mercoledì 30 aprile 2014

State davvero vivendo?

Una domanda che dovremmo porci ogni giorno, specie alla sera quando la giornata finisce è: ho fatto del mio meglio per rendere la mia vita degna di essere vissuta? Ho reso la mia giornata indimenticabile?

Foto dell'autrice
Siamo sicuri di star vivendo davvero o ci lasciamo vivere?
Stiamo rimandando la felicità a data da destinarsi in attesa che la Fortuna ci arrida, con la speranza che qualcosa fuori di noi cambi e ci dia la svolta sperata, o ci stiamo impegnando ad essere responsabili ogni giorno di come ci sentiamo?

Stiamo inseguendo un sogno? Stiamo usando al meglio i nostri talenti? Stiamo costruendo qualcosa di nuovo per noi? Viviamo dentro o fuori di noi stessi?

C'è qualcosa che vorremmo cambiare? E se c'è, allora cosa stiamo aspettando a cambiarla?

Foto dell'autrice
Rendiamo la nostra vita attiva, impegnandoci ogni giorno per la  libertà interiore, per sciogliere le nostre catene, per diventare padroni della nostra vita. Padroni del nostro corpo e delle nostre emozioni.

Non c'è cosa più gratificate di vedere i propri demoni svanire in un fil di fumo e sentire quel Centro di Gravità Permanente pulsare dentro di noi.
Non c'è cosa più bella dello scoprire giorno dopo giorno che la nostra energia viene da dentro, ed è inesauribile.
Anche quando l'energia fisica è in calo perché ne abbiamo fatto uso, possiamo sentire dentro di noi che esiste un'altra energia più potente e infinita.

E' la forza della nostra anima immortale.
Se riusciamo a sentirla vuol dire che abbiamo fatto un buon lavoro.


lunedì 28 aprile 2014

Correggere il tiro

Capita spesso nella vita di lavorare per ottenere qualcosa, e poi quella cosa non arriva proprio come vorremmo. O non arriva affatto.

Innanzi tutto, quando sentiamo la delusione emergere per il risultato fallimentare o non soddisfacente, dovremmo chiederci se essa nasce da un giudizio della personalità - per esempio non accettare i nostri limiti - oppure se una parte di noi sa che a livello evolutivo il nostro obiettivo non è necessario raggiungerlo, perché magari non è ciò che davvero fa per noi.

Quando abbiamo stabilito che ce la possiamo fare, che non dobbiamo mollare, allora l'unica cosa sensata da fare è correggere il tiro. Specie dopo più di un tentativo.
Foto dell'autrice

Torno a fare un esempio sul tiro con l'arco perché lo sto sperimentando proprio in questo periodo.

Se una freccia va a piantarsi su un punto basso, di sicuro l'errore è nostro. 
Siamo sempre noi i responsabili.
Non esiste che l'arco scagli le frecce in modo diverso da una volta all'altra. E' uno strumento che funziona su basi meccaniche e riproducibili.

Se l'arco ha un mirino, l'errore può essere dato dalla sua regolazione erronea.
Ogni volta che scagliamo una freccia, oltre a stare attenti ai gesti, alla postura, alla riproducibilità del gesto per far sì che le frecce vadano sempre nella stessa direzione e sullo stesso punto alto (il dieci), dovremo anche essere sicuri che il mirino sia a posto.

Correggere il tiro è mettere a posto ogni cosa, gesti, muscoli, mirino affinché il tiro sia più perfetto possibile.
Foto dell'autrice

Nella vita è la stessa cosa. Se un obiettivo lo manchiamo, dobbiamo chiederci cosa ha fatto sì che lo mancassimo.
Mai dare la colpa all'esterno, a persone o eventi come se fossero fuori dal nostro controllo.

Quale tipo di energia, quali pensieri abbiamo usato per andare verso di esso?
Abbiamo dato il meglio?
Abbiamo fatto tutto il possibile oppure potevamo impegnarci di più?
Avevamo distrazioni?
Non eravamo abbastanza motivati?
Avevamo paura di fallire?
Oppure paura del successo?
Ci sentivamo davvero all'altezza dell'obiettivo o no?
Era l'obiettivo giusto?
E se non fosse l'obiettivo giusto? Cosa vorremmo davvero?

Una volta stabilito qual è stato l'errore, possiamo investire nuove energie, fare nuovi tentativi con una diversa consapevolezza.
Se ogni cosa è fatta nel modo giusto, con l'energia giusta, non possiamo fallire.

giovedì 24 aprile 2014

Preoccuparsi

Nella nostra mente razionale che necessita di darsi spiegazioni logiche per ogni cosa - anche quando la logica non c'è - siamo portati a pensare alla preoccupazione come qualcosa di normale, addirittura necessario.

Pensiamo che preoccuparsi sia un prepararsi ad ogni eventualità futura, specie se negativa e spiacevole.
Crediamo così di essere molto realistici e organizzati, invece stiamo vivendo ancora una volta troppo lontano dal presente.

Pre-occuparsi, lo dice la parola stessa, significa occuparsi prima.
Ma prima di cosa? E come possiamo occuparci di qualcosa che ancora non esiste?

Eppure, nella nostra follia lucida di umani nevrotici pensiamo sia ovvio!

Foto dell'autrice
Ma se noi ci occupiamo prima di qualcosa che potrebbe succedere - ma anche no - non facciamo altro che scappare dal momento presente e dalla relativa beatitudine che ne deriva per star male occupando spazio mentale. Ci affolliamo la mente di pensieri di cose che ancora non ci sono, organizzando una fuga in un futuro ipotetico.

Anzi, spesso le nostre angosce si trasformano in realtà proprio perché abbiamo dato troppa energia alle nostre paure, e noi creiamo nel mondo fisico ciò che pensiamo.

Quindi, vale davvero la pena di vivere i momenti per come sono, e se qualcosa ci lascia un dubbio o ci porta a provare una certa paura, l'unica cosa veramente saggia da fare è starci dentro.
Vivere quell'emozione fino in fondo. E allora si scioglie e la soluzione viene da sé. Magari scopriamo pure che il nostro problema non era affatto un problema. E se un problema non è tale, la soluzione non serve!


venerdì 18 aprile 2014

La Solennità

Una delle cose che mi ha sempre colpito nelle popolazioni cosiddette aborigene o native è la Solennità.
Non so se avete presente le foto dei nativi americani, ma soprattutto vi ricorderete il loro modo di muoversi e stare seduti anche nei film. 


Nativi americani in una foto di Edward S. Curtis
Quell'ergersi con la schiena dritta, a testa alta, pieni di dignità, quel muoversi con gesti mai inutili, sempre misurati. Quella solennità nell'agire, nel muovere il corpo, nei gesti, è tipica delle popolazioni che hanno ancora dentro di sé un profondo senso di Sacralità.

Loro sanno che ogni cosa è come deve essere, non hanno quell'ansia che divora gli occidentali, e tutti coloro che sono cresciuti nel mondo del profitto e della velocità a tutti i costi.

Noi, con le nostra profonda crisi identitaria e culturale - cioè dimentichi di essere Anima, un Sé che esiste al di là del corpo ed ha uno scopo sulla Terra - andiamo per il mondo a testa basta, impauriti, il corpo contratto, pieni di pensieri ossessivi e domande che ci frullano di continuo in testa senza lasciarci tregua.

Da questi popoli dovremmo reimparare qualcosa che i nostri avi sapevano bene, cioè che l'armonia nasce da dentro, ed è generata
Nativi americani - Foto del XIX secolo
dalla consapevolezza che ognuno ha un proprio Valore inestimabile, una propria dignità incrollabile e la fiducia nella Vita come perfetta in sé stessa.


Non esiste sentirsi piccoli rispetto al mondo perché esso è in noi, non esiste non sentirsi all'altezza di un compito perché tutto ciò che ci viene mandato è perché possiamo affrontarlo. Ogni sfida è fatta apposta per affinare i nostri talenti, mai per sconfiggerci!

Appoggiare l'attenzione sul corpo per riscoprire la solennità insita in ogni movimento è un passo in più verso la Consapevolezza di sé.


giovedì 17 aprile 2014

Carne da macello

La riflessione di oggi nasce da un dialogo avvenuto di recente.
Stavo parlando con un adolescente in piena fase indolente tipica dell'età, quando mi sono accorta di una cosa.

Al di là della mancanza di voglia di studiare e prendersi un diploma - fase in cui siamo passati più o meno tutti da ragazzi - ho notato che sempre più ragazzi giovanissimi paiono non farsi  domande sul proprio futuro né avere un sogno da coltivare.

Di sicuro nella nostra società ipetecnocologica ci sono tantissime distrazioni, forse troppe per chi si deve ancora interrogare su ciò che vuole diventare da grande.
In realtà la sfida è proprio questa! 
Trovare sé stessi nonostante tutto il brusio intorno a noi che ci rapisce, ipnotizza - poiché è stato studiato apposta! - e ci svuota di domande, illudendoci che tutto ciò di cui necessitiamo sia un lavoro, una casa, tv, sesso e cibo.

Quello che ho fatto presente al ragazzo è che se non coltiviamo un sogno, qualcosa per cui impegnarci, qualcosa in cui crediamo davvero, saremo solo carne da macello.
Il sistema non vede l'ora di buttare milioni di persone inconsapevoli dentro il tritacarne della forza lavoro, nell'un-due-tre, nel mangia-dormi-caga.

Se ci accontentiamo di lasciarci vivere senza domande sul perché siamo qui, senza sogni, senza aspirazioni, siamo già morti anche se ancora respiriamo.
Se non volete finire nel tritacarne del sistema come carne da macello, almeno cominciate a coltivare un sogno, aprite gli occhi, ragazzi!
La scelta sta solo a voi.
A VOI.

martedì 15 aprile 2014

Mettersi al servizio

Ognuno di noi nasce con uno o più talenti. A volte non sono prettamente manifesti fin da bambini, dobbiamo svilupparli o perfezionarli.

Ma quel che conta è che non serve solo a noi stessi svilupparli. 
Foto dell'autrice
Una volta che li abbiamo manifestati dando il meglio di noi che ce ne facciamo?
Dobbiamo farne dono alla collettività.
Ciò che di bello abbiamo è fatto per essere donato, condiviso.

Questo è Amore. Amare il mondo come un luogo che necessita del nostro contributo. Se siamo qui è perché dobbiamo esserci. E dare ciò che abbiamo da donare. 
Il dono, cioè il talento, proprio perché è un dono non può rimanere a lungo solo nelle nostre mani. Così come ci è stato dato, noi dobbiamo farne dono al mondo intero.

Questo è essere al servizio.
Che tu sia bravo a creare pasticcini, a insegnare, a vincere la coppa del mondo di sci, a cantare o a vendere prodotti, mettendo a disposizione il tuo talento ti metti al servizio.
Non c'è nulla di più nobile.

lunedì 14 aprile 2014

Senza condizioni

Una delle principali disfunzioni dell'essere umano, in amore, è provare il sentimento a condizione che.

L'amore condizionato è quello che porta le persone a ricattare il proprio partner per paura dell'abbandono, del tradimento, di contrariarlo.
E' quello che fa dire a un partner che non può frequentare quella persona o fare quella cosa perché il soggetto non vuole o ci sta male.

Ma l'Amore, quello vero, si basa sulla fiducia e sulla libertà.
Non si può amare qualcuno solo perché fa ciò che ci aspettiamo.

Foto dell'autrice
L'amore condizionato è quello che crea guai di continuo nella coppia, perché si nutre di gelosia, sospetto, scontentezza, aspettative deluse, insicurezza, senso di possesso e a volte ossessione.

Chi cede al ricatto è debole, e dice sì perché teme di essere abbandonato o comunque disapprovato dal partner.
Ma anche il partner che ricatta è altrettanto debole, perché la paura sta parlando attraverso di lui.

Un cuore che ama, ama. Non può cedere alla paura perché sa che l'amore è a prescindere.

Non esiste abbandono, né distanza, né gelosia. Perché l'Amore vero è qualcosa di così grande che trascende il senso di appartenenza e possesso.
Chi ama davvero, è anche disposto a lasciar andare.
Se il tempo della coppia è finito, per qualsiasi ragione, il cuore che ama continua ad amare anche oltre la coppia. Anche quando l'altro se ne va perché così deve essere.

L'Amore vero non può che essere incondizionato

venerdì 11 aprile 2014

Sport e Risveglio

Chi pratica sport regolarmente ne conosce i benefici più evidenti e immediati: più energia, fisico più tonico e scattante, umore migliore, meno pigrizia, autostima aumentata, e spesso anche difese immunitarie rese più forti.

Ma ci sono almeno altre tre ragioni importanti che dovrebbero spingerci verso la pratica di almeno uno sport.
Una è di origine animica, l'altra ha a che fare con la Presenza e l'ultima con la Responsabilità.

Foto dell'autrice
Lo sport è una scuola importante per l'anima incarnata, perché così impara a gestire al meglio il corpo fisico che si è scelta per questo viaggio terreno, e di conseguenza la materia. 
A volte sfidando i propri limiti - fisici o mentali che siano - ma in generale l'attenzione che dobbiamo poggiare sul corpo per farlo rendere al meglio è un esercizio soprattutto spirituale. 

Poi viene il lavoro sulla Presenza. In ogni sport è necessaria per tenere l'azione sotto controllo e esserci quando viene il momento per scattare. 
In particolare, è fondamentale negli sport di concentrazione come il tiro con l'arco, la scherma, il salto in lungo o in alto, le arti marziali.
Ma è chiaro che anche durante una partita di pallavolo, se un giocatore è distratto da pensieri che nulla hanno a che vedere con la partita nel Qui e Ora, come fa a essere pronto per prendere la palla quando rimbalza verso di lui?
Come fa un portiere di calcio a parare una palla se sta pensando a problemi personali?

Infine, lo sport - e in particolare quello di squadra - insegna a essere sempre responsabili delle proprie azioni perché un errore nostro può essere fatale alla squadra intera riguardo al risultato.
In squadra, si lavora sulla fiducia e la lealtà reciproca, per il bene comune e non solo individuale.
Se commettiamo un errore, dobbiamo essere pronti a pagarne le conseguenze senza puntare il dito fuori.

E questo ultimo punto serve anche negli sport individuali.
Se un lanciatore del peso lancia male, non può certo accusare il
Foto dell'autrice 
peso di essere responsabile del suo errore, o peggio, accusare il pubblico allo stadio di averlo distratto!

Se faccio un punto basso tirando con l'arco, non è la freccia che è andata dove voleva, di sicuro ho commesso io un errore che l'ha indirizzata lontano dal centro del bersaglio.

Quindi, invece di sbuffare pensando che fare sport è palloso perché viene considerato solo come un modo dinamico per perdere peso, o peggio, un modo troppo poco intellettuale per passare il tempo, cominciate a domandarvi se invece non sia un'occasione meravigliosa per scoprire voi stessi e gestire al meglio la vostra stupenda macchina biologica. 


giovedì 10 aprile 2014

Gli altri sono noi

Una delle illusioni più grandi che viviamo è vedere le persone come totalmente al di fuori di noi, come se non ci fosse tra noi e loro nessun legame.

Eppure, la Legge dello Specchio dice chiaramente che tutto, ma proprio tutto ciò che ruota intorno a noi, cose, persone, eventi, ce lo siamo creati - volenti o nolenti. 
Tutto ciò che proviamo verso qualcosa o qualcuno è per forza qualcosa di nostro, se no non potremmo provarlo.

Foto dell'autrice
Un esercizio semplice ed efficace per capire questo concetto, e smettere di vedere gli altri come fuori di noi, è fare due elenchi:
uno in cui scriviamo le tre ragioni per cui ci piacciono tre persone, e per ognuna le tre caratteristiche che più ammiriamo in loro;
il secondo sarà un elenco delle tre persone che più ci stanno antipatiche e dovremo scrivere per ognuna le tre ragioni per cui le troviamo detestabili.

Ebbene, quelle caratteristiche sono anche nostre. Magari non le vediamo perché non ne siamo coscienti, perché non ci siamo osservati abbastanza. Oppure sono qualità ancora non sviluppate ma che abbiamo dentro di noi in potenziale.

Se ammiro una persona perché ha una luce calda che emana dagli occhi, un misto di bontà, profonda umanità e dolcezza, quella cosa la vedo perché ce l'ho anch'io!
Infatti quando ci innamoriamo di qualcuno, proiettiamo sulla persona amata qualità che crediamo di vedere solo in lui/lei e per questo lo vogliamo accanto. In realtà è uno specchio. Riflette ciò che di noi non riusciamo a vedere.

E qui viene il bello! Perché è vero anche il contrario.
Cioè, se detestiamo una persona perché secondo noi è disonesta, dovremmo chiederci obiettivamente in cosa noi siamo disonesti.
Il che non significa necessariamente che se quella persona è disonesta a livello finanziario lo siamo pure noi, ma in che cosa o con chi siamo o siamo stati disonesti noi nella nostra vita? 

Foto dell'autrice
Anche aver mentito a qualcuno che ci stava a cuore può aver radicato in noi un inconscio senso di colpa che ci ha fatto giudicare noi stessi come disonesti. A quel punto, ogni disonesto che vediamo ci dà fastidio. Perché è il nostro specchio impietoso.

E' importante fare questo esercizio perché ci fa capire una volta per tutte che se tutto è creato da me, il mondo non è là fuori. E se il mondo non è là fuori, allora non ha alcun potere su di me.

Quindi, d'ora in avanti, se non troviamo ciò che stiamo cercando nella vita, è dentro che dobbiamo guardarci per capire perché ancora quella cosa non la abbiamo trovata.
Qualsiasi problema: conflitti, incomunicabilità, senso di disperazione, penuria, crisi, non è MAI dovuta alle condizioni esterne.

martedì 8 aprile 2014

Mantenere il lato femminile

Tra i due sessi, quello naturalmente più sfaccettato è sempre stato il sesso femminile, per molte ragioni storiche e sociali.
Da sempre la donna ha cresciuto la prole, si è occupata dei malati, spesso anche dei morti, ha lavorato nei campi o nell'allevamento del bestiame, ha difeso i propri figli nel pericolo.

Insomma, per farla breve il nostro simbolo potrebbe essere il cucchiaio e la spada!

Diana - Dipinto di anonimo fiorentino
Nella società contemporanea, il sentirsi in dovere delle donne di farsi valere nei campi lavorativi di solito maschili - per ragioni comunque condivisibili - ci ha portate a dimenticare un po' della nostra energia femminile di accoglienza, di pazienza, di antica saggezza tramandata di madre in figlia, per scimmiottare l'uomo nel suo mondo competitivo e arrivista.

Invece di inglobare tutte le nostre caratteristiche, abbiamo messo da parte quelle più spiccatamente femminili perché considerate - erroneamente - indice di debolezza (come il pianto) o inutili (la compassione e… l'abilità in cucina!).

Arcieri dell'antica Grecia
Quando si parla di Guerriere di Luce bisogna stare attente a non incarnare solo il lato combattivo, coraggioso, il gusto per la sfida, ma continuare a tenere aperto il Cuore nell'accoglienza, nella compassione.

Insomma, freccia incoccata e amore per l'avversario. 
Indipendenza sì, ma con l'apertura dell'accoglienza.
Determinazione, ma anche profonda empatia per il prossimo.

giovedì 3 aprile 2014

Parlare con gli occhi

Con le nostre personalità compulsive, non è facile prendersi il tempo per vedere chi abbiamo davanti con gli occhi dell'anima.
Soprattutto, non è facile mantenere la bocca chiusa per permettere al nostro interlocutore di mettersi in connessione profonda con noi.

La nostra tendenza di animali parlanti è di dar fiato alla bocca sempre, anche quando un po' di silenzio non guasterebbe, perché il restare in silenzio se abbiamo qualcuno davanti, o accanto, ci fa quasi paura.

Ma cosa parla - e meglio - della bocca?
Gli occhi.

I nostri occhi dicono anche ciò che vorremmo nascondere.


Autoritratto dell'autrice
Allora un bell'esercizio da sperimentare sarebbe cercare il contatto visivo con le persone, e riuscire a mantenerlo il più a lungo possibile, senza parlare. 
Provare a far emergere ciò che vorremmo dire con la sola espressione degli occhi.

E poi, dialogando, continuare a sostenere quello sguardo che abbiamo dinanzi a noi senza per forza intervenire a ribattere, senza buttarsi a pesce nel discorso dimenticando che non siamo noi che ci stiamo perdendo nel discorso, ma i nostri corpi emotivi/mentali.

Il ricordo di sé passa anche da lì, dal riuscire a dire senza dire, facendo parlare il nostro specchio dell'anima.

martedì 1 aprile 2014

L'Eclissi Totale del Cuore

Tanti anni fa c'era una canzone famosa che si intitolava Total eclipse of the heart, di Bonnie Tyler. 
Nel testo lei si dice brancolante nel buio perché ha bisogno del suo uomo, stanca di sentire il rumore delle proprie lacrime, sola e terrorizzata. Crede che solo l'abbraccio dell'amato la potrà salvare dalla disperazione.

Questo è il cosiddetto innamoramento di pancia. 
Foto dell'autrice
Un'illusione d'amore pieno di paura, senso di solitudine e tristezza. Paura di perdere l'oggetto del proprio amore, paura di soffrire, di non farcela da soli. 

Mentre nella canzone l'eclissi totale del cuore è riferito al sentimento di disperazione della donna che ha bisogno del suo uomo, in realtà lo è per la ragione opposta.

Cioè: il suo eclissi totale del cuore ha fatto sì che lei creda di essere una creatura bisognosa di baci e abbracci e della presenza di qualcuno che la faccia sentire amata.
Insomma, l'eclissi del cuore è la causa, non la conseguenza!

E questo vale non solo nell'ambito sentimentale, ma in tutte le relazioni della vita, siano di amicizia, parentali o altro.

Se non hai il Cuore aperto all'altro, se agisci in base ai bisogni, alla convenienza, creerai sempre conflitti nelle relazioni in generale.
Perché agirai in base a un calcolo o a una reazione a un sentimento illusorio, o per compensazione, che sono l'opposto dell'Amore incondizionato.

E' facile amare chi ci sta simpatico e ci aiuta, chi ci fa del bene o ci fa ridere.
Ma amare chi ci sta antipatico?

Foto dell'autrice
Il Cuore aperto vede la Bellezza in ogni cosa, in ogni creatura, e sa che il conflitto nasce dal senso di separazione, dal non saper vedere che ciò che arriva dalla vita è sempre il meglio. Perché ogni situazione è una lezione che possiamo apprendere.
Il conflitto nasce dalla chiusura, dalla paura, dal ritrarsi.

Siamo un po' tutti - chi più, chi meno - malati di Eclissi Totale del Cuore.
Ammetterlo è il primo passo verso la scoperta dell'Amore incondizionato.