martedì 31 marzo 2015

Cosa succederebbe se...

Spesso le paure imprigionano in schemi mentali che impediscono alle persone di essere libere, libere da angosce ma anche - in senso letterale - di muoversi nello spazio.
Il fatto che si assecondino sempre queste paure per non affrontarle rende più difficile uscirne, per la semplice ragione che si finisce per credere che la paura, e lo schema che ne è alla base, siano la norma. 
Non si riesce ad immaginare nemmeno come sarebbe la vita senza di essi. In fondo, essa definisce la persona ed è come se questa si sentisse più sé stessa se ha un qualche paletto che le impedisce di fare qualcosa. Insomma è l'ego stesso che gioca a sentirsi importante gridando la propria paura.

Un semplice modo per cominciare a lavorare sulle paure è chiedersi obiettivamente: Cosa succederebbe se... e aggiungete voi.
Schemi - Foto dell'autrice
Ad esempio, uno che ha paura di guidare in galleria: Cosa succederebbe se non avessi più paura di affrontare le gallerie? Risposta: Potrei andare dove voglio.

Cosa succederebbe se non avessi più paura di essere tradito? Risposta: Potrei vivere le mie storie d'amore senza angoscia e immaginazione negativa.

Cosa succederebbe se non avessi paura della folla? Risposta: Potrei affrontare qualunque luogo affollato godendomi il momento e vedendone la bellezza.

E così via...

Insomma, qualsiasi paura abbiate, la guarigione comincia dalla visione a priori di quanta libertà avreste se non ve la negaste da soli. Semplice e disarmante.  La sola sensazione di libertà portata da questo pensiero dovrebbe poter spingere le persone ad affrontare la propria paura un poco alla volta. Consapevolezza è già metà guarigione.

venerdì 27 marzo 2015

Sulla bestemmia

Nella mia personale visione, i grandi bestemmiatori, quelli che provano un certo piacere a bestemmiare - magari anche in modo creativo e molto colorito - hanno un tremendo bisogno di Dio.
Di solito, questi personaggi si dicono atei o agnostici e razionalmente spiegano il proprio atteggiamento come una reazione all'insensatezza che loro percepiscono nell'esistenza.

Ma un vero ateo non ha bisogno di bestemmiare in un Dio in cui non crede. E' come essere in una stanza da soli, far cadere un bicchiere che va in frantumi e incolpare un amico immaginario. Se non esiste che senso ha insultarlo?

Dualità - Foto dell'autrice
Evidentemente - e ribadisco che questo è un mio personale sentire - più si prova gusto a bestemmiare più si vorrebbe credere, ma la razionalità, le ferite, la rabbia esistenziale non lo permettono. 
Tante volte ho sentito ripetere le solite frasi sul fatto che Dio sarebbe troppo ingiusto a non intervenire nelle tragedie umane, e quindi è evidente che non può esistere davvero, se no non lo permetterebbe. 

Questo è non avere occhi per vedere che ogni tragedia è parte di un'evoluzione lenta e con così tanti alti e bassi che per comprenderla bisogna poter usare solo gli occhi non giudicanti dell'Amore, del perdono e capire che noi siamo piccoli frammenti della stessa Coscienza divina che ha bisogno di perdersi per poi ritrovarsi, di provare il senso di separazione per tornare all'Uno, ma questo non può succedere in pochi anni o secoli. Ci vogliono millenni, forse Eoni.

Quindi, il bestemmiatore più accanito è colui che più sta chiamando Dio dal suo abisso personale, e lo fa con la sola energia che conosce. Ma chiamare Dio con disperazione non fa che crearne altra. Diventa un circolo vizioso. 
L'unico modo per interromperlo è arrendersi all'evidenza che non possiamo capire, ma possiamo imparare ad accettare il fatto stesso di essere incapaci di capire.
In questo stato si entra direttamente nella Fede.
Bestiario - Foto dell'autrice
Ok, non capisco ma accetto. 
Il compito più difficile è far tacere la mente razionale che fa resistenza e che si ostina a voler classificare e analizzare. Ma quando riusciamo a far tacere la mente, ecco che la verità arriva al cuore. E' un sentire

Quel sentire non può essere spiegato a un ateo convinto. O lo senti o non lo senti. Questo non ha nulla a che fare con il bisogno di conforto spirituale. Finché non attivi il sentire di cuore non potrai mai davvero capire cosa significa sentire la presenza del Divino dentro di te.

mercoledì 18 marzo 2015

La condivisione femminile

Tempo fa mi è stato regalato un libro sulle cosiddette donne Alfa, ovvero le donne in carriera che sempre più scalano i vertici delle aziende dimostrando di valere quanto - se non più - degli uomini, e restando in equilibrio tra lavoro e famiglia. In questo libro si sbandiera la fine della solidarietà femminile in cambio del potere economico. Insomma, per fare carriera, secondo l'autrice bisogna essere in competizione sia con il sesso opposto sia con il proprio.

Questa opinione per me non ha alcun senso. Prima di tutto, un tempo le donne erano molto più competitive tra di loro per via del fatto che non avendo potere economico erano costrette a lottare per avere un buon matrimonio, e quindi a far di tutto per essere notate dal buon partito di turno.
Femminino - Autoritratto dell'autrice

La vera solidarietà femminile ha radici antiche, non la si può trovare in età moderna, è qualcosa di ancestrale, che risale a quando il femminino era sacro, associato alla Grande Madre. E' quel tipo di solidarietà che si sta riscoprendo e che sempre più sta prendendo piede nelle donne di oggi, di tutte le età.
E' finito il tempo della lotta. E' il momento della condivisione.

Passare dalla consapevolezza femminile significa imparare a conoscerci per ciò che siamo a livello non solo biologico ma soprattutto energetico e simbolico. La donna è il Calice, ovvero l'accoglienza. Non ha senso per una donna diventare competitiva come un uomo. Significa scimmiottare ciò che non ci appartiene.

Nella nuova Era è bene invece portare il femminino, quindi l'accoglienza, l'antica sapienza nel mondo, anche in quello lavorativo. La chiave quindi è essere se stesse e così scardinare i vecchi ruoli lavorativi, non adattarsi. Dimostrare che un altro modo di lavorare e fare carriera - se è questo che una donna sceglie - è possibile.

Guarigione - Autoritratto dell'autrice
La condivisione femminile, quando è fatta all'ottava alta, in gruppi di consapevolezza e di risveglio, ha una potenza inimmaginabile finché non la sperimenti tu stessa.
Quell'energia, oltre a portare guarigione ad antiche ferite (non solo personali ma collettive, presenti nel nostro inconscio da generazioni) ha il potere di contagiare la persone con cui veniamo in contatto - come ha detto la mia amica Daniela Castellani nel suo Cerchio delle Donne avvenuto ieri sera - soltanto con la nostra presenza, senza che facciamo nulla. 
Quell'energia opera a livello sottile, impercettibile all'inizio, ma porta cambiamenti, rivoluzioni interiori, maggiore apertura verso la propria natura femminile ma anche a un'attitudine di Cuore verso gli altri.  

Mi auguro che sempre più donne sentano la necessità di riunirsi periodicamente in una condivisione all'ottava alta. Vi assicuro che il mondo potrà essere un posto migliore, con vibrazioni potenti di guarigione collettiva che contageranno anche il maschile.

sabato 14 marzo 2015

Sensazioni di Presenza

Ogni volta che mi sforzo di stare in presenza in un luogo in cui ci sono delle persone attorno a me, ho la sensazione di una maggiore profondità di campo, come uno zoom, che si allarga a ventaglio e una maggiore chiarezza visiva, come se tutto ciò che vedo avesse di colpo una limpidezza cristallina. E c'è un maggiore senso di leggerezza che si espande da dentro a fuori.

Quando sto in presenza leggendo un libro o guidando, oltre al ricordo di me che avviene, anche in questo caso ho la sensazione di una maggiore profondità di campo, come se tra le mie braccia e gli occhi che le vedono lo spazio si allargasse. Sento addirittura le braccia più lunghe del solito. Inoltre, nonostante il ricordo di me, c'è una specie di straniamento nel vedere le braccia che appartengono al mio corpo ma non sono veramente io. Quello è l'involucro che mi contiene.

Presenza - Foto dell'autrice 
Anni fa mi è capitato di entrare in uno stato di Presenza - senza averlo cercato - mentre guidavo, e ricordo bene di aver sentito questo senso di straniamento misto a leggerezza, chiarezza mentale e grande Bellezza. Di colpo ho visto le mie mani sul volante e ho considerato il mio corpo bellissimo - ma non in senso estetico - era qualcosa di più profondo. Era la sua Bellezza intrinseca, che emanava grazia e femminilità come mai prima lo avevo sentito.

Quando vivi queste sensazioni, allora è naturale ricercare sempre più spesso lo stato di Presenza, perché quella leggerezza e chiarezza mentale sono lo stato naturale del tuo essere, in quei momenti tu sei la Consapevolezza stessa.

Mi piacerebbe che i miei lettori commentassero questa mia testimonianza per sapere se anche a voi è successo di vivere la Presenza in questo modo, con queste sensazioni oppure con altre che io non ho provato. Grazie.

mercoledì 11 marzo 2015

L'autoabbraccio terapeutico

Le persone soffrono perché non si amano abbastanza, fondamentalmente, e tutto quello di cui avrebbero bisogno è un abbraccio. Ma questo abbraccio non può essere davvero terapeutico se arriva da fuori, da qualcuno.
Amarsi - Foto dell'autrice
Certo, è un bel gesto e infonde calore, comprensione, coraggio, accettazione. Ma la vera guarigione avviene quando ad abbracciarci siamo noi stessi.

Immaginiamo di essere ancora il bambino spaventato, confuso, insicuro, piangente che siamo stati, da cui derivano le nostre paure e frustrazioni più profonde. Nessuno lo sta confortando, nessuno lo sta amando. E chi se non noi stessi possiamo amarlo, accettarlo, coccolarlo, farlo sentire davvero a casa e perdonato? 

La gente si odia perché non sa perdonarsi. Di qualsiasi cosa dobbiamo perdonarci, lasciamo stare la mente che giudica e classifica e apriamo il Cuore. Allarghiamo le braccia e poi lasciamoci avvolgere da un vero abbraccio, non visualizzandolo, ma proprio facendolo davvero. 
Autoabbraccio - Foto dell'autrice
Quante persone si abbracciano da sole? Praticamente nessuna.

Eppure, questo semplice gesto scioglie un sacco di blocchi. Vedrete che dopo esservi abbracciati, avrete più voglia di abbracciare le persone, diventerete meno schivi, più calorosi.
L'autoabbraccio permette a voi stessi di amarvi davvero e di essere, per Legge di Attrazione, amati anche dagli altri.




sabato 7 marzo 2015

La nostalgia di Casa

Alzi la mano chi non ha mai sentito quel vago senso di vuoto, insoddisfazione, tristezza che pare un sottofondo continuo, qualcosa che rimane lì, alla base di tutto il nostro sentire, impalpabile eppure percepibile, più o meno forte a seconda dei periodi o delle situazioni. Qualcosa che nulla pare poter cancellare in modo definitivo.

Ebbene, nonostante molti lo considerino un fastidio, un qualcosa di fondamentalmente sbagliato, da cui bisogna guarire, in realtà è la naturale conseguenza del senso di separazione,
Casette - Foto dell'autrice
inevitabile una volta incarnati. 


L'entrata dell'anima nella materia non può cancellare la naturale nostalgia di Casa, l'anelito al ritorno tra le braccia del Padre - come viene chiamato il Divino nella tradizione giudaico-cristiana.

Quel senso di insoddisfazione che percepiamo come se qualcosa mancasse in realtà è proprio quello: un senso di mancanza. Ma non è sbagliato, è normale. 
Semmai, l'errore è cercare di riempire questo vuoto con cose terrene: persone, oggetti, sostanze, emozioni, eccetera. Nulla potrà mai colmare questo senso di vuoto, di lontananza da qualcosa di fondamentale.

L'unica cosa che possiamo fare è accettare completamente questo sentimento, così come è naturale per un immigrato avere nostalgia del suo Paese di origine e tuttavia sa che non può far altro che accettare la sua condizione in un luogo da esso lontano, che al momento è il posto migliore per lui in cui vivere, ma non è detto che lo sia per sempre.

Credo che la chiave sia proprio questa: riconoscere che è qualcosa che esiste dentro di noi e che forse resterà per sempre nel nostro sentire, ma accettandolo completamente diventa una naturale parte di noi, non è più percepito come sbagliato. 
Una volta smesso di fare resistenza, questa consapevolezza lascia il posto a un senso di pace.

lunedì 2 marzo 2015

La morte dell'Ego

Mi piace pensare che, tra le tante interpretazioni esoteriche possibili, la morte di Gesù in croce sia anche una bella metafora della morte dell'Ego.

In fondo, sappiamo che già in miti antichi alcune divinità erano morte e risorte come Osiride, Horus, Dioniso, Tammuz. Gli studiosi interpretano questa morte e resurrezione come simbolo dell'avvicendarsi delle stagioni. Il 22 dicembre il sole è nel punto più basso all'orizzonte e lì resta per tre giorni, in prossimità di una costellazione denominata la Croce del Sud. Il 25 dicembre si muove verso nord, quasi a salire sulla croce. Questo spiegherebbe anche l'origine della croce celtica, così diffusa in Irlanda: una croce cerchiata, ovvero il sole su di essa.


Gesù, Ted Neeley - Foto delll'autrice
Al di là dell'interpretazione cristiana, poi, è interessante soffermarsi a pensare che, come spiega in maniera magistrale Eckhart Tolle, il nostro Ego è terrorizzato dall'annientamento, è sempre lì in agguato sulla difensiva, vuole restare vivo a tutti i costi ed escogita i modi più sottili per ingannarci.
La morte dell'Ego è passare attraverso la paura dell'annientamento per scoprire che senza siamo più vivi che mai, siamo noi stessi. Il Regno dei Cieli si schiude quando ci arrendiamo a questa morte. Non c'è più nulla da combattere, di cui temere. 
Bisogna solo attraversare il ponte di dolore messo in piedi dall'Ego stesso. E' questo che fa più paura: passare attraverso il dolore. Salire al Golgota.

Tutto il resto è pace. La resurrezione: torniamo a noi stessi, alla purezza dei senza-Ego.