Tante volte i buoni propositi, lo sappiamo, vengono disattesi, magari tralasciati da subito. Pigrizia, paura, schemi fissi ci impediscono di cambiare rotto, di rinnovarci come avremmo voluto.
Ma ci sono anche quelle cose che ci bloccano nel profondo, che ci minano da dentro, creando ostacoli sul nostro sentiero. E non importa se ci impegnamo.
Ogni fine d'anno il bilancio è un po' amaro perché quegli obiettivi così importanti per noi ancora paiono lontani.
Allora è inevitabile guardarsi dentro. Invece che recriminare, fare le vittime del sistema o dare la colpa agli altri, o alla sfortuna, l'unica cosa sensata da fare è fermarsi a cercare cosa ancora ci zavorra.
Perché è di una vera e propria zavorra che si tratta.
Magari abbiamo smesso da tempo di sentirci vittime e pensiamo orgogliosi di non avere più nulla che ci trattenga. Eppure la vita ci dice ogni giorno che ancora c'è qualcosa da fare.
Non ne siamo nemmeno consapevoli. Magari non sono pensieri, ma solo blocchi emotivi che si sono fossilizzati nel corpo.
Pensiamo che basti la consapevolezza mentale per sciogliere i nodi antichi, ma non basta.
Qualsiasi kinesiologo può dire quanto il nostro corpo sia strutturato sui blocchi emotivi, che inevitabilmente ci intralciano il cammino.
Una bella storiella zen narra in modo molto semplice questa metafora della zavorra.
Ci penso ogni volta che sento di avere dei pensieri ricorrenti verso qualcosa che mi ha disturbato e che ancora alberga nella mia mente, ma è altrettanto valida per simboleggiare i blocchi emotivi.
Foto dell'autrice |
Nonostante l'antipatia della donna il più vecchio dei due la prende sulle spalle e la aiuta ad attraversare la pozzanghera.
Foto dell'autrice |
antipatica avesse potuto non ringraziare il vecchio monaco per il favore.
"Però io l'ho posata a terra diverse ora fa, " disse il maestro, "perché, invece, tu te la stai portando dietro ancora adesso?"
Questa storiella è contenuta in un magnifico libro per ragazzi,
Le piccole Fiabe Zen del grande panda Acquasilente (Mondadori).
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