni, in qualche vengono assorbite dai figli, già nel ventre materno, caricate anche di tutte le memorie dei nostri antenati.

Foto dell'autrice
Quindi, ogni volta che ci lamentiamo di un difetto del carattere dei nostri figli, la pigrizia, l'essere troppo timorosi o l'invadenza, la logorroica o i capricci, stiamo guardando qualcosa che riflette un lato di noi.
Ma è più facile vedere i difetti sugli altri, all'esterno. Non ci sentiamo responsabili.
E qui sta l'errore. Ammettere di riflettere delle cose di noi negli altri, specie quando si tratta di legami di sangue, è un primo passo verso il risveglio e l'accettazione di sé.


Quello che non funziona tra noi e i nostri figli è in realtà una mancanza di equilibrio a noi interna.
Ogni soluzione cercata all'esterno, alzare la voce, minacce, punizioni, non sono efficaci proprio perché non prendono in considerazione la causa primaria che è soltanto dentro di noi.

Per questo i figli ci sono maestri. 
E con loro tutte le persone con cui stiamo a stretto contatto, cioè partner e genitori.

Se abbiamo l'umiltà di ammettere che i figli sono il nostro specchio, allora possiamo capire quanto sia grande il loro contributo al nostro risveglio.
Foto dell'autrice
I figli ci rendono persone migliori, perché ci portano nella condizione di metterci in discussione.

Ogni volta che ti spazientisci e alzi la voce, lo stai facendo a te stesso. Vorresti essere trattato così?
Dai l'amore e le attenzioni che vorresti ricevere.

Quando tu cambi dentro, cambia il mondo intorno a te.

mercoledì 24 aprile 2013

Perdere il potere seduttivo per strada

Mi è capitato diverse volte di sentire delle donne lamentarsi di aver perduto il proprio potere seduttivo. 
La cosa interessante è che nessuna ricorda quando lo ha perso.

Tutte o quasi passiamo una fase in gioventù in cui non abbiamo alcun dubbio riguardo la nostra capacità di piacere, di attrarre.
Siamo consce a livello istintivo di essere seduttive, per il semplice fatto di essere femmine.

Non abbiamo paura, ci buttiamo nelle storie e nei flirt a occhi chiusi, con entusiasmo, a volte con un pizzico di follia.
Autoritratto dell'autrice

Poi capita la storia che ci segna, un tradimento, un rifiuto, un conflitto. 
Ed ecco che la donna-dea che sapeva di piacere di per sé, la femmina selvaggia che si muoveva con disinvoltura nel campo dell'amore e della seduzione, muore.

Un giorno ci scopriamo ad avere paura, ad essere scettiche o ciniche. Scopriamo di avere un'infinita serie di dubbi che ci seguono come una coda, anzi, come una palla al piede.

Ci guardiamo allo specchio e temiamo di non essere all'altezza, di non essere abbastanza sexy, abbastanza belle, abbastanza intriganti, o non più fresche e allettanti come vent'anni prima.

Abbiamo perso l'innocenza a nostro discapito.
Non sempre perderla ci fa guadagnare in saggezza.

Perdere il nostro potere seduttivo per strada è tralasciare una parte fondamentale di noi, una parte vera, istintiva, potente.

Ma cercare di recuperare questo potere indossando tacchi a spillo e calze a rete non servirebbe.
Non dobbiamo scimmiottare una donna sexy.
Dobbiamo tornare a esserlo!
Come? 
Ricominciando ad amarci, ad apprezzarci, a coccolarci prendendoci cura di noi stesse, per prima cosa.

Silvana De Mari, scrittrice e psicologa, consiglia di prenderci qualche minuto di tempo ogni sera prima di andare a dormire per massaggiarci da sole con un po' di olio profumato.
Ricominciamo a riconoscere il piacere di avere questo corpo.
Non importa se corrisponde ai canoni estetici vigenti oppure no.
E' il nostro corpo e dobbiamo amarlo.

La seconda cosa da fare è... danzare!
Mettiamo su della musica che ci ispira e danziamo, a piedi nudi, anche da sole, muoviamo il corpo al ritmo della gioia di vivere.
Questo corpo ha bisogno di imparare a muoversi con disinvoltura, a sentire il ritmo, a riempirsi di energia. 
A riattivare il Potere.

Autoritratto dell'autrice
Sedurre deriva da se-ducere, ovvero: condurre a sé.
Ma se per prima cosa non sei tu a essere ricondotta a te stessa, mai condurrai qualcuno dall'esterno.
Se non ti piaci come puoi pensare di piacere?

Tutto viene da dentro.
Molte grandi seduttrici della storia non erano affatto belle.
Ma si piacevano e sapevano usare il proprio potere femminile.

Cleopatra, Coco Chanel, Wallis Simpson. 
Erano belle? No.
Ma conoscevano bene il proprio potere.
Non si erano mai allontanate da sé stesse.




lunedì 22 aprile 2013

Riattivare l'Hara

Per le discipline orientali, in particolare giapponesi, il centro della nostra forza vitale, dell'energia dell'uomo, è insita nel ventre.
Hara, in giapponese.

Infatti, nelle arti marziali è fondamentale mantenere la postura con il ventre contratto.

Ma come si contrae l'hara?
Foto dell'autrice
Come se dovessimo spingere fuori i muscoli addominali ma senza gonfiare la pancia. 
Ci vuole un po' di pratica, ma se si impara a stare con l'hara contratto sentiremo il beneficio di un'energia maggiore.
E anche la postura si corregge.

Un segreto per mantenersi giovani e vitali è... fare gli addominali!

Almeno per 45 secondi di fila senza lasciarli andare, magari cambiando anche esercizio, facendo una superserie. 
Cioè con le gambe piegate e i piedi a terra, poi alzando le gambe incrociando i piedi, poi alzando solo una gamba piegata e spostando il busto verso il ginocchio, ecc.

Questo perché l'ormone della crescita, che da adulti smette di essere prodotto, si riattiva facendo uno sforzo continuativo per l'ameno 45 secondi. L'effetto dura circa mezz'ora.

L'ormone della crescita è quello che da giovani ci dà più energia, resistenza alla fatica, vigore muscolare.
Invecchiando, la mancanza di questo ormone ci fa sentire di più la stanchezza e i nostri muscoli si indeboliscono.

Insomma, fare la superserie di esercizi addominali ogni giorno, almeno una o due volte, è una specie di doping naturale e senza controindicazioni!

Io la faccio tutte le mattine appena sveglia, e ho una maggiore vitalità.

venerdì 19 aprile 2013

L'armonia della creazione

Moltissime religioni e filosofie antiche sostengono che la creazione nasce da un suono o vibrazione.

Nell'Antico Testamento è scritto In principio fu il Verbo - anche traducibile con suono.

Nei Veda e nell'induismo che ne è derivato, il divino, desideroso di manifestare il proprio pensiero di tutte le cose, emette un suono, una vibrazione che ha la natura di un grido.
Questo grido creativo non è altro che il Big Bang.

Light inside of us - Foto dell'autrice
Secondo il Libro cinese dei Riti, curato da Confucio: La musica produce l'unione. (...) La musica proviene dall'interno; i riti agiscono dall'esterno. Provenendo dall'interno, la musica produce la serenità di mente.

Uno studioso confuciano del II secolo a.c. scrive che l'armonia tra cielo e terra e uomo deriva da un accordo sulla stessa nota che produce vibrazioni all'unisono.
Nell'Universo non esiste caso, non esiste spontaneità; tutto è influenza e armonia, accordo che risponde ad accordo.

Tutti ormai sappiamo che nella mistica indiana il suono universale della creazione è detto OHM. 
Per i pitagorici, la nota fondamentale è il LA. 
La cosa curiosa è che un tempo si riteneva che il LA avesse 432 vibrazioni (oggi circa 440), e 432 è un numero che ricorre in diversi testi, dalla Bibbia ai Veda indiani, dai miti sumeri all'Edda di Snorri in Islanda. 
Simphony of the night - Foto dell'autrice
Esso è associato a presunti cicli terrestri, che corrisponderebbero al rinnovamento della terra.

Sarebbe interessante riuscire a capire fino in fondo perché proprio il LA sia ritenuto il suono della creazione. 
Ma che la materia si formi da una vibrazione, e che tutto sia energia - quindi vibrazione - è ormai assodato dalla scienza moderna.
Ancora una volta siamo costretti a inchinarci alla saggezza dei nostri avi, che molto avevano capito delle cose del mondo. 

giovedì 18 aprile 2013

Il concetto di peccatore secondo Brizzi

A volte capitano delle cose che ti fanno di colpo luce su qualcosa che prima stentavi a comprendere. 
Come se il tempo fosse giunto per vedere le cose da un altro punto di vista.

Per anni mi sono indignata al solo pensiero del concetto di peccato. Ho sempre rifiutato in modo categorico l'idea che esista qualcosa di proibito, di impuro per principio divino. Non posso credere, personalmente, in un Dio vendicatore che spedisce all'inferno per l'eternità i suoi figli. Per l'eternità! 
Qualcosa di profondamente ingiusto, che non darebbe all'anima la possibilità di redimersi. 

Foto dell'autrice
Poi, nel piccolo, prezioso libro di Salvatore Brizzi, Risvegliare la macchina biologica per utilizzarla come strumento magico (Antipodi edizioni), ecco una risposta illuminante:

E' peccatore colui che si è allontanato da Dio, colui che non sente Dio in sé e adesso vuole ritornare a sentirLo attraverso la preghiera stessa.
Il "peccato" concerne uno stato di coscienza di separazione dall'Amore e dalla Volontà del Venerabile Reggitore di questo Sistema Solare e, di conseguenza, uno stato di separazione dagli altri uomini e dagli eventi del mondo, che vengono percepiti come estranei e pericolosi.


mercoledì 17 aprile 2013

La compensazione non funziona

Quando comprendi che nulla manca, il mondo intero ti appartiene,  dice un detto orientale.

E allora cosa continua a mancare alle persone, se si riempiono di cibo, di alcool, di shopping, di sesso, di droghe?

Sappiamo benissimo che la compensazione non funziona, eppure le persone ci continuano a cascare.


Foto dell'autrice
Sono tristi e bevono, sono arrabbiate o hanno il cuore a pezzi e mangiano, sono frustrate e fanno shopping sfrenato, si sentono sole e si buttano sul primo che capita pur di non sentire il vuoto.

Ma il vuoto si allarga sempre di più, diventa più profondo. 
Diventa un baratro.

Tutto è già dentro di noi, non dobbiamo smettere di ripetercelo, fino a che non lo capiremo davvero con la pancia e non con la testa.

Se provi dolore, stai nel dolore, se ti senti solo, rimani in solitudine fino a cominciare ad apprezzarla.

Quando riuscirai a stare con i tuoi demoni e a farteli amici, allora non avrai più bisogno di cercare le cose al di fuori di te. 

E sarai davvero libero.

martedì 16 aprile 2013

Il consumismo e la paura della morte

Pochi giorni fa qualcuno mi ha detto una cosa molto interessante:
Questa ossessione per il possesso e l'accumulo di beni viene dalla paura della morte. Se non si ha più un rapporto spirituale con la vita, e di conseguenza con la morte, l'unico modo per riempire questo vuoto pieno di terrore è l'illusione di consumare il più possibile. 

Penso che questa riflessione contenga qualcosa di profondamente vero. 
Non c'è dubbio che i popoli più spirituali siano anche quelli meno consumisti.
Non hanno un vuoto profondo da colmare.

Foto dell'autrice
A dire il vero, ancora non capisco quale logica porti ad accumulare beni per paura di morire. A me verrebbe da fare il contrario: averne pochi per evitare che si disperdano o vadano buttati.

Evidentemente, la logica comune segue percorsi differenti.
Forse, credendo che non esista più nulla dopo la morte fisica, negando l'esistenza di un aldilà, si cerca di soddisfare più piaceri possibili, fino a diventarne dipendenti. Si diventa compulsivi.

Ma godere delle cose in funzione della nostra transitorietà, come principio non è affatto sbagliato. 
Allora dove finisce il godimento finalizzato alla consapevolezza del momento transitorio e dove comincia la paura ossessiva?

Lascio la risposta a un team di psicologi, sociologi e maestri spirituali.

lunedì 15 aprile 2013

Essere in stato di grazia

Mi è sempre piaciuta l'espressione Essere in stato di grazia.
La grazia. 
Quell'essere allineati con tutto ciò che deve essere, e fare ciò che dobbiamo senza nessuna fatica, anzi, magari con una punta di euforia.
Essere ispirati.
Essere un tutt'uno, l'ispirazione e il braccio.
Lo stato di grazia è una benedizione.

Giardino dei Tarocchi - Foto dell'autrice
In genere non ci si chiede da dove ci arrivi.
Ma sappiamo che a volte ci sentiamo così, in stato di grazia
Quando ci arriva abbiamo solo da cogliere il momento.

Ma io penso che se ci sforzassimo un po' di più a essere allineati con l'Universo, semplicemente fluendo e vivendo il Qui e Ora, sentendo la felicità intrinseca che esiste in ogni attimo vissuto con consapevolezza, senza pensieri sul passato e sul futuro, allora vivremmo sempre più momenti così, in cui la Grazia scende su di noi.

Non è vero che il meglio dell'arte viene dal dolore. Lo dicono in tanti artisti e scrittori perché sono ben pochi quelli che hanno creato dalla gioia. 
Ma noi non siamo nati a cavallo del terzo millennio per seguire sempre il sentiero più battuto.

Lasciamo aperte le porte dell'ispirazione che viene dalla felicità.


venerdì 12 aprile 2013

Caricare le suggestioni

Nelle sue lezioni sul rilassamento, Alberto Chiara parla di memorie che si caricano sul nostro corpo creando sensazioni spiacevoli e blocchi emotivi.
Questi blocchi hanno moltissime ripercussioni sulla nostra vita.

Ho già scritto come scaricare queste memorie attraverso il rilassamento del corpo. Senza corpo non si caricano suggestioni, quindi emozioni. Un corpo rilassato carica solo suggestioni di benessere.

Una volta che si è imparato a rilassare il corpo e contemporaneamente ad andare nella memoria per rivivere episodi dolorosi o che ci hanno creato disagio, noi possiamo immaginare di essere in quel momento passato con la consapevolezza del nostro corpo rilassato nel Qui e Ora.
Si divide l'attenzione. Una parte nel passato, una nel presente, sul corpo rilassato.
Questo è scaricare le memorie.

Foto dell'autrice
Ma, venendo al dunque, possiamo decidere di caricare nuove suggestioni per modificare le nostre memorie passate e crearci un corpo energetico totalmente nuovo, autentico, perché non condizionato dal passato. Nemmeno dalle memorie caricate già nell'utero, quelle dei nostri avi che ci condizionano già dalla nascita a nostra insaputa.

Se immaginiamo di avere un corpo totalmente nuovo, saremmo come vorremo essere. Non condizionati da niente e nessuno.

Dice Alberto Chiara che le memorie create da noi possono essere più forti di quel che abbiamo vissuto davvero, a patto che ci sia un corpo energetico su cui caricarle.
D'altronde, il nostro cervello non distingue le immagini viste con gli occhi e quelle immaginate. Esse attivano la stessa area cerebrale!
Le situazioni vissute paiono più forti dell'immaginazione solo perché hanno un corpo che le ha vissute su di sé.

Ma creare un modello di corpo ideale non significa fuggire dalla realtà, non accettare il corpo che abbiamo. 
Secondo Alberto Chiara è un discorso a prescindere, perché il corpo che abbiamo non è libero da condizionamenti e memorie.

Foto dell'autrice
Il nostro corpo si sviluppa e prende forma proprio a causa delle memorie che carica su di sé. 
Esso è stato condizionato dalle memorie fin dalla nascita, e ogni emozione vissuta dà forma al corpo, che non è quindi solo un ammasso di cellule con una forma prestabilita. E' un qualcosa in divenire.

Immaginando quale corpo avremmo se le nostre memorie non lo avessero condizionato, ci dà la libertà di creare nuove sensazioni di benessere con un corpo scarico. 

Ed è importante capire che liberarci delle nostre memorie porterà ad avere figli che non caricheranno più memorie di avi, e saranno meno condizionati. 

A noi questa responsabilità.
In quanto madre, non posso non sentirmi coinvolta.

giovedì 11 aprile 2013

La mancanza di voglia crea persone irrealizzate

In articoli precedenti ho già affrontato il problema dei condizionamenti che ci bloccano. 
Il non c'ho voglia che cresce ogni volta che non ci ribelliamo allo schema mentale, il quale ci impedisce di provare piacere nel fare alcune cose.
Più cediamo al non c'ho voglia, più questo condizionamento ha potere su di noi, più la nostra vita si blocca, si arena in alcune aree creando ostacoli che a volte sembrano insormontabili.

E possono diventarlo. Tutto dipende dalla nostra voglia di abbattere gli schemi mentali.

Uno degli ingredienti magici per il successo e la soddisfazione personale è la voglia di fare.

Dice Alberto Chiara nelle sue lezioni: Quando scarichi la non voglia ti piace fare tutto e diventi un grande realizzatore. Perché la vita diventa un divertimento.

Foto dell'autrice
Capito? La vita è gioia e voglia di fare, di sperimentare, di buttarsi, di realizzare i nostri sogni.
Con la volontà e l'autodisciplina.

Le persone meno realizzate sono quelle più pigre.
La sensazione di povertà, l'incapacità di trovare la propria strada, il cadere in disgrazia, perdere tutti i beni, anche la casa, non è sfortuna. 
E' un blocco energetico ed emotivo che ci toglie il potere di decidere di agire. 
Ci toglie la capacità di sapere cosa fare, come realizzare ciò che desideriamo.

Può sembrare assurdo, ma chi finisce sotto i ponti, si è arreso. I suoi schemi mentali gli impediscono di usare l'energia giusta per trovare un modo per risalire la china. I suoi condizionamenti lo fanno sentire povero, abbandonato, senza speranza né soluzioni.
Ma è una sua percezione.

Sei povero se ti senti povero. 
Fai fatica nella vita per tirare avanti perché sei convinto che la vita sia fatica e lotta e sudore.
Ti tiri indietro nelle cose perché ti senti inadeguato.
Anche quello, il senso di inadeguatezza, si combatte con la volontà.

Lo stesso cammino di risveglio spirituale richiede una grande voglia, una forte determinazione anche quando sembra che i risultati tardino ad arrivare.
E, sapete una cosa?
Per esperienza posso dire che, primo fra tutti, è il coraggio a fare la differenza nel cammino di risveglio.

Foto dell'autrice
Il vero coraggio non è buttarsi da un paracadute o correre ai trecento all'ora su una pista.
Il vero coraggio è guardare in faccia i tuoi lati bui, metterti in discussione di continuo, non dare tregua ai tuoi demoni finché non li hai sconfitti.
Il vero coraggio è essere obiettivo con te stesso e vedere i tuoi schemi, le tue paure, le tue ossessioni per farci pace.

Quanti di noi mollano lungo il cammino, magari già dai primi passi?
Il risveglio è un cammino difficile e accidentato.
Se sei in quel 95% di persone che mollano, non saprai mai cosa significa diventare davvero libero, realizzando il tuo vero Sé.

mercoledì 10 aprile 2013

Il tamburo sciamanico, voce dell'anima

Le percussioni in generale sono tra i primi strumenti musicali usati dal genere umano, e il tamburo è comune a tutte le culture del mondo.
Capire perché da sempre eserciti un fascino e un potere così grande è difficile da spiegare.

A livello psicologico si potrebbe dire che rimanda al legame con la propria madre, quando nell'utero sentivamo battere il suo cuore. 
Ma è anche una questione di frequenza vibrazionale.
Più il tamburo emette un suono basso e caldo, più è collegato ai primi due chakra, e quindi alla terra, al legame con le energie telluriche, con le emozioni istintive, con la passione e la sensualità.
Foto dell'autrice

Ma bisogna anche comprendere che un tamburo rituale non è uno strumento musicale.
Non esiste per produrre suoni ballabili e piacevoli all'orecchio.
E' fatto per comunicare.

Gli sciamani dicono di comunicare con gli spiriti, ma secondo un'interpretazione junghiana quegli spiriti sono quelli che abitano la nostra anima, il nostro Sé.
Tutte le emozioni possono essere definite demoni.
Si agitano dentro di noi facendoci stare bene o male.

Il tamburo serve a comunicare con loro, a stabilire un dialogo, a farci pace, oppure a dissolverle.
Anche chi non è sciamano può usare un tamburo rituale per dialogare con i propri demoni.
Lasciandosi rapire dal suono, in maniera istintiva, senza pensare razionalmente alla qualità del ritmo e alla nostra abilità.

Cercare la propria voce. Trovare il proprio ritmo interiore.
Da soli, noi e il tamburo.

Chi non l'ha mai provato non può immaginare quanta energia possa salire da un tamburo. O meglio, dal nostro dialogo con esso.
E più ci lasciamo andare all'istinto, più perdiamo il controllo, lasciandoci trasportare dal battito frenetico, più creiamo.

Foto dell'autrice
Creiamo energia vitale, assorbendola dalla terra e dal nostro centro di Potere.
Creiamo nuovi spazi per far accadere i miracoli, perché perdendo il controllo della mente razionale apriamo le porte alle infinite possibilità quantiche che ci stanno cercando.

Il tamburo apre le porte alla Magia. 
Chiunque di noi può diventare sciamano. Almeno sciamano di se stesso.
La nostra Guida è interiore. 
Compratevi un tamburo sciamanico, lasciate esprimere la vostra anima, aprite le porte all'infinito!

martedì 9 aprile 2013

Baubo, la magnifica Dea sporcacciona

C'è una versione del mito greco del rapimento di Persefone raccontata da Clarissa Pinkola Estés in Donne che corrono coi lupi, che racconta dell'intervento della piccola Dea a restituire il sorriso a Demetra.

Dea neolitica del parto - Foto dell'autrice
Demetra, prostrata dal rapimento della figlia da parte di Ade, esasperata dalla ricerca infruttuosa, si siede a riposare accanto a un pozzo, e vede arrivare una piccola creatura che danza in modo provocante.
E' una specie di donna il cui volto è una pancia con capezzoli al posto degli occhi e una vulva al posto della bocca.
Con quella bocca comincia a intrattenere Demetra con storielle piccanti.

Demetra cominciò a sorridere, scrive l'autrice, poi ridacchiò, poi esplose in una fragorosa risata. (...) 
E fu proprio questo riso che trasse Demetra dalla depressione e le diede l'energia necessaria per continuare la ricerca della figlia.

Quando Persefone fa ritorno, ecco che la terra e il ventre delle donne, che erano stati maledetti, riprendono a fiorire.

La piccola dea panciuta Baubo, continua l'autrice, ci offre l'interessante idea che un po' di oscenità aiuta a vincere la depressione. (...)
Le storielle "sporche" possono far svanire la collera, lasciando la donna più contenta di prima. Provate e vedrete.

Ma perché Baubo ha quegli occhi e quella bocca?
Secondo la Pinkola Estés, vedere con i capezzoli è una metafora sensoriale. 
I capezzoli sono organi psichici, che reagiscono alle emozioni e alla temperatura.
E il parlare con la vagina simboleggia il parlare con la prima materia, ovvero il più profondo e istintivo livello di sincerità, di verità.

Le origini di Baubo si perdono nel tempo. 
Prima era la dea neolitica della nascita e rigenerazione associata alla rana e al rospo, poi è la sumera Bau, dea della medicina, della salute e della fecondità.
Nelle raffigurazioni, Baubo è la dea che mostra la vulva, a volte sollevando la veste secondo un rito che probabilmente risale al neolitico, scrive l'archeologa Marija Gimbutas nel libro Le dee viventi (Medusa ed.). 
Un rito noto anche nell'antico Egitto.

Sheela na gig - Foto dell'autrice
Ma se pensate che questa divinità sia troppo pagana e sporcacciona per essere ammessa dal cristianesimo siete fuori strada: c'è un'immagine ricorrente scolpita nelle chiese medievali d'Irlanda e Inghilterra, e pure Galles e Francia.
E' Sheela na gig, l'impudica.
Ha occhi e bocca di rana e con le mani tiene spalancate le labbra della sua enorme vulva.
La sua derivazione diretta con la dea rana o rospo è evidente, e il fatto che sia spesso scolpita sulle arcate di ingresso delle chiese ha una valenza altamente simbolica e potente: il tempio è il ventre della Dea, luogo di culto sì, ma anche di rigenerazione.

La Gimbutas fa spesso notare come gli attributi sessuali della Dea anticamente non avessero nulla di pornografico e morboso, e nemmeno dissacratorio.
Tutta la vita nasce da una vulva. 
Come può un organo così fondamentale non essere sacro?

Solo popoli che temono profondamente il potere e la sacralità femminile potevano inventare religioni che considerano il sesso peccaminoso e sporco.

Riprendiamoci il meraviglioso potere di ridere, danzare, fare l'amore in modo gioioso come Baubo!



lunedì 8 aprile 2013

Non è il cuore a soffrire per amore ma la mente!

Un problema comune a tutti: le sofferenze d'amore. 
Siamo portati a definire l'amore come qualcosa cha fa inevitabilmente soffrire, che ci porta da uno stato di euforia a uno di prostrazione in poco tempo, che ci lascia il cuore a pezzi...

Niente di più sbagliato.
Tutto ciò che porta dolore viene dalla mente, che carica questa sensazione sul corpo facendoci entrare in uno stato di ansia, gelosia, insicurezza, bisogno.

Quando ci si innamora, si prova un profondo apprezzamento per la persona amata, e questo attiva la vibrazione del cuore.
Come dice Alberto Chiara nelle sue lezioni, Il cuore è una dinamica in crescita.
Foto dell'autrice

Ma se ci facciamo caso, il più delle volte il cuore riesce a crescere fino a un certo punto, poi si ferma. Perché?

Qui entrano in gioco i condizionamenti, sia quelli che derivano dal nostro vissuto personale - quindi giudizi e ricordi - sia quelli acquisiti dai nostri avi attraverso il DNA, carico di memorie.

Quando si è innamorati, ci carichiamo di un'energia potente, ma se ci sono delle mancanze - e ci sono sempre - questa le carica, perché va a riempire tutti i vuoti, come acqua che si espande e filtra da ogni crepa.
Questo crea uno stato di bisogno, una dipendenza. L'innamoramento diventa una droga, ed ecco che si attivano le paure. Paura dell'abbandono, del tradimento, aspettative che non fanno che alimentare delusione e conflitto.

L'unico modo per amare senza dolore, quindi lasciando da parte la mente e usando solo la vibrazione del cuore, è apprezzare la persona amata concentrandosi su ciò che ci fa stare bene in lei. 
Lasciare espandere il cuore senza lasciarsi condizionare dalle aspettative e dalle paure.

Amare e basta. Amare anche a condizione di non avere quella persona accanto.
Perché amare a condizione che... non è vero amore.
L'amore vero è a prescindere.
L'amore vero è fine a sé stesso. 

Si ama per amare, dice Leo Buscaglia.
Nell'amore puro c'è solo pienezza e benessere.
Contemplare l'oggetto del tuo amore amandolo per ciò che è, senza giudicarlo.

Amare senza bisogno di sentirsi dire delle cose belle, tipo quanto siamo meravigliosi, quanto siamo amati. 
L'amore è consapevolezza.

Foto dell'autrice
E comunque, secondo la Legge di Attrazione, che persino Dante Alighieri conosceva: 
Amor, ch'a nullo amato amar perdona...
Ovvero, in parole moderne, l'Amore non può ignorare il sentimento che prova un innamorato, e fa si che questo venga a sua volta riamato.

Quindi, una volta che si lascia cadere il bisogno - che è la cosa che più allontana da noi l'amato - ecco che l'Amore interviene con il suo miracolo ed è molto probabile che almeno una scintilla d'amore nasca nell'altro.

Ed è bene ricordare che l'Amore in generale è la vibrazione che ci porta le cose. 

Quindi, quando impariamo ad amare senza possesso, gelosia, attaccamento, bisogno di colmare i vuoti, ecco che ogni campo della nostra vita migliora. 
E possiamo investire d'amore il nostro lavoro, le amicizie, le attività extralavorative ottenendo risultati impensabili.

Come dice Alberto Chiara, Quando impari a entrare in uno stato di amore puro, la mente tace.
E la sofferenza scompare.

venerdì 5 aprile 2013

Danza la tua rabbia, danza il tuo dolore

In un vecchio articolo ho scritto del potere dionisiaco della danza, come celebrazione gioiosa della vita.

Ma gli sciamani - e recentemente persino alcuni psicologi junghiani- insegnano che la danza può essere terapeutica per scaricare i pesi che ci sentiamo gravare addosso.

Danzatore nativo americano - Foto dell'autrice
La rabbia, il dolore, il senso di perdita, la paura possono essere danzati.
Agendoli in modo creativo, muovendo il corpo in modo istintivo, non controllato, si mette in moto un magnifico processo alchemico che trasmuta davvero il nostro piombo in oro. 
I pesi vengono scaricati tirando fuori il lato selvaggio, lasciandosi trascinare dal ritmo, magari anche gridando, e le nostre energie pesanti si alleggeriscono guarendo le ferite. 

Fai della tua vita una danza. 
Celebra ogni cosa, anche il dolore, la rabbia e la paura, perché sono percorsi di vita che ti portano alla gioia, se solo conosci la chiave per trasformarli.
La danza è un rito potente, danzando, diventi Mago.

giovedì 4 aprile 2013

La vera storia del Giardino dell'Eden

In quasi tutte le culture esiste una leggenda che parla di un'epoca remota, primordiale, di pace e armonia.
Persino Esiodo narrò di un tempo in cui sulla terra vi era gente felice dedita all'agricoltura che non conosceva guerre. 
Era l'età Neolitica.

Capanna preistorica - Foto dell'autrice
Il ricordo di quest'epoca primitiva ha dato origine al mito del Giardino dell'Eden. Infatti in esso Adamo ed Eva vivevano felici e alla pari, in armonia con la natura. 
Il fatto che Eva si facesse consigliare da un serpente non è un caso e non ha nulla di freudiano: il serpente era simbolo della Dea e associato alle doti oracolari. Famosa era la pitonessa (somma sacerdotessa) del santuario di Delfi.
Inoltre, sappiamo che quasi in tutte le culture antiche il serpente è associato alla Dea.

Insomma, il paradiso è perduto nel momento in cui una società che adora divinità maschili sottomette la donna.
La punizione di Eva per aver disobbedito a Dio è solo un espediente per giustificare la sottomissione sociale del genere femminile.

Ma sbaglia chi pensa che il contrario di società patriarcale si matriarcale. Nel neolitico essa era paritaria, i dati archeologici lo confermano. La diversità non era sinonimo di inferiorità o superiorità.
Purtroppo, però, la storia ufficiale tende a essere considerata un mero susseguirsi di dominazioni.

Ma quando abbiamo perduto il nostro paradiso in terra? 
Villaggio preistorico - Foto dell'autrice
Quando le popolazioni indoeuropee dalle steppe dell'Asia invasero la Vecchia Europa portando gli dei della guerra e del tuono, e portando così anche arte e miti incentrati sul potere della lama che uccide, che esaltano l'eroismo in battaglia e lo stupro. 
Basta leggere il Vecchio Testamento per trovare le stessa violenza, che evidentemente si è allargata ben oltre i confini dell'Europa.

Riane Eisler, nel libro I nomi della Dea (Ubaldini Editore) scrive:
Ci è stato anche insegnato che la religione è il regno spirituale e che (...) la spiritualità è superiore alla natura. Ma per i nostri antenati adoratori della dea non esistevano polarità così definite tra "maschile" e "femminile", tra "spiritualità" e "natura". 

E per sottolineare l'immenso contributo dato alle donne alla civiltà, l'autrice continua:
Oggi gli antropologi ritengono (...) che l'acclimatazione delle piante sia stata probabilmente invenzione delle donne.
(...) In queste società estremamente creative le donne ricoprivano posizioni sociali importanti in qualità di sacerdotesse, artigiane, (...) sciamane o vecchie sagge, o come capi di clan matrilineari.

Proprio nel giorno in cui i rapporti conflittuali tra Nord Corea e Stati Uniti sono sull'orlo di una guerra nucleare, la conclusione dell'autrice giunge quanto mai opportuna:
Il modo in cui una società struttura i più fondamentali rapporti umani - i rapporti fra le due metà, maschile e femminile (...) - ha importanti conseguenze sulla totalità di un sistema sociale.
(...) Influenza profondamente anche tutti i valori e le istituzioni sociali, determinando se una società sarà pacifica o bellicosa, di fondo equilibrata o autoritaria, se vivrà in armonia con l'ambiente o protesa alla sua conquista.






mercoledì 3 aprile 2013

La dualità femminile

Se le donne vogliono davvero farsi conoscere dagli uomini, devono far loro comprendere la propria natura duale.

Scrive Clarissa Pinkola Estés in Donne che corrono coi lupi (Frassinelli):
Con la donna selvaggia si è in effetti in presenza di due donne: un essere esterno e una creatura interiore, una che vive nel mondo di sopra, e una che vive in un mondo non facilmente visibile. L'essere esterno (...) è spesso pragmatico, acculturato e molto umano. La creatura, per contro, spesso sale in superficie arrivando da molto lontano (...) lasciandosi sempre dietro una sensazione: qualcosa di sorprendente, originale, sapiente.

(...) Il paradosso della natura gemella delle donne è che quando un lato è più freddo, l'altro è più caldo. (...) Spesso un lato è più felice ed elastico, mentre l'altro tende al "Non so". (...) 
Queste "due-donne-che-sono-una" sono elementi separati ma congiunti che si combinano in migliaia di modi.

Statuetta dell'età del Bronzo - Foto dell'autrice 
D'altro canto, l'archeologa Marija Gimbutas spiega che statuette di gemelle siamesi e coppie madre/figlia sono state prodotte per tutto il Neolitico e oltre.
Esse rappresenterebbero il carattere ciclico della Dea nei suoi aspetti estivo/invernale ma anche giovane/vecchia. Un'idea che porta in sé l'accettazione profonda della ciclicità della natura e del rapporto vita/morte.

La Dea Madre anticamente ha moltissime manifestazione, spesso in netta contrapposizione tra loro: è creatrice, dispensatrice di vita, madre amorevole, e per questo raffigurata come grassa o gravida; 
ma è anche Dea uccello, a volte rapace come la civetta, oppure avvoltoio o corvo, associata alla morte, all'aldilà. Raffigurata bianca, magra e rigida, ovvero - in modo inequivocabile - la Bianca Signora.

Statuetta neolitica (Gozo) - Foto dell'autrice
Ma a interpretare in senso junghiano queste raffigurazioni, nonché i relativi concetti, la potenza del due - per usare un termine caro alla Gimbutas - non è altro che un riconoscere la natura duale del femminile. 
Il pianeta Terra stesso è dispensatore di vita ma capace di terremoti, inondazioni e terribili eruzioni vulcaniche.

In conclusione, se non si accetta questa natura duale della psiche femminile - specchio del pianeta stesso - non si potrà mai comprendere appieno la donna. E se non si comprende la donna, non si comprende la Vita.