lunedì 16 dicembre 2013

A proprio agio con noi stessi

Oggi vorrei proporre una breve riflessione che nasce da alcune parole di Eckhart Tolle. 

Nel libro Il Potere di Adesso (Armenia ed.) accenna al fatto che il rumore di fondo della nostra mente e dei nostri pensieri non ci permettano praticamente mai di sentirci a proprio agio con noi stessi.
Questa semplice definizione, a proprio agio con noi stessi, ci dà la misura del fatto che, in effetti, tutte le nostre elaborazioni mentali, i filtri, le memorie, i giudizi, ci impediscono di sentirci a nostro agio non solo con le situazioni esterne. Ma più in profondità dentro di noi.

A pensarci bene, è drammatico!


Autoritratto dell'autrice
In un altro punto del libro, Tolle scrive che spesso ci illudiamo che la soluzione ai nostri problemi di disagio sia imparare ad avere un buon rapporto con noi stessi.
Ma avete davvero bisogno di avere un rapporto con voi stessi? Perché non potete semplicemente essere voi stessi?, scrive.

E qui entra in gioco l'illusione della dualità. Avere un rapporto con noi stessi equivale ad ammettere che ci sentiamo spaccati in due: Io e Me Stesso.
Nello stato di illuminazione, continua l'autore, voi siete voi stessi: voi e voi stessi siete fusi in uno.
Non vi è più un "sé " che dovete proteggere, difendere o alimentare.

venerdì 13 dicembre 2013

Che cos'è l'Eusentimento?

L'Eusentimento è un termine coniato da Frank Kinslow. 
Esso è la prima manifestazione di pienezza dell'Universo, dalla quale scaturisce tutto ciò che esiste, compresa la materia.

Per usare un sinonimo comprensibile a tutti: è l'amore divino che tutto crea.

Foto dell'autrice
Forse Frank Kinslow ha preferito non usare il termine amore per non confonderlo con l'amore fisico, passionale e possessivo, o con l'apprezzamento, che è una forma di amore più superficiale.

Infatti, l'Eusentimento non è un sentimento come gli altri. 
E' qualcosa di più, che li trascende. Perché i comuni sentimenti hanno anche un contrario: amore-odio, pienezza-mancanza, felicità-infelicità, ecc.
Inoltre, esistono sentimenti condizionati: gelosia, rabbia, paura, eccitazione, ecc., perché nascono da condizioni particolari.

L'Eusentimento è incondizionato, immutabile e immune da restrizioni, contraddizioni, condizioni esterne.

In realtà, secondo Kinslow la nostra mente agogna conoscere l'Eusentimento perché esso la calma, la fa tacere. 
L'Eusentimento è quella sensazione che in qualsiasi condizione di vita, anche la più terribile e drammatica, dentro di noi, in un angolino nascosto, ci sia una madre amorevole disposta ad abbracciarci e a dirci che va tutto bene, che non c'è paura né reale minaccia.

In effetti, noi siamo questo Eusentimento perché esso non è altro che il Sé.  E la condizione naturale del Sé è gioia, pace e amore incondizionato e illimitato.

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Come fare, allora, a provare l'Eusentimento?

Tutte le volte che riusciamo a far tacere la mente e a stare dentro noi stessi, in tranquilla osservazione, senza giudizio, per esempio quando si fa meditazione, ecco che ad un certo punto si sente una gioia e una leggerezza invaderci, un qualcosa di così vasto che quasi ci fa male il cuore, perché sentiamo di non poterlo contenere tutto nella nostra limitatezza materiale.

Quella sensazione di infinito amore e libertà ci pervade, e sentiamo a un tratto di non avere più un corpo ma solo consapevolezza pura. 
Ecco. Quello è l'Eusentimento.

Con un po' di pratica, si può portare questo stato dell'essere nelle nostre attività quotidiane.
Diventeremo persone risvegliate in contatto continuo con il Sé.
Diventeremo amore divino.



mercoledì 11 dicembre 2013

Quando la vita si resetta

E' capitato a tutti almeno una volta nella vita di accorgersi di aver fallito i propri obiettivi. Di veder crollare tutte le aspettative dopo aver lavorato sodo per realizzare un sogno.

E poi, capitano quei periodi in cui tutto pare andare storto: si rompe l'auto, arrivano spese improvvise, ci ammaliamo, muore una persona cara, e tutto pare andare di male in peggio.

Ma a volte ho avuto la sensazione che questa ondata di quella che normalmente le persone non sveglie chiamerebbero sfiga, e mancare gli obiettivi che ci eravamo impegnati a raggiungere, sia come un'epurazione che la vita ci porta.

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Nel momento in cui tutto ciò per cui abbiamo lottato duramente collassa nel fallimento, sia a livello esteriore - per esempio lavorativo e sentimentale - sia interiore - quando ci accorgiamo che le tecniche di risveglio che abbiamo a lungo applicato alla nostra vita non hanno funzionato come speravamo - ecco che appare una terza via.

La resa. 

Cioè, smettendo di cercare di cambiare a tutti i costi ciò che a noi non piace nella nostra vita, creando fatica e una forma di resistenza, ecco che si finisce di arrivare proprio al nodo del problema. Non avevamo ancora capito cosa significhi davvero arrendersi. Abbandonarsi a ciò che è.

Fallire su tutti i piani può essere uno dei migliori modi per svegliarsi. E' una tromba di Gerico che suona per far crollare l'illusione che nella lotta verso qualche obiettivo ci sia alla fine una ricompensa. Che saremo più felici quando avremo quella cosa.

Frank Kislow dice una cosa interessante: ci si sveglia non grazie alla lotta per ottenere risultati, ma nonostante la lotta.

Quando ti arrendi alla realtà per ciò che è, trasmuti il dolore in pace. Solo da quella pace può arrivare il vero risveglio.
Perché non c'era nulla di sbagliato, nulla da correggere. Solo da essere vissuto. 

La vita a volte si resetta come un computer per ripartire da zero, con un'energia e una consapevolezza del tutto nuova.

venerdì 6 dicembre 2013

La vera accettazione

Chi è sulla strada del Risveglio sente parlare o legge spesso di accettazione. 
E in molti trovano difficoltoso arrivare alla piena accettazione di una situazione o di un evento.
In effetti, penso personalmente che non ci sia nulla di più difficile.

Che cos'è l'accettazione?
Secondo Eckhart Tolle, che ne parla ampiamente nei suoi libri, è quando si riesce a non creare più negatività da ciò che prima ci faceva stare male.
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Anche l'abbandono ha la stessa capacità di sciogliere i nodi di dolore.

Ma mentre praticando l'abbandono si lascia andare, si torna a fluire, nell'accettazione c'è la piena consapevolezza di un dato fatto come qualcosa che esistendo, non si può negare. Più lo si nega e più ci fa male, in quanto facendo resistenza opponiamo a esso emozioni negative che ci logorano e ci rendono infelici.

L'accettazione non deve diventare un'etichetta che equivale a rassegnazione. Rassegnarsi è indulgere nella propria prigione.
Accettare è prendere atto che una cosa è così com'è, e accogliendo essa per ciò che è, amandola come qualcosa che è comunque parte di noi e della nostra vita, ecco che possiamo trasformarla. 
Con amore e consapevolezza.

E' un esercizio molto difficile che davvero ci mette di fronte alle nostre più strenue resistenze. Magari ci vorrà una vita intera per imparare la vera accettazione. Ma ne sarà valsa la pena.

giovedì 5 dicembre 2013

L'esercizio delle porte

Un esercizio che viene consigliato per renderci conto di quante cose facciamo in modo automatico, pensando ad altro e quindi non in presenza, è quello che viene chiamato delle porte.


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Salvatore Brizzi e tutti gli insegnanti nei corsi di risveglio da lui ispirati lo propongono ai propri allievi. 
Essere consapevoli e presenti ogni volta che si passa sotto a una porta, sia in casa che fuori - naturalmente - e valgono pure le portiere dell'auto.

In realtà, lo scopo dell'esercizio non è solo capire quanto tempo al giorno passiamo a compiere gesti automatici senza badare a ciò che fa la macchina biologica - ovvero il nostro corpo. Ma è anche utile per comprendere quanto sforzo ci mettiamo per individuare i momenti in cui passiamo sotto a una porta.

Non è una gara a chi ne prende di più, ma a quanto impegno ci costa. E' meglio scoprire che su 100 ne abbiamo prese 2 ma eravamo proprio lì, a esserci, dal momento in cui abbiamo pensato Sto passando sotto a una porta a quando lo abbiamo fatto. 
Spesso capita, ahimè, che in quella frazione di tempo perdiamo l'intento. Provare per credere.

Quante cose facciamo in automatico? A tutti sarà capitato di
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guidare e perdersi intere porzioni del viaggio e arrivare a destinazione stupiti. Dove eravamo nel frattempo? Nella mente.

E chi guidava l'auto? Il nostro corpo. Non è agghiacciante? 
Qualcuno stava guidando al posto nostro!

Allora, cominciare a essere presenti facendo piccoli gesti quotidiani disabitua pian piano la macchina biologica a fare le cose al posto nostro. E finalmente, la nostra vita la vivremo davvero. Saremo noi a fare le cose. Non qualcun altro.

mercoledì 4 dicembre 2013

La pubblicità e il bisogno di approvazione

Uno dei modi per vedere quanto il nostro bisogno di approvazione sia inconsapevole oppure dato per scontato, è osservare con attenzione e obiettività la pubblicità.

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Nei messaggi che vengono passati, l'importanza data all'opinione altrui è fondamentale. 
Un reggiseno imbottito farà sbavare gli uomini, che ti considereranno irresistibile, una mutanda modellante per fianchi e pancia farà schiattare le tue amiche d'invidia.

Qualcuno penserà: ma l'invidia è un sentimento negativo.
Ma se qualcuno prova invidia per qualcosa, è perché questa cosa è considerata meglio di ciò che la persona invidiosa possiede. 
Quindi, implicitamente è una forma di approvazione.

Una pubblicità di un deodorante, vertirà sulla tua paura di puzzare, di creare imbarazzo negli altri e quindi sul tuo bisogno di essere approvato/a anche per il tuo odore.

Se bevi una particolare bevanda, sei un fico, e tutti ti adoreranno, e ti inviteranno ai party! Ti faranno sentire importante!
Se scaldi nel microonde una pietanza surgelata reclamizzata, i tuoi figli penseranno che sei una cuoca meravigliosa.

E così via, ce ne sono a migliaia.

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Quando impari a vedere quante cose diamo per scontate, se sei un minimo sveglia/o capisci che dare retta a queste necessità egioche è il gioco migliore per tenerti nell'addormentamento continuo.

Come fa notare il buon vecchio Eckhart Tolle, la pubblicità crea necessità che non esistono promettendo paradisi artificiali e altrettanto effimeri perché solo inseguendo l'illusione della felicità si vendono prodotti.
Un mondo pieno di gente soddisfatta di sé, completamente integrata con il proprio Sé superiore, che bisogno ha di consumare prodotti superflui?

martedì 3 dicembre 2013

Le etichette

Nell'articolo di ieri ho accennato alla nostra tendenza ad etichettarci in base al nostro vissuto.
Considerarci in un certo modo denota il fatto che pensiamo di essere quella cosa lì senza possibilità di scampo. E' una gabbia autoimposta.

Se soltanto fossimo capaci di dirci che oggi ci sentiamo pigri, non che siamo pigri in generale, o che abbiamo commesso qualche sbaglio come tutti e non che tutto ciò che facciamo è un disastro, la nostra vita cambierebbe. In meglio.

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Invece, abbiamo sempre scuse pronte, tipo: sono fatto così, sono sempre stato così, non posso farci nulla, è nella mia natura. A volte anche tutte insieme… Come scrive Wayne Dyer nel libro Le vostre zone erronee.

Queste scuse sono un'etichetta che ci stiamo mettendo da soli per non fare lo sforzo di uscire dai nostri schemi. 
Generalizziamo perché la mente ha bisogno di classificare tutto nell'illusione di comprendere meglio. 

Ma ci tengo a precisare: questo desiderio di migliorarci deve nascere da noi. MAI permettere a qualcuno, tipo il proprio fidanzato o marito, di dirci che dobbiamo cambiare. 
Quando sono gli altri a dirlo, è molto probabile che ci stiano implicitamente dicendo che non ci accettano per ciò che siamo ma vogliono trasformarci nel loro ideale, nella loro proiezione.

La voglia, lo sforzo di migliorarci uscendo dalla etichette autoimposte deve nascere solo da noi. 
Se poniamo attenzione ai nostri pensieri e alle cose che diciamo di noi, possiamo avere un'idea abbastanza corretta fin da subito di quelli etichette ci siamo messi addosso.

A volte ci piace giocarci, ci compiaciamo di recitare sempre la parte della svampita, del tombeur de femme, del coraggioso che ama il rischio, della sapientona, e così via.

Se soltanto avessimo la capacità di considerarlo come un gioco momentaneo, entrando e uscendo dalla parte come attori navigati, sarebbe divertente, un bell'esempio di libertà dagli schemi.
Ma il problema è che la maggior parte dell'umanità è intrappolata nei suoi schemi e passa il tempo ad autocommiserarsi per un ruolo che si è creata da sola. Insomma, finisce per essere insieme vittima  carnefice di se stessa.
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Oppure se ne compiace, vittima del proprio ego ipertrofico, e non immagina nemmeno che potrebbe recitare un altro ruolo, se solo volesse.

Come possiamo comprenderci e accettarci davvero se ci limitiamo dentro a un'etichetta?
E se non ci riusciamo, continuiamo a farci del male in modo inconsapevole.

Perché?
Perché siamo fatti così, siamo sempre stati così, non possiamo mica cambiare...



lunedì 2 dicembre 2013

Innamorati del proprio dramma di vita

Come fa notare Eckhart Tolle nel libro Il Potere di Adesso, tutti noi siamo più o meno innamorati del nostro dramma di vita.
Ovvero, ci compiaciamo - anche se magari solo a livello inconscio - delle nostre disgrazie, dei dolori, dei fallimenti, degli attaccamenti e così via.

Proprio perché ci identifichiamo nella situazione di vita che stiamo vivendo scambiandola per la vita in generale, ci piace etichettarci in un certo modo. Forse perché così ci hanno etichettati fin da bambini, per esempio il timidone o l'inconcludente, o forse a causa di etichette autoimposte durante situazioni che abbiamo vissuto in passato e che ci hanno segnato, o ancora perché certi schemi di comportamento finiamo per ripeterli più volte.

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Allora ecco che emerge quel certo senso di compiacimento per le nostre disfunzioni, perché crediamo di essere fatti così, e che certamente la nostra vita sarà sempre così.

C'è una parte infantile latente in noi che ama farsi leccare le ferite, o leccarsele da solo piagnucolando. 
Ma la vita non è una mamma.
Non è lì pronta ad accorrere per accarezzarci amorevolmente. 
La vita ci sta invece dicendo che attraiamo ciò che pensiamo.
E se pensiamo di essere dei falliti, degli incapaci, o degli sfigati, rischiamo che questo diventi davvero il nostro destino.

Tolle ci richiama all'ordine suggerendoci che se soltanto comprendessimo anche solo un pochino di essere innamorati del nostro dramma di vita, smetteremmo di inscenarlo. Subito.
La consapevolezza del nostro compiacimento così deleterio lo scioglierebbe come neve al sole. 
Poiché solo un masochista o un folle continuerebbe a inscenare un falso dramma. 

venerdì 29 novembre 2013

Che cosa state difendendo?

L'ego crea un'immagine di noi basata sulle nostre credenze e paure. Noi crediamo di essere ciò che siamo per via di esse.
Ogni convinzione, speranza, desiderio, quindi, fa i conti con ciò che crediamo di essere. 

Ogni volta che ci sentiamo in qualche modo attaccati, minacciati da opinioni, azioni, fatti o timori, dovremmo chiederci: Che cosa sto difendendo?
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Questo è molto importante perché ci permette di fare un passo indietro e, invece di reagire, osservare cosa accade dentro di noi. Cercare di individuare l'essenza del problema. Sentire la falsità delle nostre preoccupazioni, l'inesistenza delle minacce.

Le nostre opinioni non sono noi. Le critiche che riceviamo non sono armi letali. Quindi, cosa abbiamo paura di perdere?

Abbiamo paura di perdere le nostre convinzioni perché significa smontare tutto il nostro mondo. Abbandonare, tralasciare tutto ciò che è illusorio, e alla nostra mente piace tanto creare e sguazzare nei drammi! Il dramma la fa sentire importante.

Il senso di difesa si basa sulla paura della morte, vera o metaforica che sia.  
Cosa stiamo difendendo? Un'identità fittizia, un'etichetta che ci siamo appioppati da soli o che abbiamo accettato da altri come vera.

Le nostre idee ci piacciono a tal punto che lasciarle andare, anche se ci farebbe stare meglio, ci pare impensabile. Significa per noi rinunciare a sogni e speranze, ma anche al dramma che ci fa sentire tutti un po' Calimero bisognoso di compatirsi e di farsi compatire.

Allora ci arrocchiamo nella nostra torre sentendoci continuamente minacciati da un sacco di cose, al punto da irrigidirci e perderci. 
Continuando a stare sulla difesa, a negare ciò che è, perdiamo il nostro Essere.

Quindi, attenzione ad ogni sintomo di difesa. Osservatelo, accettatelo, e sparirà.

giovedì 28 novembre 2013

Il bisogno di approvazione

Se pensate di essere liberi di decidere della vostra vita e dei vostri comportamenti, è probabile che vi sbagliate.
Fin da bambini, prima in famiglia e a scuola, e poi nelle amicizie, siamo stati condizionati a ricevere o meno approvazione.
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Al bambino e allo studente viene detto come devono comportarsi e cosa pensare, cose è bene e cosa è male, cosa rende felici genitori e insegnanti e cosa risulta disdicevole.

Nonostante gli anni della ribellione giovanile - in cui comunque si diventa parte di un gruppo mettendo in moto gli stessi meccanismi  - il bisogno di approvazione rimane latente e inconsapevole. E ci condiziona.

I social network oggi amplificano a dismisura questo bisogno, e tutti lì a rallegrarsi se qualcuno ha messo un MI PIACE su un post o una foto e a rimanerci male se nessuno ha commentato.

Ma in sostanza, il desiderio di approvazione non solo genera ansia e frustrazione, ma ci rende fasulli. Perché elemosinare attenzione e approvazione modifica i nostri veri pensieri e sentimenti, e pure il comportamento. Non siamo noi, ma una maschera di noi che cerca di sentirsi approvato.

Molte persone sono disposte a rinunciare subito ad un'opinione nel momento in cui vengono contraddetti o ricevono disapprovazione.

Come fa notare Wayne Dyer, ciò significa dare più importanza
Foto dell'autrice
alle opinioni e ai gusti altrui che ai propri. 

Significa abdicare al proprio sentire in nome di qualcosa di effimero come l'apprezzamento da parte degli altri.

Ci è stato insegnato fin da bambini a non fidarci di noi stessi, del nostro istinto. Ma se da piccoli poteva avere un senso, non avendo ancora imparato tutte le sfumature del mondo e i suoi eventuali pericoli, ora che siamo adulti siamo ancora quel bambino insicuro che chiede continuamente l'opinione e l'approvazione dell'adulto perché lo considera colui che sa.

Ora, colui che sa, è il nostro Sé. Non c'è più bisogno di cercare l'approvazione.
Tanto non potremo mai piacere a tutti. 
Ma soprattutto, smettere di andare in ansia per ottenere l'approvazione o di deprimersi per le critiche ricevute dà un senso di libertà che vi sgancia per sempre da questo circolo vizioso.

mercoledì 27 novembre 2013

I messaggi fuorvianti delle canzoni

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Alzi la mano chi non ha mai ascoltato una canzone d'amore, o non  l'ha canticchiata. 
Ci sono canzoni che ci rimangono dentro per ore e giorni, altre ci ricordano un particolare periodo felice, o un momento doloroso, ci sono canzoni che amiamo da anni o decenni. Ci emozionano, le sentiamo nostre perché rispecchiano i nostri sentimenti.

Ma avete mai provato ad ascoltare bene il testo di una tipica canzone d'amore?

Mi fai sentire amata/speciale/importante;
Senza di te non vivo più/morirò;
Sei la mia vita;
Sei la cosa più importante per me/del mondo;
Da quando ci sei tu sono felice;
Mi hai spezzato il cuore/fatta a pezzi/distrutto;
Non esisto senza te;
Non lasciarmi/non andare via;
Ho bisogno di te;
Ti prego/ti supplico…

… e via dicendo.

Vi pare normale? 
Una persona risvegliata capirebbe immediatamente l'assurdità di testi del genere.
Per la gente non sveglia sono un pericolo.
Perché si sottolinea il concetto fin troppo radicato che noi esistiamo, ci sentiamo vivi e amati solo se qualcuno ci fa sentire così.

ORRORE!
Stiamo dando il potere a qualcun altro di renderci felici oppure no.
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Gli permettiamo di stracciarci il cuore, farci a pezzi, e ancora ne cantiamo le lodi!
Siamo noi i pazzi. Noi stiamo dicendo al mondo che non abbiamo il nostro potere in noi. Possiamo solo contare sul potere che affidiamo a qualcun altro.
E così si comprende perché quasi tutti là fuori vivono nel terrore. Nel terrore di venire traditi, scaricati, rifiutati.

Le canzoni sono un veicolo di cultura e di sentimenti. Finché non cambiamo atteggiamento verso la vita e in amore, e continuiamo a riempirci le orecchie e il cervello di questi messaggi, non riusciremo mai ad essere padroni di noi stessi e dei nostri sentimenti.



martedì 26 novembre 2013

Essere consci del proprio valore

Ogni volta che permettiamo che qualcuno ci sminuisca, stiamo dicendo a noi stessi che ce lo meritiamo perché quell'opinione su di noi è vera. Ma anche reagire d'impulso perché ci sentiamo feriti è l'altra faccia della stessa medaglia.
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Qualche anno fa, stavo giocando con mia figlia alle macchinine, quando lei, mostrandomi i vari modelli, disse: Ecco, la Ferrari sono io, la Porsche la mia migliore amica, e questo sei tu.
Mi stava indicando un camioncino anni '20.

Io le dissi: Perché dovrei essere un vecchio camioncino, io mi sento una Porsche! Tieniti pure la Ferrari per te, ma ricordati che io sono una Porsche!

Perfettamente conscia del gioco di identificazioni, infatti si stava giocando, volevo farle capire una cosa. 
Che nessuno può farci sentire meno di ciò che sentiamo di essere.
Se permettiamo a quel qualcuno di farci sentire un ferro vecchio, è perché inconsciamente pensiamo di non valere abbastanza.

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Tutti noi siamo splendide creature, magari un po' ammaccate dalla vita, ma tutti abbiamo il nostro valore inestimabile.
Finché non ci diamo da soli quel valore, non riusciremo a uscire dal tunnel della paura del giudizio e della non accettazione da parte degli altri.
Ma chi sono gli altri?
Non c'è nessuno là fuori.
Noi creiamo il nostro mondo.

Allora cominciate a far rombare i motori, splendide Ferrari e Porsche!


lunedì 25 novembre 2013

Il timore della perdita

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C'è una grande verità che alla maggior parte della gente sfugge: chi più teme la morte teme anche la vita.
Ponendosi al riparo da certe situazioni considerate minacciose, dalla perdita delle persone e delle cose, si rischia di non vivere.

La misura della nostra paura è nella lacerazione che proviamo quando dobbiamo rinunciare a un'idea, a un oggetto cui siamo affezionati o ci pare indispensabile, a una relazione. 

Così, irrigiditi sulle nostre posizioni nel timore di perderle, ci congeliamo e cristallizziamo anche la nostra energia.
Questo ci impedisce di far spazio al nuovo.

Dobbiamo accettare una volta per tutte che nulla è permanente.
Uno dei concetti fondanti del buddismo è l'impermanenza.
Quando lasci che le cose vadano e vengano nella tua vita, perché nulla è per sempre, e perché tanto non puoi avere il controllo su tutto, allora ti rilassi e la vita comincia a cambiare.

Per lasciar andare dobbiamo avere il coraggio di immaginare di perdere tutto, anche le persone più care. Possiamo perdere i genitori, i figli, gli amori, le amicizie, i soldi, il lavoro, la casa.
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Ma se ci siamo stati fino in fondo, con loro, se ce li siamo goduti come un dono, comprendendo il loro valore, allora possiamo accettare il fatto che non saranno per sempre con noi.

Tutto cambia. La vita fluisce.
Sta a noi decidere se fluire con essa, goderci il viaggio, e aprirci con fiducia al nuovo, oppure fare resistenza e star male per la maggior parte del tempo.

Nulla si perde davvero, in fondo, resta tutto dentro di noi, se lo abbiamo amato e onorato come meritava.



venerdì 22 novembre 2013

Come capire le vostre resistenze in un minuto

Spesso, nell'ambito del risveglio spirituale si parla di resistenze.
Che cosa sono?
Convinzioni limitanti che ci siamo imposti inconsciamente, paure, ricordi che riaffiorano portando un'emozione che ci blocca o ci fa reagire in modo automatico e sempre uguale alle cose, le piccole e grandi negatività che a volte ci colgono.
Anche il dolore emozionale è una forma di resistenza.

Ma resistenza a cosa?
Al presente, alla realtà delle cose, alla vita.

Spesso la gente si chiede, Ok, ho capito cosa sono ma io come faccio a sapere quali resistenze ho nella mia vita?

Semplice.
Fate un veloce bilancio, anche solo con il pensiero, di tutto ciò che avete realizzato e ciò che invece non avete realizzato.
Che progetti avevate da ragazzi? Quali sogni?
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Si sono realizzati? Se no, se vi siete persi i vostri sogni per strada, o se ancora state lottando per realizzarvi in quella cosa che tanto amate fare, allora quello è un ottimo indicatore delle vostre resistenze inconsce.

Come state dal punto di vista finanziario? Galleggiate a stento nel terrore di annegare nei debiti o siete ben solidi nel vostro patrimonio? Riuscite a far soldi facilmente o è sempre una dura fatica racimolarli per arrivare alla fine del mese?
Cosa davvero pensate del denaro?

E, ah, l'amore!
Come va? Siete sempre in coppia ma insoddisfatti o litigiosi, o siete a vostro agio in una relazione d'amore che funziona bene?
Siete single da una vita e vorreste compagno/una compagna?
Siete convinti che nessuno al mondo faccia al caso vostro? Pensate di non meritare amore? Di non essere abbastanza attraenti? Temete l'abbandono, il tradimento, la mancanza di libertà? Avete paura di perdere il controllo e di soffrire? Credete che il Grande Amore non esista, che sia un'illusione infantile?

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Non c'è bisogno di una chiaroveggente con la palla di cristallo per dirvi cosa non funziona nella vostra vita.
Basta essere sinceri con sé stessi e aprire gli occhi.

Se non li aprite, state sicuri che la vostra vita sarà sempre uguale, se non peggio. Con le vostre resistenze create il vostro destino. 

Sappiate che il 95% circa delle nostre credenze sono inconsce, ed è con quelle che creiamo la nostra realtà.
Ma se ne vediamo i risultati, allora sappiamo anche che possiamo lavorare su noi stessi per cambiarle.

Allora, coraggio, aprite gli occhi e fate un bilancio.

giovedì 21 novembre 2013

La camminata spaziale

Sappiamo tutti che camminare fa bene, non solo al fisico, ma rinvigorisce anche lo spirito.
Frank Kinslow propone di applicare le tecniche del silenzio interiore alla camminata con un semplice suggerimento.
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Invece di guardare gli oggetti e il paesaggio intorno a voi, ponete  l'attenzione sullo spazio tra gli oggetti. 
Lo spazio è ovunque, ma noi non lo notiamo mai.

Quando cominciamo a notarlo, la mente rallenta, il corpo si rilassa, il cuore si espande.
Questo perché, nonostante lo spazio non sia vuoto (contiene ossigeno, onde radio, particelle d'acqua, polline e molto altro) alla nostra mente esso appare come tale.
E l'anima sente il richiamo verso la casa madre, il Nulla da cui ogni cosa è creata.

Tutto ciò è armonia delle sfere come scrive Kinslow. La nostra camminata è in sintonia con l'universo intero. Stiamo creando una sinfonia.

L'unico piccolo sforzo che occorre, nella camminata spaziale, è non identificare lo spazio come faremmo con gli oggetti che gli stanno  intorno. Osservando questo spazio con la mente serena e silenziosa sentiremo affiorare una beatitudine, un amore profondo che nasce dal cuore.

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E' per questo motivo che la camminata spaziale permette di praticare meglio il silenzio della mente. Perché quello spazio che osservi tra le cose rappresenta anche i momenti di silenzio in cui riesci a far tacere il chiacchiericcio dei pensieri.

Un altro piccolo gradino verso la consapevolezza.

mercoledì 20 novembre 2013

Il terrore di amare

Tutti cercano l'amore, lo sognano, anche se magari non sono disposti ad ammetterlo nemmeno con sé stessi.
Ma che cos'è davvero l'amore? 

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I Maestri ci insegnano che l'amore nasce dove c'è conoscenza.
Cioè, solo quando riusciamo a vedere una persona per ciò che è realmente, e ad accettarla così com'è. 
Solo quando riusciamo a non proiettare nulla di noi sull'altro, a non avere illusioni che filtrano la realtà in base a ciò che siamo o vorremmo essere.

Se non siamo capaci di questo, ecco che l'altro rimane un oggetto di desiderio che non è reale. Non è vero amore. Amiamo l'idea della persona, non essa.

E' per questo che la maggior parte di noi teme l'amore, ne è terrificato. 
Non è davvero una questione di legami, sofferenza o responsabilità.
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Questo è solo ciò che ci piace raccontarci perché ci fa stare meglio, ci fa credere di essere razionali e indipendenti.

In realtà, come spiega Padre Anthony De Mello nel libro Chiamati all'amore (Oscar Mondadori), amare è vedere, e vedere è morire. (...) Perché nella morte dell'io si trovano la libertà e la pace, la serenità e la gioia.

Per amare dobbiamo spogliarci dei pregiudizi, delle discriminazioni che facciamo su ogni cosa, dobbiamo imparare ad accettare incondizionatamente. 

Prima di tutto imparando a guardare chi non ci piace e affrontare i nostri pregiudizi. Poi, guardando chi ci piace con la consapevolezza che quell'attaccamento è solo schiavitù e inutile sofferenza, e che senza di esso saremmo davvero liberi di fluire nel mondo e nella vita.

L'amore vero è visione consapevole e non attaccamento.


martedì 19 novembre 2013

Godersi il viaggio

C'è una storiella molto efficace narrata da Padre Anthony De Mello riguardo al nostro atteggiamento nei confronti della vita.


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Narra di un gruppo di turisti che, mentre viaggiano in pullman, invece di guardare il panorama fuori, tengono le tendine accostate e intanto passano il tempo a spettegolare, a criticare chi si è seduto in un certo posto, chi è meglio vestito, e così via... Fino a che il viaggio finisce e loro non hanno mai guardato fuori, riempiendosi gli occhi della maestosità del paesaggio, godendosi il viaggio. 

Quanta gente vive così la propria esistenza?
Passa la vita ponendo attenzione alla forma, dando importanza fondamentale e imprescindibile a piegare bene le lenzuola e stirare anche gli strofinacci della polvere, e mai alza gli occhi per vedere quanto di bello c'è nel percorso di vita.

Si preferisce lustrare la propria gabbia con cura, magari dipingendo pure le sbarre d'oro, ma resta sempre una gabbia.

Cosa state aspettando? 
Di essere pronti? Pronti per cosa? Non lo sarete mai, perché le vostre resistenze vi diranno che non lo siete.

Smettete di fare la maggior parte delle cose che vi sembrano fondamentali, ma che in realtà vi stanno distraendo dal viaggio, e fatelo ora!
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O quando penserete che sia venuto il momento di rilassarvi un attimo e guardare fuori, il vostro viaggio potrebbe essere arrivato alla fine. Capolinea. Morti.

E allora cosa sarà stata la vostra vita? Un insieme di preoccupazioni inutili, di negatività gratuite, di giudizi fuorvianti.
E la vita vera non l'avrete neppure sfiorata.

Vivete ora! Godetevi il viaggio ora!

lunedì 18 novembre 2013

I Quattro Accordi di Don Miguel

Per ritrovare il nostro potere personale, dobbiamo rompere i vecchi schemi e imparare nuovi codici che ci permettano di vivere in armonia con noi stessi e con il mondo.

Don Miguel Ruiz, nel suo libro I Quattro Accordi (Edizioni Il Punto d'incontro) spiega quali sono e perché.


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Primo Accordo:
Sii impeccabile con la parola

Sappiamo che le parole creano mondi, che ci possono ferire in profondità, se le crediamo vere.
La parola è uno strumento potente che il più delle volte viene usato a sproposito creando conflitti di ogni tipo.

Don Miguel paragona la parola a uno strumento magico, tramite cui possiamo fare incantesimi o subirli, senza esserne consapevoli.
Ma diventando responsabili delle nostre parole possiamo fare la differenza. 
Possiamo smetterla di ferire gli altri, ma soprattutto noi stessi. Ci diciamo un sacco di cose negative, ci critichiamo, ci giudichiamo in continuazione. E finiamo per credere alle nostre stesse bugie. 

Dire la verità è un buon inizio.

Secondo Accordo:
Non prendere nulla in modo personale

Ricorda: se qualcuno ti insulta e ti senti ferito, la stai prendendo sul personale, ma sappi che chi insulta o giudica, lo sta facendo in base al proprio filtro, ed è probabile che inconsciamente stia parlando di se stesso!
Quindi, mettiti l'anima in pace, giudizi e critiche non sono mai davvero indirizzati a te. Ognuno vede le cose a modo suo, e suo soltanto.
Le ferite che senti dolere c'erano già prima, il giudizio le ha solo toccate. Il giudizio, non il giudicante. 

Terzo Accordo:
Non supporre nulla

Le supposizioni sono tra le maggioro cause di fraintendimenti,
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conflitti e illusioni/delusioni.


La nostra tendenza a discriminare le cose fa sì che noi vediamo e sentiamo solo ciò che vogliamo. Preferiamo abbellire la realtà delle cose con le nostre illusioni, filtrandola con i nostri sogni, oppure peggiorandola con le nostre paure, con le angosce.

Ogni volta che accade qualcosa, sia in positivo che in negativo, ecco che cominciamo a ricamarci su, supponendo questo o quello, peggio ancora quando qualcosa non lo capiamo.

Tutte le relazioni, di qualsiasi genere, entrano in crisi e spesso finiscono per via delle supposizioni e del nostro orgoglio che ci impedisce di chiedere direttamente delucidazioni per fugare i nostri dubbi. 
Preferiamo restare nel nostro cantuccio a fare supposizioni, finendo per crearci film mentali di cose inesistenti. 

Viviamo di aspettative, che puntualmente vengono deluse perché non capiamo che ciò che noi diamo per scontato non lo è per gli altri.
E la nostra relazione di amicizia, di amore o di lavoro si crepa o fallisce del tutto. 

Quarto Accordo: 
Fai sempre del tuo meglio

Questo accordo riguarda la messa in atto dei primi tre.

Fate sempre del vostro meglio in ogni cosa che fate, anche quelle che non vi piacciono tanto. 
Se fate le cose solo perché dovete, considerandole quasi una condanna, di certo non darete il meglio di voi.

Amate ciò che fate e fatelo perché lo amate, non per averne qualcosa in cambio, per una ricompensa o tornaconto personale.
Amando ciò che fate la vostra vita sarà la vita migliore che potrete vivere, perché sarà autentica e in linea con ciò che siete venuti a fare sulla Terra.






venerdì 15 novembre 2013

Praticare il raccoglimento

Ci sono momenti nella vita in cui dobbiamo fermarci un attimo.
Magari sentiamo emergere un dolore, un turbamento, oppure siamo indecisi su un passo importante da compiere. 
A volte ci accadono cose che non riusciamo a spiegarci, oppure ci sentiamo stanchi, privi di forze.

Agire contro queste emozioni che emergono non serve, anzi, è peggio. Respingere l'emozione come qualcosa di negativo, di sbagliato, rafforza la nostra resistenza interiore a ciò che è.
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Quando un'emozione fa capolino dentro di noi, stiamo con essa. 
Semplicemente, osserviamola, lasciamola essere.

Prendiamoci del tempo per stare un po' da soli, in silenzioso raccoglimento. 
Specie quando siamo indecisi, quando non vediamo la soluzione a qualcosa che non funziona, o quando ci sentiamo stanchi.
La cosa più sensata da fare è stare lì a raccogliere le forze.

Stiamo nel sentire, cercando di non seguire i pensieri, concentrandoci sulle sensazioni del corpo, sui rumori attorno a noi.
Da soli. Evitando la tentazione di cercare una spalla su cui piangere o qualche amico che ci dia un consiglio.

Il miglior consigliere è già dentro di noi. Basta avere orecchie per sentirlo. Restando in silenzio, in raccoglimento, fino a che la voce del Sé si fa sentire chiaramente.



giovedì 14 novembre 2013

Rimanere ricettivi

Si parla sempre di schemi mentali, giudizi e preconcetti che ci limitano.
Da dove vengono?

A parte gli schemi acquisiti dalla famiglia, anche a livello di inconscio collettivo famigliare e di DNA, ci sono i preconcetti culturali, le frasi che ci sono state ripetute da insegnanti e amici, i libri che abbiamo letto e i film che abbiamo visto.

Tutto questo contribuisce a farci una nostra idea delle cose del mondo e delle persone, ma non è mai originale. Noi pensiamo che lo sia, anzi, addirittura noi pensiamo di essere quelle idee. Ci identifichiamo in esse.
Ma è tutto un mero puzzle di idee e pregiudizi altrui che abbiamo fatto nostri.

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Siccome noi reagiamo e giudichiamo in base ai ricordi, quando incontriamo una persona, spesso la prima impressione che ne abbiamo è filtrata da qualcosa che è già successo nel passato. Così, ci viene spontaneo agganciare il nostro giudizio verso questa persona in base a schemi vecchi e radicati in noi.

Ne traiamo una conclusione e da quella non riusciamo più a uscire.
Se qualcuno ci risulta antipatico la prima volta, difficilmente riusciremo a toglierci quel giudizio dalla testa. Per noi quella persona sarà etichettata come antipatica per sempre.

Senza star a indagare quale ricordo del passato ci porta a giudicare una persona in un certo modo, la cosa migliore che possiamo fare è stare all'erta verso i nostri pensieri e riconoscere un pregiudizio, un preconcetto, quando nasce.

Bisogna ricordare che ognuno di noi vede la propria realtà in base ai filtri che ha, e quindi ciò che noi giudichiamo non è l'essere che c'è dietro a quegli schemi di pensiero. 

Inoltre, non va dimenticato che ciò che pensiamo degli altri spesso corrisponde a ciò che a livello inconscio pensiamo di noi. 
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Se crediamo che il mondo sia pieno di persone pettegole, maligne ed egoiste che non vedono l'ora di distruggerci, forse è perché una parte di noi è così.
Se invece pensiamo che le persone siano fondamentalmente buone e che non potrebbero mai farci davvero del male, è perché noi stessi saremmo incapaci di fare del male.

Se fossimo davvero svegli, sapremmo che ogni persona che incontriamo è prima di tutto un'anima perfetta incarnata. E che attraverso quella forma, noi vediamo noi stessi.

Rimanere ricettivi, scevri da preconcetti, è l'unico modo di non fare resistenza alla vita.

mercoledì 13 novembre 2013

Il corpo nell'azione

Nell'articolo di ieri ho affrontato il tema del corpo nella sua interezza, per sentire davvero la realtà.

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Sappiamo che non esiste risveglio che non passi dal nostro corpo fisico, dalla nostra macchina biologica. Per esercitare l'attenzione sul Qui e Ora è necessario essere presenti nel corpo mentre lo usiamo.

La maggior parte delle volte che compiamo un'azione, la nostra mente è altrove. Anzi, spesso i lavori di casa o i lavori fisici in generale sono una scappatoia per permettere alla mente di divagare. Il nostro braccio fa una cosa adesso, la testa è nel passato o nel futuro.
Siamo dei dissociati.

Un esercizio fondamentale per tornare alla nostra integrità corpo-mente è porre attenzione alle azioni e al corpo che le compie mentre stiamo facendo una qualche attività.

Dal lavare i piatti a farsi una doccia, cucinare, guidare, scrivere al computer. Ma anche solo passare attraverso una porta o salire e scendere le scale.

Questo non solo ci permette di accorgerci di quanto poco siamo coscienti della nostra perfetta macchina, l'unico mezzo che abbiamo per sperimentare questa incarnazione, ma fa sì che la mente interrompa il proprio flusso continuo di pensieri, lamentele e credenze che ci cristallizzano in un'energia circolare.
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Per uscire dal circolo vizioso bisogna rompere lo schema.

Un modo veloce ed efficace per sciogliere la cristallizzazione dell'energia portata dalla mente è praticare attività fisica. 
Provate anche solo a praticare mezz'ora di corsa regolarmente, una o due volte la settimana, in base ai vostri impegni.

Per prima cosa, già solo fare lo sforzo di compiere questa azione regolarmente è un buon indizio di quante resistenze da un parte e da quanta effettiva volontà avete dall'altra.

In secondo luogo, il correre porta il fisico alla fatica, ed essa costringe la mente a stare attenta a quella fatica. Sotto sforzo non c'è posto per i pensieri.

La terza ragione è che quando il corpo comincia a sentire tanto la fatica, la mente cerca di metterci comunque lo zampino intimandoci di smettere, lamentando di non farcela, di non essere in grado e via dicendo.

E' lì che si attiva la consapevolezza che cedere e fermarsi sarebbe dar retta ai nostri schemi mentali autolimitanti.

Continuate a correre, e molte delle vostre cristallizzazioni si scioglieranno. Circolerà energia nuova, che non può far altro che giovare, che portare nuovi doni alla vostra vita.

Ma poi non fate l'errore di pensare che se lo avete sperimentato una volta questo vi basta.
E' la costanza dell'acqua che scava le montagne, non la goccia schizzata una volta sola!



martedì 12 novembre 2013

Sentire con tutto il corpo

Un esercizio fondamentale per sperimentare l'Adesso e mettere a tacere il chiacchiericcio mentale pieno di preconcetti e giudizi che ci limitano, è imparare a sentire con tutto il corpo.

Accontentarci di vedere con gli occhi e sentire con le orecchie (ammesso che siamo abbastanza attenti per farlo davvero) non è abbastanza per sperimentare la consapevolezza pura.

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La consapevolezza passa per tutto il corpo fisico ma anche per quello interiore.

Provate a sentire una situazione. Lasciate che vi accada dentro e fuori, che scivoli attraverso di voi. Sentitela anche da dentro.

Apritevi, e fate in modo che ogni cellula del vostro corpo sappia cosa sta accadendo in quel momento.
Ci vorrà forse della pratica, qualche un piccolo sforzo, ma presto i risultati arrivano. Basta non fissarsi sul riuscirci o meno. E ci riuscirete.

Provate prima mentre leggete un libro che vi piace, che vi emoziona. Provate a leggerlo con tutta la vostra attenzione: mentale (comprensione del testo), fisica (le pagine tra le vostre dita, i muscoli del vostro corpo, il respiro), interiore (le emozioni che passano, l'energia che circola).
Avrete finalmente sperimentato la pura consapevolezza.

A un tratto, vi accorgerete con stupore che siete il libro ma siete anche voi stessi. Siete una cosa sola, c'è fusione.

A questo punto, provate a farlo durante una passeggiata nella natura. Diventate un tutt'uno con il profumo dell'erba e della terra, con il gracchiare delle gazze, con il sibilo del vento, ma siate anche respiro, energia, emozione, corpo in movimento. 

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Se farete spesso questo esercizio in solitudine, presto sarete pronti per farlo anche tra la gente, in compagnia degli amici, fino a che un giorno vi meraviglierete nello scoprire che non solo vi viene spontaneo vivere le situazioni così, nell'Adesso, ma che le vostre maschere sono scomparse. 

Saranno scomparsi anche quel lieve senso di disagio che a tutti prende quando ci atteggiamo, come reazione automatica verso gli altri, ma di cui la maggior parte della gente resta inconsapevole; la frenesia di dire la propria opinione sempre e comunque, il mettersi in mostra o in competizione entrando nei discorsi, o il cedere alla lamentela collettiva; e vedrete che nessuna emozione negativa né botta di entusiasmo superficiale vi potrà coinvolgere.

Resterete nel sentire. Sarete liberi. Liberi davvero. Perché la consapevolezza pura è completa libertà dell'Essere.