venerdì 29 novembre 2013

Che cosa state difendendo?

L'ego crea un'immagine di noi basata sulle nostre credenze e paure. Noi crediamo di essere ciò che siamo per via di esse.
Ogni convinzione, speranza, desiderio, quindi, fa i conti con ciò che crediamo di essere. 

Ogni volta che ci sentiamo in qualche modo attaccati, minacciati da opinioni, azioni, fatti o timori, dovremmo chiederci: Che cosa sto difendendo?
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Questo è molto importante perché ci permette di fare un passo indietro e, invece di reagire, osservare cosa accade dentro di noi. Cercare di individuare l'essenza del problema. Sentire la falsità delle nostre preoccupazioni, l'inesistenza delle minacce.

Le nostre opinioni non sono noi. Le critiche che riceviamo non sono armi letali. Quindi, cosa abbiamo paura di perdere?

Abbiamo paura di perdere le nostre convinzioni perché significa smontare tutto il nostro mondo. Abbandonare, tralasciare tutto ciò che è illusorio, e alla nostra mente piace tanto creare e sguazzare nei drammi! Il dramma la fa sentire importante.

Il senso di difesa si basa sulla paura della morte, vera o metaforica che sia.  
Cosa stiamo difendendo? Un'identità fittizia, un'etichetta che ci siamo appioppati da soli o che abbiamo accettato da altri come vera.

Le nostre idee ci piacciono a tal punto che lasciarle andare, anche se ci farebbe stare meglio, ci pare impensabile. Significa per noi rinunciare a sogni e speranze, ma anche al dramma che ci fa sentire tutti un po' Calimero bisognoso di compatirsi e di farsi compatire.

Allora ci arrocchiamo nella nostra torre sentendoci continuamente minacciati da un sacco di cose, al punto da irrigidirci e perderci. 
Continuando a stare sulla difesa, a negare ciò che è, perdiamo il nostro Essere.

Quindi, attenzione ad ogni sintomo di difesa. Osservatelo, accettatelo, e sparirà.

giovedì 28 novembre 2013

Il bisogno di approvazione

Se pensate di essere liberi di decidere della vostra vita e dei vostri comportamenti, è probabile che vi sbagliate.
Fin da bambini, prima in famiglia e a scuola, e poi nelle amicizie, siamo stati condizionati a ricevere o meno approvazione.
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Al bambino e allo studente viene detto come devono comportarsi e cosa pensare, cose è bene e cosa è male, cosa rende felici genitori e insegnanti e cosa risulta disdicevole.

Nonostante gli anni della ribellione giovanile - in cui comunque si diventa parte di un gruppo mettendo in moto gli stessi meccanismi  - il bisogno di approvazione rimane latente e inconsapevole. E ci condiziona.

I social network oggi amplificano a dismisura questo bisogno, e tutti lì a rallegrarsi se qualcuno ha messo un MI PIACE su un post o una foto e a rimanerci male se nessuno ha commentato.

Ma in sostanza, il desiderio di approvazione non solo genera ansia e frustrazione, ma ci rende fasulli. Perché elemosinare attenzione e approvazione modifica i nostri veri pensieri e sentimenti, e pure il comportamento. Non siamo noi, ma una maschera di noi che cerca di sentirsi approvato.

Molte persone sono disposte a rinunciare subito ad un'opinione nel momento in cui vengono contraddetti o ricevono disapprovazione.

Come fa notare Wayne Dyer, ciò significa dare più importanza
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alle opinioni e ai gusti altrui che ai propri. 

Significa abdicare al proprio sentire in nome di qualcosa di effimero come l'apprezzamento da parte degli altri.

Ci è stato insegnato fin da bambini a non fidarci di noi stessi, del nostro istinto. Ma se da piccoli poteva avere un senso, non avendo ancora imparato tutte le sfumature del mondo e i suoi eventuali pericoli, ora che siamo adulti siamo ancora quel bambino insicuro che chiede continuamente l'opinione e l'approvazione dell'adulto perché lo considera colui che sa.

Ora, colui che sa, è il nostro Sé. Non c'è più bisogno di cercare l'approvazione.
Tanto non potremo mai piacere a tutti. 
Ma soprattutto, smettere di andare in ansia per ottenere l'approvazione o di deprimersi per le critiche ricevute dà un senso di libertà che vi sgancia per sempre da questo circolo vizioso.

mercoledì 27 novembre 2013

I messaggi fuorvianti delle canzoni

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Alzi la mano chi non ha mai ascoltato una canzone d'amore, o non  l'ha canticchiata. 
Ci sono canzoni che ci rimangono dentro per ore e giorni, altre ci ricordano un particolare periodo felice, o un momento doloroso, ci sono canzoni che amiamo da anni o decenni. Ci emozionano, le sentiamo nostre perché rispecchiano i nostri sentimenti.

Ma avete mai provato ad ascoltare bene il testo di una tipica canzone d'amore?

Mi fai sentire amata/speciale/importante;
Senza di te non vivo più/morirò;
Sei la mia vita;
Sei la cosa più importante per me/del mondo;
Da quando ci sei tu sono felice;
Mi hai spezzato il cuore/fatta a pezzi/distrutto;
Non esisto senza te;
Non lasciarmi/non andare via;
Ho bisogno di te;
Ti prego/ti supplico…

… e via dicendo.

Vi pare normale? 
Una persona risvegliata capirebbe immediatamente l'assurdità di testi del genere.
Per la gente non sveglia sono un pericolo.
Perché si sottolinea il concetto fin troppo radicato che noi esistiamo, ci sentiamo vivi e amati solo se qualcuno ci fa sentire così.

ORRORE!
Stiamo dando il potere a qualcun altro di renderci felici oppure no.
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Gli permettiamo di stracciarci il cuore, farci a pezzi, e ancora ne cantiamo le lodi!
Siamo noi i pazzi. Noi stiamo dicendo al mondo che non abbiamo il nostro potere in noi. Possiamo solo contare sul potere che affidiamo a qualcun altro.
E così si comprende perché quasi tutti là fuori vivono nel terrore. Nel terrore di venire traditi, scaricati, rifiutati.

Le canzoni sono un veicolo di cultura e di sentimenti. Finché non cambiamo atteggiamento verso la vita e in amore, e continuiamo a riempirci le orecchie e il cervello di questi messaggi, non riusciremo mai ad essere padroni di noi stessi e dei nostri sentimenti.



martedì 26 novembre 2013

Essere consci del proprio valore

Ogni volta che permettiamo che qualcuno ci sminuisca, stiamo dicendo a noi stessi che ce lo meritiamo perché quell'opinione su di noi è vera. Ma anche reagire d'impulso perché ci sentiamo feriti è l'altra faccia della stessa medaglia.
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Qualche anno fa, stavo giocando con mia figlia alle macchinine, quando lei, mostrandomi i vari modelli, disse: Ecco, la Ferrari sono io, la Porsche la mia migliore amica, e questo sei tu.
Mi stava indicando un camioncino anni '20.

Io le dissi: Perché dovrei essere un vecchio camioncino, io mi sento una Porsche! Tieniti pure la Ferrari per te, ma ricordati che io sono una Porsche!

Perfettamente conscia del gioco di identificazioni, infatti si stava giocando, volevo farle capire una cosa. 
Che nessuno può farci sentire meno di ciò che sentiamo di essere.
Se permettiamo a quel qualcuno di farci sentire un ferro vecchio, è perché inconsciamente pensiamo di non valere abbastanza.

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Tutti noi siamo splendide creature, magari un po' ammaccate dalla vita, ma tutti abbiamo il nostro valore inestimabile.
Finché non ci diamo da soli quel valore, non riusciremo a uscire dal tunnel della paura del giudizio e della non accettazione da parte degli altri.
Ma chi sono gli altri?
Non c'è nessuno là fuori.
Noi creiamo il nostro mondo.

Allora cominciate a far rombare i motori, splendide Ferrari e Porsche!


lunedì 25 novembre 2013

Il timore della perdita

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C'è una grande verità che alla maggior parte della gente sfugge: chi più teme la morte teme anche la vita.
Ponendosi al riparo da certe situazioni considerate minacciose, dalla perdita delle persone e delle cose, si rischia di non vivere.

La misura della nostra paura è nella lacerazione che proviamo quando dobbiamo rinunciare a un'idea, a un oggetto cui siamo affezionati o ci pare indispensabile, a una relazione. 

Così, irrigiditi sulle nostre posizioni nel timore di perderle, ci congeliamo e cristallizziamo anche la nostra energia.
Questo ci impedisce di far spazio al nuovo.

Dobbiamo accettare una volta per tutte che nulla è permanente.
Uno dei concetti fondanti del buddismo è l'impermanenza.
Quando lasci che le cose vadano e vengano nella tua vita, perché nulla è per sempre, e perché tanto non puoi avere il controllo su tutto, allora ti rilassi e la vita comincia a cambiare.

Per lasciar andare dobbiamo avere il coraggio di immaginare di perdere tutto, anche le persone più care. Possiamo perdere i genitori, i figli, gli amori, le amicizie, i soldi, il lavoro, la casa.
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Ma se ci siamo stati fino in fondo, con loro, se ce li siamo goduti come un dono, comprendendo il loro valore, allora possiamo accettare il fatto che non saranno per sempre con noi.

Tutto cambia. La vita fluisce.
Sta a noi decidere se fluire con essa, goderci il viaggio, e aprirci con fiducia al nuovo, oppure fare resistenza e star male per la maggior parte del tempo.

Nulla si perde davvero, in fondo, resta tutto dentro di noi, se lo abbiamo amato e onorato come meritava.



venerdì 22 novembre 2013

Come capire le vostre resistenze in un minuto

Spesso, nell'ambito del risveglio spirituale si parla di resistenze.
Che cosa sono?
Convinzioni limitanti che ci siamo imposti inconsciamente, paure, ricordi che riaffiorano portando un'emozione che ci blocca o ci fa reagire in modo automatico e sempre uguale alle cose, le piccole e grandi negatività che a volte ci colgono.
Anche il dolore emozionale è una forma di resistenza.

Ma resistenza a cosa?
Al presente, alla realtà delle cose, alla vita.

Spesso la gente si chiede, Ok, ho capito cosa sono ma io come faccio a sapere quali resistenze ho nella mia vita?

Semplice.
Fate un veloce bilancio, anche solo con il pensiero, di tutto ciò che avete realizzato e ciò che invece non avete realizzato.
Che progetti avevate da ragazzi? Quali sogni?
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Si sono realizzati? Se no, se vi siete persi i vostri sogni per strada, o se ancora state lottando per realizzarvi in quella cosa che tanto amate fare, allora quello è un ottimo indicatore delle vostre resistenze inconsce.

Come state dal punto di vista finanziario? Galleggiate a stento nel terrore di annegare nei debiti o siete ben solidi nel vostro patrimonio? Riuscite a far soldi facilmente o è sempre una dura fatica racimolarli per arrivare alla fine del mese?
Cosa davvero pensate del denaro?

E, ah, l'amore!
Come va? Siete sempre in coppia ma insoddisfatti o litigiosi, o siete a vostro agio in una relazione d'amore che funziona bene?
Siete single da una vita e vorreste compagno/una compagna?
Siete convinti che nessuno al mondo faccia al caso vostro? Pensate di non meritare amore? Di non essere abbastanza attraenti? Temete l'abbandono, il tradimento, la mancanza di libertà? Avete paura di perdere il controllo e di soffrire? Credete che il Grande Amore non esista, che sia un'illusione infantile?

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Non c'è bisogno di una chiaroveggente con la palla di cristallo per dirvi cosa non funziona nella vostra vita.
Basta essere sinceri con sé stessi e aprire gli occhi.

Se non li aprite, state sicuri che la vostra vita sarà sempre uguale, se non peggio. Con le vostre resistenze create il vostro destino. 

Sappiate che il 95% circa delle nostre credenze sono inconsce, ed è con quelle che creiamo la nostra realtà.
Ma se ne vediamo i risultati, allora sappiamo anche che possiamo lavorare su noi stessi per cambiarle.

Allora, coraggio, aprite gli occhi e fate un bilancio.

giovedì 21 novembre 2013

La camminata spaziale

Sappiamo tutti che camminare fa bene, non solo al fisico, ma rinvigorisce anche lo spirito.
Frank Kinslow propone di applicare le tecniche del silenzio interiore alla camminata con un semplice suggerimento.
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Invece di guardare gli oggetti e il paesaggio intorno a voi, ponete  l'attenzione sullo spazio tra gli oggetti. 
Lo spazio è ovunque, ma noi non lo notiamo mai.

Quando cominciamo a notarlo, la mente rallenta, il corpo si rilassa, il cuore si espande.
Questo perché, nonostante lo spazio non sia vuoto (contiene ossigeno, onde radio, particelle d'acqua, polline e molto altro) alla nostra mente esso appare come tale.
E l'anima sente il richiamo verso la casa madre, il Nulla da cui ogni cosa è creata.

Tutto ciò è armonia delle sfere come scrive Kinslow. La nostra camminata è in sintonia con l'universo intero. Stiamo creando una sinfonia.

L'unico piccolo sforzo che occorre, nella camminata spaziale, è non identificare lo spazio come faremmo con gli oggetti che gli stanno  intorno. Osservando questo spazio con la mente serena e silenziosa sentiremo affiorare una beatitudine, un amore profondo che nasce dal cuore.

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E' per questo motivo che la camminata spaziale permette di praticare meglio il silenzio della mente. Perché quello spazio che osservi tra le cose rappresenta anche i momenti di silenzio in cui riesci a far tacere il chiacchiericcio dei pensieri.

Un altro piccolo gradino verso la consapevolezza.

mercoledì 20 novembre 2013

Il terrore di amare

Tutti cercano l'amore, lo sognano, anche se magari non sono disposti ad ammetterlo nemmeno con sé stessi.
Ma che cos'è davvero l'amore? 

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I Maestri ci insegnano che l'amore nasce dove c'è conoscenza.
Cioè, solo quando riusciamo a vedere una persona per ciò che è realmente, e ad accettarla così com'è. 
Solo quando riusciamo a non proiettare nulla di noi sull'altro, a non avere illusioni che filtrano la realtà in base a ciò che siamo o vorremmo essere.

Se non siamo capaci di questo, ecco che l'altro rimane un oggetto di desiderio che non è reale. Non è vero amore. Amiamo l'idea della persona, non essa.

E' per questo che la maggior parte di noi teme l'amore, ne è terrificato. 
Non è davvero una questione di legami, sofferenza o responsabilità.
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Questo è solo ciò che ci piace raccontarci perché ci fa stare meglio, ci fa credere di essere razionali e indipendenti.

In realtà, come spiega Padre Anthony De Mello nel libro Chiamati all'amore (Oscar Mondadori), amare è vedere, e vedere è morire. (...) Perché nella morte dell'io si trovano la libertà e la pace, la serenità e la gioia.

Per amare dobbiamo spogliarci dei pregiudizi, delle discriminazioni che facciamo su ogni cosa, dobbiamo imparare ad accettare incondizionatamente. 

Prima di tutto imparando a guardare chi non ci piace e affrontare i nostri pregiudizi. Poi, guardando chi ci piace con la consapevolezza che quell'attaccamento è solo schiavitù e inutile sofferenza, e che senza di esso saremmo davvero liberi di fluire nel mondo e nella vita.

L'amore vero è visione consapevole e non attaccamento.


martedì 19 novembre 2013

Godersi il viaggio

C'è una storiella molto efficace narrata da Padre Anthony De Mello riguardo al nostro atteggiamento nei confronti della vita.


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Narra di un gruppo di turisti che, mentre viaggiano in pullman, invece di guardare il panorama fuori, tengono le tendine accostate e intanto passano il tempo a spettegolare, a criticare chi si è seduto in un certo posto, chi è meglio vestito, e così via... Fino a che il viaggio finisce e loro non hanno mai guardato fuori, riempiendosi gli occhi della maestosità del paesaggio, godendosi il viaggio. 

Quanta gente vive così la propria esistenza?
Passa la vita ponendo attenzione alla forma, dando importanza fondamentale e imprescindibile a piegare bene le lenzuola e stirare anche gli strofinacci della polvere, e mai alza gli occhi per vedere quanto di bello c'è nel percorso di vita.

Si preferisce lustrare la propria gabbia con cura, magari dipingendo pure le sbarre d'oro, ma resta sempre una gabbia.

Cosa state aspettando? 
Di essere pronti? Pronti per cosa? Non lo sarete mai, perché le vostre resistenze vi diranno che non lo siete.

Smettete di fare la maggior parte delle cose che vi sembrano fondamentali, ma che in realtà vi stanno distraendo dal viaggio, e fatelo ora!
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O quando penserete che sia venuto il momento di rilassarvi un attimo e guardare fuori, il vostro viaggio potrebbe essere arrivato alla fine. Capolinea. Morti.

E allora cosa sarà stata la vostra vita? Un insieme di preoccupazioni inutili, di negatività gratuite, di giudizi fuorvianti.
E la vita vera non l'avrete neppure sfiorata.

Vivete ora! Godetevi il viaggio ora!

lunedì 18 novembre 2013

I Quattro Accordi di Don Miguel

Per ritrovare il nostro potere personale, dobbiamo rompere i vecchi schemi e imparare nuovi codici che ci permettano di vivere in armonia con noi stessi e con il mondo.

Don Miguel Ruiz, nel suo libro I Quattro Accordi (Edizioni Il Punto d'incontro) spiega quali sono e perché.


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Primo Accordo:
Sii impeccabile con la parola

Sappiamo che le parole creano mondi, che ci possono ferire in profondità, se le crediamo vere.
La parola è uno strumento potente che il più delle volte viene usato a sproposito creando conflitti di ogni tipo.

Don Miguel paragona la parola a uno strumento magico, tramite cui possiamo fare incantesimi o subirli, senza esserne consapevoli.
Ma diventando responsabili delle nostre parole possiamo fare la differenza. 
Possiamo smetterla di ferire gli altri, ma soprattutto noi stessi. Ci diciamo un sacco di cose negative, ci critichiamo, ci giudichiamo in continuazione. E finiamo per credere alle nostre stesse bugie. 

Dire la verità è un buon inizio.

Secondo Accordo:
Non prendere nulla in modo personale

Ricorda: se qualcuno ti insulta e ti senti ferito, la stai prendendo sul personale, ma sappi che chi insulta o giudica, lo sta facendo in base al proprio filtro, ed è probabile che inconsciamente stia parlando di se stesso!
Quindi, mettiti l'anima in pace, giudizi e critiche non sono mai davvero indirizzati a te. Ognuno vede le cose a modo suo, e suo soltanto.
Le ferite che senti dolere c'erano già prima, il giudizio le ha solo toccate. Il giudizio, non il giudicante. 

Terzo Accordo:
Non supporre nulla

Le supposizioni sono tra le maggioro cause di fraintendimenti,
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conflitti e illusioni/delusioni.


La nostra tendenza a discriminare le cose fa sì che noi vediamo e sentiamo solo ciò che vogliamo. Preferiamo abbellire la realtà delle cose con le nostre illusioni, filtrandola con i nostri sogni, oppure peggiorandola con le nostre paure, con le angosce.

Ogni volta che accade qualcosa, sia in positivo che in negativo, ecco che cominciamo a ricamarci su, supponendo questo o quello, peggio ancora quando qualcosa non lo capiamo.

Tutte le relazioni, di qualsiasi genere, entrano in crisi e spesso finiscono per via delle supposizioni e del nostro orgoglio che ci impedisce di chiedere direttamente delucidazioni per fugare i nostri dubbi. 
Preferiamo restare nel nostro cantuccio a fare supposizioni, finendo per crearci film mentali di cose inesistenti. 

Viviamo di aspettative, che puntualmente vengono deluse perché non capiamo che ciò che noi diamo per scontato non lo è per gli altri.
E la nostra relazione di amicizia, di amore o di lavoro si crepa o fallisce del tutto. 

Quarto Accordo: 
Fai sempre del tuo meglio

Questo accordo riguarda la messa in atto dei primi tre.

Fate sempre del vostro meglio in ogni cosa che fate, anche quelle che non vi piacciono tanto. 
Se fate le cose solo perché dovete, considerandole quasi una condanna, di certo non darete il meglio di voi.

Amate ciò che fate e fatelo perché lo amate, non per averne qualcosa in cambio, per una ricompensa o tornaconto personale.
Amando ciò che fate la vostra vita sarà la vita migliore che potrete vivere, perché sarà autentica e in linea con ciò che siete venuti a fare sulla Terra.






venerdì 15 novembre 2013

Praticare il raccoglimento

Ci sono momenti nella vita in cui dobbiamo fermarci un attimo.
Magari sentiamo emergere un dolore, un turbamento, oppure siamo indecisi su un passo importante da compiere. 
A volte ci accadono cose che non riusciamo a spiegarci, oppure ci sentiamo stanchi, privi di forze.

Agire contro queste emozioni che emergono non serve, anzi, è peggio. Respingere l'emozione come qualcosa di negativo, di sbagliato, rafforza la nostra resistenza interiore a ciò che è.
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Quando un'emozione fa capolino dentro di noi, stiamo con essa. 
Semplicemente, osserviamola, lasciamola essere.

Prendiamoci del tempo per stare un po' da soli, in silenzioso raccoglimento. 
Specie quando siamo indecisi, quando non vediamo la soluzione a qualcosa che non funziona, o quando ci sentiamo stanchi.
La cosa più sensata da fare è stare lì a raccogliere le forze.

Stiamo nel sentire, cercando di non seguire i pensieri, concentrandoci sulle sensazioni del corpo, sui rumori attorno a noi.
Da soli. Evitando la tentazione di cercare una spalla su cui piangere o qualche amico che ci dia un consiglio.

Il miglior consigliere è già dentro di noi. Basta avere orecchie per sentirlo. Restando in silenzio, in raccoglimento, fino a che la voce del Sé si fa sentire chiaramente.



giovedì 14 novembre 2013

Rimanere ricettivi

Si parla sempre di schemi mentali, giudizi e preconcetti che ci limitano.
Da dove vengono?

A parte gli schemi acquisiti dalla famiglia, anche a livello di inconscio collettivo famigliare e di DNA, ci sono i preconcetti culturali, le frasi che ci sono state ripetute da insegnanti e amici, i libri che abbiamo letto e i film che abbiamo visto.

Tutto questo contribuisce a farci una nostra idea delle cose del mondo e delle persone, ma non è mai originale. Noi pensiamo che lo sia, anzi, addirittura noi pensiamo di essere quelle idee. Ci identifichiamo in esse.
Ma è tutto un mero puzzle di idee e pregiudizi altrui che abbiamo fatto nostri.

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Siccome noi reagiamo e giudichiamo in base ai ricordi, quando incontriamo una persona, spesso la prima impressione che ne abbiamo è filtrata da qualcosa che è già successo nel passato. Così, ci viene spontaneo agganciare il nostro giudizio verso questa persona in base a schemi vecchi e radicati in noi.

Ne traiamo una conclusione e da quella non riusciamo più a uscire.
Se qualcuno ci risulta antipatico la prima volta, difficilmente riusciremo a toglierci quel giudizio dalla testa. Per noi quella persona sarà etichettata come antipatica per sempre.

Senza star a indagare quale ricordo del passato ci porta a giudicare una persona in un certo modo, la cosa migliore che possiamo fare è stare all'erta verso i nostri pensieri e riconoscere un pregiudizio, un preconcetto, quando nasce.

Bisogna ricordare che ognuno di noi vede la propria realtà in base ai filtri che ha, e quindi ciò che noi giudichiamo non è l'essere che c'è dietro a quegli schemi di pensiero. 

Inoltre, non va dimenticato che ciò che pensiamo degli altri spesso corrisponde a ciò che a livello inconscio pensiamo di noi. 
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Se crediamo che il mondo sia pieno di persone pettegole, maligne ed egoiste che non vedono l'ora di distruggerci, forse è perché una parte di noi è così.
Se invece pensiamo che le persone siano fondamentalmente buone e che non potrebbero mai farci davvero del male, è perché noi stessi saremmo incapaci di fare del male.

Se fossimo davvero svegli, sapremmo che ogni persona che incontriamo è prima di tutto un'anima perfetta incarnata. E che attraverso quella forma, noi vediamo noi stessi.

Rimanere ricettivi, scevri da preconcetti, è l'unico modo di non fare resistenza alla vita.

mercoledì 13 novembre 2013

Il corpo nell'azione

Nell'articolo di ieri ho affrontato il tema del corpo nella sua interezza, per sentire davvero la realtà.

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Sappiamo che non esiste risveglio che non passi dal nostro corpo fisico, dalla nostra macchina biologica. Per esercitare l'attenzione sul Qui e Ora è necessario essere presenti nel corpo mentre lo usiamo.

La maggior parte delle volte che compiamo un'azione, la nostra mente è altrove. Anzi, spesso i lavori di casa o i lavori fisici in generale sono una scappatoia per permettere alla mente di divagare. Il nostro braccio fa una cosa adesso, la testa è nel passato o nel futuro.
Siamo dei dissociati.

Un esercizio fondamentale per tornare alla nostra integrità corpo-mente è porre attenzione alle azioni e al corpo che le compie mentre stiamo facendo una qualche attività.

Dal lavare i piatti a farsi una doccia, cucinare, guidare, scrivere al computer. Ma anche solo passare attraverso una porta o salire e scendere le scale.

Questo non solo ci permette di accorgerci di quanto poco siamo coscienti della nostra perfetta macchina, l'unico mezzo che abbiamo per sperimentare questa incarnazione, ma fa sì che la mente interrompa il proprio flusso continuo di pensieri, lamentele e credenze che ci cristallizzano in un'energia circolare.
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Per uscire dal circolo vizioso bisogna rompere lo schema.

Un modo veloce ed efficace per sciogliere la cristallizzazione dell'energia portata dalla mente è praticare attività fisica. 
Provate anche solo a praticare mezz'ora di corsa regolarmente, una o due volte la settimana, in base ai vostri impegni.

Per prima cosa, già solo fare lo sforzo di compiere questa azione regolarmente è un buon indizio di quante resistenze da un parte e da quanta effettiva volontà avete dall'altra.

In secondo luogo, il correre porta il fisico alla fatica, ed essa costringe la mente a stare attenta a quella fatica. Sotto sforzo non c'è posto per i pensieri.

La terza ragione è che quando il corpo comincia a sentire tanto la fatica, la mente cerca di metterci comunque lo zampino intimandoci di smettere, lamentando di non farcela, di non essere in grado e via dicendo.

E' lì che si attiva la consapevolezza che cedere e fermarsi sarebbe dar retta ai nostri schemi mentali autolimitanti.

Continuate a correre, e molte delle vostre cristallizzazioni si scioglieranno. Circolerà energia nuova, che non può far altro che giovare, che portare nuovi doni alla vostra vita.

Ma poi non fate l'errore di pensare che se lo avete sperimentato una volta questo vi basta.
E' la costanza dell'acqua che scava le montagne, non la goccia schizzata una volta sola!



martedì 12 novembre 2013

Sentire con tutto il corpo

Un esercizio fondamentale per sperimentare l'Adesso e mettere a tacere il chiacchiericcio mentale pieno di preconcetti e giudizi che ci limitano, è imparare a sentire con tutto il corpo.

Accontentarci di vedere con gli occhi e sentire con le orecchie (ammesso che siamo abbastanza attenti per farlo davvero) non è abbastanza per sperimentare la consapevolezza pura.

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La consapevolezza passa per tutto il corpo fisico ma anche per quello interiore.

Provate a sentire una situazione. Lasciate che vi accada dentro e fuori, che scivoli attraverso di voi. Sentitela anche da dentro.

Apritevi, e fate in modo che ogni cellula del vostro corpo sappia cosa sta accadendo in quel momento.
Ci vorrà forse della pratica, qualche un piccolo sforzo, ma presto i risultati arrivano. Basta non fissarsi sul riuscirci o meno. E ci riuscirete.

Provate prima mentre leggete un libro che vi piace, che vi emoziona. Provate a leggerlo con tutta la vostra attenzione: mentale (comprensione del testo), fisica (le pagine tra le vostre dita, i muscoli del vostro corpo, il respiro), interiore (le emozioni che passano, l'energia che circola).
Avrete finalmente sperimentato la pura consapevolezza.

A un tratto, vi accorgerete con stupore che siete il libro ma siete anche voi stessi. Siete una cosa sola, c'è fusione.

A questo punto, provate a farlo durante una passeggiata nella natura. Diventate un tutt'uno con il profumo dell'erba e della terra, con il gracchiare delle gazze, con il sibilo del vento, ma siate anche respiro, energia, emozione, corpo in movimento. 

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Se farete spesso questo esercizio in solitudine, presto sarete pronti per farlo anche tra la gente, in compagnia degli amici, fino a che un giorno vi meraviglierete nello scoprire che non solo vi viene spontaneo vivere le situazioni così, nell'Adesso, ma che le vostre maschere sono scomparse. 

Saranno scomparsi anche quel lieve senso di disagio che a tutti prende quando ci atteggiamo, come reazione automatica verso gli altri, ma di cui la maggior parte della gente resta inconsapevole; la frenesia di dire la propria opinione sempre e comunque, il mettersi in mostra o in competizione entrando nei discorsi, o il cedere alla lamentela collettiva; e vedrete che nessuna emozione negativa né botta di entusiasmo superficiale vi potrà coinvolgere.

Resterete nel sentire. Sarete liberi. Liberi davvero. Perché la consapevolezza pura è completa libertà dell'Essere.

lunedì 11 novembre 2013

L'addomesticamento secondo Don Miguel

Nel libro I quattro accordi di Don Miguel Ruiz (Edizioni Il Punto d'Incontro) viene spiegato in modo semplice e abbastanza esaustivo il modo in cui gli esseri umani vengono addomesticati al sogno collettivo dell'umanità.

Tanto tempo fa, gli esseri umani hanno scelto un sistema di valori e credenze creato dal loro sogno. Cioè dall'idealizzazione collettiva di ciò che il mondo e la società nascente avrebbero dovuto essere.


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Tutti i bambini vengono addestrati fin dalla nascita a credere a questo sogno, tramite la ripetizione, ricevendo o meno attenzione dagli adulti, con premi e punizioni. 
Anche se magari ci sono dei momenti in cui il bambino tende a ribellarsi a regole che non ritiene giuste, sentendosi debole in un mondo dominato dagli adulti, finisce per cedere. Si adatta al sogno collettivo. 


Se non lo facesse, sa che riceverebbe critiche e biasimo, e la paura di non essere ricompensati, di non ricevere premi è così radicata a livello inconscio, che alla fine l'addomesticamento pare il minore dei mali. 
Anche da adulti.

Anzi, da adulti, siamo così addomesticati che non c'è più bisogno di avere insegnanti e genitori che ci giudicano e puniscono, lo facciamo da soli. 
Ogni volta che facciamo qualcosa contro le regole del sogno collettivo ci sentiamo male, colpevoli, anche se sappiamo di aver ragione. 
Paghiamo per lo stesso errore migliaia di volte perché non facciamo che ricordarlo a noi stessi come un mantra, o sono gli altri a tormentarci con esso.

Per questo la maggior parte della gente passa l'intera propria esistenza a fingere di essere ciò che non è. La paura di infrangere le regole ed essere messa all'indice, di alienarsi l'approvazione, la terrorizza.
Anche se le regole della società non piacciono, magari le critica, ma non osa infrangerle.

Nel sogno del pianeta, esiste un'ideale di perfezione irraggiungibile, e ognuno soffre nel tentativo di diventare come l'ideale. Non sentendosi all'altezza, ogni essere umano vive tormentato da questa frustrazione profonda.
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Si indossano allora maschere per nascondere questa ossessione, questa critica verso sé stessi per non essere perfetti, e si criticano gli altri perché nemmeno loro possono raggiungere il nostro ideale.

Alla fine, il sogno del pianeta è diventato un incubo. 
L'inferno che per molti secoli è stato temuto come luogo di punizione eterna nell'aldilà, in realtà è uno specchio di ciò che ci siamo creati sulla terra. 

Scrive Don Miguel che il motivo per cui gli umani resistono alla vita è che la temono più della morte.

La mente umana è annebbiata da ciò che i Toltechi chiamano mitote. Ovvero il velo di Maya per la cultura indoeuropea.
L'illusione.

Il male più grande ce lo facciamo da soli. Non siamo in grado di capire che non siamo liberi.
Siamo come animali addomesticati. Non vediamo più le sbarre.

Perciò, abbiamo bisogno di un enorme dose di coraggio per sfidare tutte le convinzioni acquisite e tornare ad essere noi stessi. Autentici.


venerdì 8 novembre 2013

Che cos'è il Satori?

Spesso nei libri che trattano di risveglio spirituale, in particolare di stampo orientale, si parla di Satori.

In genere, viene confuso e usato come sinonimo di Kensho. 
Kensho, però, indica un lampo di illuminazione non permanente.
Un attimo di chiarezza e di unità con il Tutto. Che poi si spegne per farci ripiombare nella solita inconsapevolezza, più o meno accentuata.

Il Satori per il buddismo Zen, è il momento di comprensione totale dell'essenza delle cose e dell'Universo. 
Il soggetto e l'oggetto della contemplazione non esistono più, ma si fondono nella pura consapevolezza. 
Lo stesso osservatore smette di sentirsi separato dalle cose osservate.
Insomma, si ha la chiara e definitiva comprensione della vera natura del Creato.

Questo stato di consapevolezza è profondo e duraturo nel tempo.

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La persona che vive il Satori non si distacca dal mondo come atto di separazione, sarebbe una contraddizione, ma si fa partecipe totalmente delle cose che lo circondano, nella Presenza.

Esempi di questo stato di illuminazione si trovano negli haiku, la forma poetica più rappresentativa dello spirito giapponese.

Un meraviglioso haiku di Shiki (1867-1902) è questo:

Stupore:
una margherita si frange,
suono di mezzanotte.

giovedì 7 novembre 2013

La crisi come opportunità

In un articolo del 20 maggio scorso, ho affrontato la questione della crisi come stato mentale, proiezione di un senso di vuoto e sfiducia collettivo. Il 19 giugno, invece, ho scritto delle ragioni inconsce che ci portano a perdere il lavoro.

Oggi vorrei fare una piccola riflessione sulla grande opportunità che questa crisi ci può dare.
Una volta, chi aveva una passione un po' fuori dal comune, magari artistica, tipo diventare un pittore o una ballerina, veniva consigliato da famiglia e amici a scegliere un impiego sicuro, il classico posto fisso. "Così ti sistemi", era la classica frase.
Insomma, la passione o velleità che fosse poteva la massimo diventare un hobby e nulla più.
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Oggi sappiamo tutti che il posto fisso è diventato un miraggio a causa delle politiche economiche e del lavoro contemporanee.
Sempre più persone sono costrette ad accettare lavori precari, e spesso le donne che si sono licenziate dal loro impiego per la maternità faticano a tornare sul mercato. 

MA...

La grande opportunità della crisi consiste nel poter, finalmente, fare davvero ciò che abbiamo sempre sognato!
Poiché non abbiamo più nulla da perdere.

Sei disoccupato, le aziende assumono sempre meno, e magari il lavoro che hai sempre fatto per campare ti faceva pure schifo?
Perfetto!
Magari potresti rispolverare la chitarra con cui da ragazzo sognavi di diventare una rockstar e trovarti un lavoro come musicista nei pub. Adori cucinare e sei bravissima a fare torte? Puoi sempre cominciare a venderle nei bar. Sai cucire bene, avresti voluto fare la stilista? Che ne dici di provare a confezionare graziosi cappottini per cani con stoffe di recupero?

A volte le risposte sono lì dietro l'angolo ma non sappiamo vederle.

E' il momento di creare un mondo nuovo partendo da ciò che
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davvero amiamo fare. Usare i nostri talenti. 

E' finito il mondo vecchio in cui devi sgobbare come un mulo e vivere come un automa per sopravvivere e rinunciare al tuo dono più grande: il talento.

Onoriamo ciò che ci è stato dato dal Divino.
Diventiamo noi stessi la nostra Leggenda Personale.

Se fai le cose con amore, senza l'angoscia per la paura di non farcela con il denaro, affidandoti al tuo dono, i soldi saranno una naturale conseguenza. 

Arriveranno, abbi fede.

Anche questa cosa l'avevo già scritta in un vecchio articolo:
FA' CIO' CHE AMI.

mercoledì 6 novembre 2013

L'illusione della ricerca

Esiste uno strano paradosso nella nostra ricerca del risveglio o illuminazione che dir si voglia.
In molti - praticamente tutti - ci affanniamo anni e anni a cercare di raggiungere l'agognata meta della pace interiore, dell'uscita dalla sofferenza. 


Electric Buddha 2.0 - Foto dell'autrice
Corsi, metodi, rituali, cristalli, discipline corporee, libri e maestri, saltellando qui e là nella speranza di raggiungere il nostro obiettivo spirituale, certi che il prossimo corso, o libro o maestro sarò quello giusto.

Il grande paradosso, però, sta nel fatto che in realtà il primo errore che si commette è illudersi che ci sia una via. Che ci sia un percorso da fare. Che ci vogliano anni e anni di impegno.

In realtà, se ci mettiamo anni e anni di impegno, è perché non riusciamo a svegliarci davvero.
Le due vie opposte verso la felicità che l'umanità sceglie, quella interiore e quella esteriore (a seconda delle persone), si fondano entrambe sulla falsa credenza che ci sia qualcosa da conquistare, da raggiungere. 

Ma conquistare e raggiungere è un gesto che ci porta fuori di noi. Verso l'idea che esista qualcosa di meglio che ci svegli al di fuori di noi.

Ormai sappiamo, grazie agli insegnamenti di grandi maestri spirituali orientali del passato e al contemporaneo occidentale Eckhart Tolle, che la pace non va ricercata.

Nel momento in cui siamo consapevoli di non essere in pace, osservando questa condizione d'animo senza giudizio e non sforzandoci di trovarla con un moto verso di essa, ecco che la pace la troviamo.


Sentirsi colpevoli di non riuscire a raggiungerla è l'errore, cercare un ulteriore testo o maestro che sia più efficace nel darci la pace è l'errore.

Nessuno può darci la pace. Non è un oggetto.
E' la nostra naturale condizione dell'anima. 
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L'unica cosa da fare è sentirla.
Sentirla nello spazio tra un pensiero e l'altro, lasciando andare la nostra ossessione per la guarigione che presuppone di essere sbagliati, imperfetti.

Scrive Frank Kinslow: Quando ci si ferma, non c'è nulla da fare e nessun posto dove andare. Siamo sollevati da tutti i pesi. Solo allora siamo liberi dall'illusione che il cammino risolverà i nostri problemi.

martedì 5 novembre 2013

Il corpo di dolore collettivo femminile

Moltissime donne soffrono di dolori premestruali, e anche durante il ciclo hanno vari disturbi, dal mal di pancia al mal di schiena, gambe gonfie, brufoli, mal di testa, ecc.

Inoltre, gli uomini in particolare amano scherzare sulla presunta intrattabilità delle donne in questo delicato momento mensile.
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A quanto pare, una donna in sindrome premestruale è particolarmente aggressiva e irritabile, ha sbalzi d'umore e forte emotività.

La medicina ufficiale imputa questi disturbi agli ormoni.
Ma noi sappiamo ormai che il nostro corpo soffre perché è l'emozione ad agire su di esso, anche se a livello inconscio. Non c'è malanno che non possa essere ricondotto alla psiche, e a quello che Eckhart Tolle chiama corpo di dolore.

Secondo lui, esiste un corpo di dolore collettivo femminile, che si è andato formando nei secoli, diventando una sorta di entità cui siamo tutte in qualche modo collegate.
Esso si è formato in migliaia di anni di violenza, stupri, sottomissioni, parti difficili, frustrazione.

Durante il ciclo mestruale questo corpo di dolore collettivo si risveglia dal suo stato latente. Questo spiega la sofferenza fisica in senso emozionale di stampo junghiano, e l'irritabilità, che è una forma di negatività proveniente dalla rabbia per ciò che sentiamo di aver subito in quanto sesso femminile.

Riconoscere la schiavitù, l'ingiustizia subita, la sottomissione forzata è sacrosanto, per non ricaderci. 
Ma è anche vero, sottolinea Tolle, che se ci sentiamo vittime per ciò che gli uomini ci hanno fatto subire si rischia di restare chiuse in un bozzolo di vittimismo rabbioso, rancoroso, e non ci si distacca più da esso.

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Se da una parte la solidarietà femminile ci dà un senso di empatia e collaborazione affinché certe nefandezze non si ripetano più ai danni delle donne, il rischio è costruirci un senso di identità di vittime, bloccando la nostra energia a uno stadio di separazione tra noi e gli uomini. Una forma di autosegregazione e un rafforzamento dell'ego.

L'unica via d'uscita è non utilizzare il corpo di dolore come strumento di lotta. 
Rimanendo consapevole del significato inconscio collettivo dei dolori mestruali, la donna di oggi può finalmente liberarsi di esso solo osservandosi e intercettare subito ogni senso di disagio o irritazione sul nascere.
A forza di essere osservato in uno stato vigile di non giudizio, il corpo di dolore finisce per essere trasmutato in consapevolezza radiosa.
A quel punto la donna ritrova la propria sacralità, il suo essere Dea, ma non in un'accezione di dualità tra il Dio maschile biblico e la Dea pagana, ma come forza divina creatrice.

lunedì 4 novembre 2013

La differenza tra vita e situazione di vita

Ci sarà capitato migliaia di volte nella nostra esistenza a dire o pensare la mia vita è... e aggiungete voi: un casino, stressante, triste, noiosa, odiosa, orrenda, ecc.

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In realtà, state generalizzando. Gli esseri umani sono molto bravi a farlo. A non discriminare bene tra vita in sé e il momento che stiamo vivendo.

Non credo esista vita senza qualche problema, è naturale.
Il guaio è che, generalizzando, noi ci convinciamo che se stiamo vivendo un periodo difficile, per esempio nelle relazioni amorose o per le finanze, diciamo che tutta la nostra vita è un problema. 

ATTENZIONE!
Come ho già scritto in un articolo tempo fa, le parole creano mondi.
Se ci convinciamo che la nostra vita è orribile, nessuno potrà più convincerci del contrario e finiremo per agire inconsciamente per far sì che la nostra vita risponda a ciò pensiamo di essa. E sarà davvero orribile.

Se ponete attenzione a questo aspetto, scoprirete che è vero.
Tanto più che spesso, per convincerci che la nostra opinione corrisponde a verità, andiamo a scavare nel passato per rafforzare questa tesi. E aggiungiamo altri mattoncini per costruirci la nostra idea fasulla e deleteria di ciò che in realtà è solo la nostra situazione di vita.

Eckhart Tole sottolinea questa verità: noi scambiamo la nostra situazione di vita per la vita intera. 
Così facendo ci concentriamo sui problemi come fossero parte integrante del nostro viaggio terreno impedendoci di creare spazio per qualcosa di nuovo, per la pace, per stare nell'adesso.

Tolle invita quindi a trovare la vita all'interno della situazione di vita: l'energia vitale del nostro corpo. Utilizzando i  nostri sensi per sentire la vita al di là dell'opinione mentale che ne abbiamo.

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Permettendo anche ad ogni cosa l'essere così com'è. 
Non facendo resistenza, si comprende che i problemi vanno e vengono, ma non sono la nostra vita. Sono solo increspature sulla superficie.

Per usare le parole di Tolle:
La tua situazione di vita esiste nel tempo.
La tua vita è adesso.
La tua situazione di vita è creata dalla mente.
La tua vita è reale.


venerdì 1 novembre 2013

Il senso di meraviglia e il Sé.

Chi ha occhi per vedere e cuore per amare non può non accorgersi della maestosità del creato.
Perché i bambini hanno sempre quel senso di meraviglia negli occhi spalancati? 
Razionalmente diremmo che è perché vedono le cose per la prima volta.
Non solo. Le vedono davvero. Le vedono per ciò che sono: miracoli.
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Un seme che diventa fiore e poi frutto è un miracolo, gli stormi di uccelli che si spostano come un'unica entità serpeggiando nel cielo sono un miracolo. Il colore delle foglie in autunno. Tutto ciò che ci circonda è un miracolo.

Persino il fatto che siamo qui. 
Biologicamente, tra carestie, guerre, pestilenze, rami famigliari estinti lungo i secoli, il fatto che siamo riusciti a nascere nonostante tutto è un miracolo.
Ci avete mai pensato? O avete dato tutto per scontato?


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Quante volte vi capita di provare un senso di meraviglia e gratitudine per la Bellezza del creato?

Il senso di meraviglia nasce dal Sé. 
Da quel luogo illimitato ed eterno che accetta le cose per ciò che sono e le ama perché l'amore è lo stato naturale dell'Essere.
Definire l'amore un sentimento è riduttivo.

L'amore è ciò che siamo.
Solo l'amore può commuoversi davvero per quanto sia bello il creato. E può capire in profondo che ogni cosa è sacra.

Tutto il resto è illusione di separazione. E' non-amore.