venerdì 28 giugno 2013

Il potere alchemico della trasmutazione

Come ho già scritto in precedenza, il percorso verso il risveglio interiore è un processo alchemico a tutti gli effetti, perché trasforma le energie pesanti simboleggiate dal piombo in energie leggere, simboleggiate dall'oro.
Trasmuta la densità del corpo di dolore in leggerezza della gioia.

Autoritratto dell'autrice
Eckhart Tolle consiglia di osservare qualsiasi nostra sofferenza o ostacolo entrandoci dentro, accettando la cosa per ciò che è.
E anche questo è già stato scritto.

Ma ciò che colpisce nelle sue parole è l'attenzione al presente come trasmutazione alchemica.
Perché spiega che se affrontiamo questa sofferenza o ostacolo identificandoci con la mente - cosa che succede regolarmente - la risposta, la nostra reazione, deriva dal condizionamento del passato. Quindi saremo destinati a ripetere i nostri errori.
Agiremo in base a uno schema.

Se invece entriamo in ciò che proviamo in una situazione per noi difficile, saremo presenti a noi stessi, e la conseguente azione sarà mossa dallo stato di presenza. Staremo aderendo alla necessità del presente, non a schemi prestabiliti di cui siamo schiavi inconsapevoli.

Da uno stato di presenza, dunque, siamo in grado di agire appena la vita ci dà l'opportunità di farlo.
E l'azione conseguente, sarà la migliore possibile.
Perché nascerà dal Sé, non dai ricordi.



giovedì 27 giugno 2013

La misteriosa femmina...

Ieri, sorbendo il caffè nel primo pomeriggio assolato e silenzioso, circondata dal fruscio del vento e dal cinguettio degli uccelli mescolato al chiocciare delle galline del vicino, mi sono trovata tra le mani un piccolo libro trovato molti anni fa.

Si intitola Taoismo pratico Di Thomas Cleary (Armenia).
Mentre lo aprivo distrattamente, soppesandolo, e carezzando le pagine per sentirne la ruvida consistenza come mi piace fare, apprezzando l'oggetto in sé, sono capitata su un breve capitolo che si intitola La misteriosa femmina.

Spiega che essa è il meccanismo di chiusura e di apertura di cielo e terra. Chiudere la porta è terra, aprirla è cielo. Questo movimento ciclico, se rispettato, usandolo senza forzature, rappresenta i cicli di movimento e quiete.

Foto dell'autrice
Ma cos'è davvero questa misteriosa femmina?
E' il luogo in cui compaiono i pensieri. 
E' lo spirito aperto, non stagnante. Aperto significa vuoto.
Misteriosa significa sottile,  femmina rimanda al vuoto dove nascono le cose.
Insomma il Principio Femminile. 
La radice della nascita e della morte.

A quanto pare, sarebbe un'operazione alchemica.
Ammetto di non avere chiaro il motivo per cui viene citato il Principio Femminile nel contesto del libro.
Ma si sa, la filosofia taoista a volte è inafferrabile e proprio per questo seducente.



mercoledì 26 giugno 2013

L'apertura del passaggio misterioso

Secondo il taoismo, esiste una apertura del passaggio misterioso, che non sarebbe da ricercarsi nel corpo, e tuttavia non può nemmeno esistere senza di esso.

Il consiglio dei saggi taoisti è di continuare a cercarla 24 ore su 24,  mentre svolgiamo le nostre attività quotidiane. 

Ma cos'è questa apertura
Rispondono i Saggi: Ciò che parla e tace, vede e sente.

Autoritratto dell'autrice
Gli Antichi, per indicare l'interiorità parlavano di un Centro. 
E' questo Centro l'apertura del passaggio misterioso.
Ma questo Centro non sta a significare il centro del corpo, un punto mediano, un dentro opposto al fuori.
I buddisti dicono che esso si raggiunge quando non si giudica più in base al concetto di bene-male.
I taoisti dicono che è il luogo dove i pensieri non compaiono.

Dice il Maestro Ziyang: Questa apertura non ha confini né margini, né interno né esterno; è la radice dell'energia spirituale, la valle dell'assoluta non resistenza."

martedì 25 giugno 2013

Il sesso è come la vita

Se la vita è sacra, perché l'atto che la crea è considerato peccaminoso?
Questo ci riporta al Peccato Originale.

Foto dell'autrice
In realtà tutto ciò che è stato creato è sacro, ma è come se l'essere umano, andando avanti nel cammino della vita, si sia dimenticato di questo.
La vita è gioia e celebrazione, di conseguenza anche il sesso lo è.

Ma siccome gran parte della popolazione mondiale ha creato religioni che considerano la vita una prova, una tribolazione, una conseguenza karmica, ecco che ci si è convinti che la vera gioia arriverà solo dopo questa vita.

Così abbiamo dimenticato che anche i piaceri della carne fanno parte di questa meravigliosa esperienza terrena e come tali andrebbero goduti. 

L'essere umano ha represso la sua naturale pulsione verso il sesso perché teme la vita. Non la ama.

E così, come non manca di sottolineare anche Neale Donald Walsch, abbiamo caricato il sesso di tutte le sofferenze di cui abbiamo caricato anche la vita.
I nostri atteggiamenti verso la vita rispecchiano ciò che pensiamo dell'eros.
Vergogna, paura, ansia, avidità, ossessione, rabbia, sono i sentimenti che associamo al sesso come alla vita.

Il sesso piace a tutti, è indubbio. Ma la nostra cultura e la religione ci hanno inculcato - anche solo a livello inconscio - che ciò non sia  bene. Se ci piace il sesso, allora siamo dei pervertiti, questo è ciò che ci hanno sempre detto in tutte le salse.

L'essere umano ha sempre desiderato amare ed essere amato. 
Foto dell'autrice
Ma se prima non impariamo ad amare noi stessi e a darci davvero - darci anche fisicamente con la gioia vera, con la consapevolezza di essere vivi, celebrando l'Amore terreno - allora continueremo a vagare nel senso di peccato, di vergogna, di sporcizia, e non riusciremo a togliercelo di dosso.

venerdì 21 giugno 2013

Recensione sul "Piccolo" di Alessandria

Sul giornale "Il Piccolo" di Alessandria compare oggi, nelle pagine della cultura, la recensione del mio libro Piccole meditazioni sull'Uno.


giovedì 20 giugno 2013

Lo scopo dei rapporti

Ogni tanto capita di leggere qualcosa che, invece di metterti in crisi, ti conforta. Come un copertina calda e rassicurante, ti fa sentire perfettamente a tuo agio.

Così quando il già citato Neale Donald Walsch nel suo libro scrive dei rapporti con gli altri, leggere che il vero scopo dei rapporti non è completarsi ma condividere con gli altri la propria completezza, è una dolce musica per le orecchie.


Foto dell'autrice
In effetti, non c'è nulla da imparare dai rapporti, solo offrire immagini di un Te Stesso sempre migliore. Questa è al massimo l'unica sfida.
Nel mondo della materia, che è relativo, noi esistiamo solo in rapporto con l'altro

Comprendendone il senso profondo, dovremmo benedire ogni rapporto con gli altri, perché ci offre l'opportunità di comprendere Chi Siamo Veramente. Il rapporto con gli altri ci forma, ci riporta a noi stessi.

Quando un rapporto fallisce è perché è cominciato per le ragioni sbagliate.
Spesso, si comincia un rapporto - sia esso di amicizia o d'amore - pensando erroneamente che cosa ricavarne, mentre la domanda giusta sarebbe cosa noi possiamo apportare ad esso.


Foto dell'autrice
Quindi, lo scopo più nobile - diciamo così - di una relazione è decidere quale parte di noi stessi vorremmo venisse allo scoperto e non cosa dell'altro vorremmo trattenere per noi.

In ultimo, però, Walsch ci ricorda che il paradosso della vita umana è che in realtà noi non abbiamo bisogno di nessuno per essere felici, ma d'altro canto senza l'altro noi non saremmo nessuno!


mercoledì 19 giugno 2013

La disoccupazione secondo Dio

Molte persone, riguardo alla spiritualità pensano che non ci si possa rilassare, lasciar andare le preoccupazioni e avere fiducia quando hanno perso il lavoro, devono pagare i conti e mantenere i figli.
Sentono che non ci sia spazio per la spiritualità, come fosse una perdita di tempo prezioso mentre si cerca di sopravvivere.

Insomma, più siamo in difficoltà e più ci allontaniamo dal Divino, pensando che non ci stia aiutando, che se abbiamo perso il lavoro, se abbiamo dei debiti, questa è la prova che non c'è nessun Dio o comunque, se esiste, di noi se ne frega e non ascolta le nostre preghiere.
Foto dell'autrice

In realtà, è proprio questo il punto. E' proprio nei momenti di difficoltà che possiamo vedere, se ci mettiamo nell'ottica giusta, quanto in realtà le nostre preghiere sono sempre ascoltate.

Il problema, come al solito, è che non siamo capaci di chiedere nel modo giusto.

Nelle Conversazioni con Dio, il Divino risponde all'autore:
Per l'esattezza, chi credi di essere? In rapporto all'esperienza chiamata disoccupazione, chi pensi di essere? E forse, con più precisione, chi pensi che Io sia? Ritieni questo un problema troppo grande perché Io possa risolverlo?

Insomma, non c'è nessuna prova nella vita.

Voglio per te quello che tu vuoi per te. Niente di più, niente di meno, dice Dio.
Ti dico questo: ottieni sempre quello che crei, e stai sempre creando. Non esprimo un giudizio su quello che crei, Mi limito a fornirti un sempre maggiore potere creativo.

Ora, Mi stavi dicendo di non aver sempre ottenuto quanto desideravi. Eppure Io sono qui per dirti che lo hai invece ottenuto ogni volta senza eccezione.

Praticamente, se ti lamenti che di rado le tue preghiere vengono ascoltate, questo è ciò che avviene. Sei tu a crearlo.

La tua vita è sempre un risultato dei tuoi pensieri su di essa.

Quindi, magari ti senti vittima di aver perduto il lavoro, in realtà tu stesso non avevi più scelto quel lavoro per te. Hai incominciato ad avere paura, hai smesso di esserne felice, di sentirti fortunato, di amare il tuo lavoro. Hai cominciato a sentirti risentito.
Quindi, l'energia del tuo pensiero, delle tue intenzioni in proposito, erano di perdita.

Foto dell'autrice
Cosa intendi dimostrare a te stesso? Che sei una persona povera, sfortunata, che ha una vita di pochezza e non si sente ascoltato nelle preghiere e nei desideri o invece intendi dimostrare Chi Sei Veramente? 
Qual è la tua vera intenzione rispetto alla vita?

Hai dimenticato il tuo progetto, ti sei concentrato sull'illusione che la vita sia sopravvivenza.
Hai dimenticato i tuoi desideri profondi.
Hai paura. 
La paura genera mancanza.

Ti sei allontanato da Te Stesso. Ti sei allontanato dal Divino.
Perché in realtà noi e il Divino siamo una cosa sola.


martedì 18 giugno 2013

L'ErbaVoglio

Ricordate il vecchio detto L'Erba Voglio non esiste neanche nel giardino del re?

Foto dell'autrice
Beh, Neale Donald Walsch, nelle sue Conversazioni con Dio, alla domanda Perché non ho un maggiore successo?, si sente rispondere:

Ho detto che le tue parole sono ordini. Ora le tue parole sono state: "Voglio il successo". E l'universo dice: "Va bene, è così", farai l'esperienza di volere il successo.

In pratica, secondo l'Entità Creatrice, le parole Io sono hanno un potere enorme, poiché sono i comandi della creazione degli eventi.
Io, che sta alla base del Io sono, sommato a voglio (e aggiungete voi qualsiasi cosa vorreste) si manifesterà nella realtà fisica come lo avete pronunciato.

Quindi, avrete l'esperienza di colui che desidera qualsivoglia cosa, non di colui che la ottiene!

L'unico modo per cambiare la realtà è smetterla di pensare in questo modo e, soprattutto, di chiedere in questo modo.

E allora, si chiede Walsch, se già il Divino mi ha detto che non si può fingere di avere preventivamente perché sarebbe un mentirsi e un mentire a Colui che Crea, portando solo illusione alla propria esistenza, come fare?

Se dico a me stesso Ho successo, ho tutto il denaro che ho sempre desiderato per vivere nell'abbondanza, in realtà so che non è vero e anche il Divino lo sa. Che tecnica usare?

Il Divino risponde: Allora formula un pensiero che puoi accettare.
"Il successo sta per arridermi", oppure: "Tutto mi sta conducendo al successo".

Insomma, il succo della questione è che le affermazioni non funzionano se si limitano a essere delle dichiarazioni di quanto tu desideri sia vero.
Le affermazioni funzionano solo con ciò che tu conosci già come vero.

Ora, se esiste qualcosa che hai scelto di sperimentare nella tua vita, non "volerlo", sceglilo, sottolinea il Divino.

Scegli tutto ciò che davvero ti sta a cuore, ma fallo pienamente, senza dubbi, con determinazione e fiducia.





giovedì 13 giugno 2013

La compassione di sé e il dono della lacrima

Simbolicamente, le lacrime hanno un potere creativo e curativo. 
Nelle fiabe portano alla rigenerazione, guariscono le ferite - anche interiori.

Clarissa Pinkola Estés, nel celeberrimo libro Donne che corrono coi lupi (Frassinelli), cita la bella storia di Filottete.

Nel mito greco, Filottete custodiva l'arco e le frecce di Eracle.
Durante una battaglia fu ferito a un piede, la ferita non guarì e, anzi, cominciò ad incancrenire, esalando un tanfo insopportabile.
I compagni lo abbandonarono su un'isola. Nessuno osava avvicinarsi per via dell'odore e delle grida di dolore del povero Filottete.
Ulisse e i suoi uomini, tuttavia, decisero di affrontarlo lo stesso e, tirando a sorte, mandarono un giovane. Quando questo si avvicinò all'uomo dolorante per rubargli arco e frecce, ebbe così compassione di lui, nonostante il fetore insopportabile, che ne fu commosso fino alle lacrime. 
Così decise di prendersi cura di lui, lavargli le ferite, nutrirlo, accendere un fuoco, e metterlo in condizioni di trasportarlo altrove per farlo guarire in modo definitivo.

Foto dell'autrice
Questa ferita maleodorante è una bella metafora di ciò che non riusciamo a risolvere, ferite psichiche antiche che ancora ci tormentano. 

La Pinkola Estés scrive: Nessuna donna, nessun amore, nessuna attenzione guariscono una ferita siffatta: è necessaria la compassione di sé, per il proprio stato.
Quando l'uomo versa la lacrima, si impadronisce del suo dolore, e lo conosce quando lo tocca.

Le lacrime ci rammentano ciò che davvero è importante, ciò che abbiamo rischiato di perdere sbagliando strada, o proteggendo eccessivamente noi stessi dalla paura di essere vulnerabili.
Ciò che la lacrima di compassione di sé genera non è nient'altro che l'apertura del Cuore. 



mercoledì 12 giugno 2013

La vita non è una scuola? E se non lo è, allora cos'è?

A volte capita di imbattersi in libri che di colpo paiono minare tutte le tue certezze, tutto ciò che davi per scontato fino a un attimo prima.
A me è capitato recentemente con il libro Conversazioni con Dio, di Neale Donald Walsch (Sperling & Kupfer), consigliato da un amico.


Foto dell'autrice
A tutti noi o quasi viene spontaneo pensare che la vita sia in qualche modo una scuola, una passaggio nella materia per imparare una lezione. Magari a causa del karma.

Nelle conversazioni di Walsch con Dio, tramite la scrittura automatica, ecco che questa certezza viene scardinata.
Dio gli dice che la vita non è una scuola e noi non siamo qui per imparare una lezione.

Allora perché siamo qui?, chiede l'autore.

Per ricordare, e ricreare, Chi Siete, risponde il Divino.
In verità, se non create Voi Stessi per Quello che Siete, non riuscirete a esserlo.

Chiaro? Per niente. Anche l'autore è spaesato.

Allora il Divino spiega che la scuola è un posto in cui si va se c'è qualcosa che ancora non si sa. Ma noi, in realtà, sappiamo già tutto ciò che c'è da sapere, la nostra anima sa, ma ha bisogno di ricordare quanto sa già.

Quindi, la vita è un modo per sperimentare, conoscere in maniera diretta quanto l'anima a livello concettuale sa già. 
Siamo qui per ricordare quanto sappiamo già e lavorare con esso.

Noi possiamo sapere di essere generosi, ma finché non lo sperimentiamo davvero, resta un concetto astratto, un potenziale inespresso. Quindi, dobbiamo diventare generosi nella pratica.


Foto dell'autrice
L'unico desiderio della tua anima è quello di trasformare il più alto concetto di sé nella più meravigliosa delle esperienze.

Ma perché tutto ciò?

In principio, Quello Che Esiste era tutto ciò che c'era, e non c'era altro. Però Quello Che Esiste non avrebbe potuto aver coscienza di sé. (...) La consapevolezza di sé è quello cui anelava poiché voleva sapere cosa si provasse a essere tanto meravigliosi.
Quello Che Esiste non potrebbe sapere quello che si prova a essere meravigliosi a meno che quanto non esiste si manifesti.

martedì 11 giugno 2013

La diatriba tra azione e non-azione

Come per ogni cosa a questo mondo, anche per quanto riguarda il campo del risveglio spirituale ci sono molto scuole di pensiero. Ma   ho notato che fondamentalmente, ci sono due macrocorrenti di pensiero. 

L'azione e la non-azione. 

I grandi Maestri del passato, sia che fossero buddisti, zen o taoisti, avevano una visione più passiva del risveglio spirituale.
In poche parole, il succo del loro insegnamento verteva sull'abbandono di ogni attaccamento e desiderio della personalità, sul lasciar fluire la vita accettandola per ciò che è, vivendo solo il Qui e Ora.
Foto dell'autrice
Per loro, desiderare qualcosa che non si ha significa concentrarsi sul senso di mancanza e dar retta a un capriccio della personalità, che ci fa credere nel senso di separazione e nell'illusione che ottenere qualcosa che si desidera ci darà la felicità.

La seconda scuola di pensiero, più moderna e di stampo anglosassone, dice che invece, siccome noi siamo i creatori della nostra realtà, tutto ciò che abbiamo o non abbiamo deriva dal nostro porci di fronte alla vita, dai nostri pensieri.
Noi siamo qui per realizzarci come esseri umani e per portare nel mondo i nostri talenti, che sono un dono divino.
I nostri desideri fanno parte di questo progetto di creazione che è insito nella nostra natura.
Quindi, secondo questa teoria, non è il desiderare in sé ad essere sbagliato, ma l'attaccamento al risultato e alla paura di fallire, di non ottenere.
In questo le due scuole sono molto vicine.

Foto dell'autrice
Entrambe dicono che al mondo esistono solo due emozioni: 
L'Amore e la Paura.
Noi creiamo con entrambe, ma a seconda di quanta paura c'è nei nostri pensieri, noi possiamo avere una vita piena e soddisfacente oppure difficile e piena di ostacoli.

Anche per ciò che riguarda il concetto di Qui e Ora le due scuole sono d'accordo, perché soltanto partendo da una condizione di pienezza e felicità in questo momento possiamo creare altre situazioni di felicità.
Pensare che saremo felici solo quando avremo una determinata cosa che desideriamo è un uscire fuori da sé stessi.

A me piace pensare che la verità stia nel mezzo.

Salvatore Brizzi e Alberto Chiara dicono una cosa molto importante: lasciare andare tutto e permettere alla vita di accadere, di fluire senza intervenire come dicono i vecchi Maestri orientali non tiene conto di un problema fondamentale.
Dato che noi ci comportiamo in base a schemi e memorie acquisite a nostra insaputa, che agiscono condizionando i nostro pensieri e le nostre azioni, se non li risolviamo, se non andiamo a scioglierli, noi non saremo mai liberi. 
Anche passando la vita seduti nella posizione del loto, smettendo di desiderare, la nostra vita sarebbe solo un assistere passivi e impotenti a schemi che si ripresentano.

Infatti, Joe Vitale nel libro Zero Limits, conclude dicendo che alla fine, una volta ripuliti i nostri conflitti interiori e i pensieri limitanti, possiamo permettere al Divino di ispirarci, e i nostri desideri saranno allineati con la Sua volontà. Non dovremo più chiedere qualcosa che pensiamo sia fuori di noi, da raggiungere, ma semplicemente, agiremo in base all'ispirazione. 
Saremo allineati.

lunedì 10 giugno 2013

Arrivare a zero

Nel libro Zero Limits Joe Vitale spiega, tramite l'insegnamento del Maestro dottor Hew Len, cosa significa andare davvero a zero.

In realtà, siccome tutta la nostra vita è vissuta basandosi su memorie inconsce che ci autolimitano anche se crediamo di avere il controllo, l'unica cosa da fare è ripulirsi da tali credenze.
L'Ho'oponopono è la tecnica consigliata.

Hew Len spiega che l'unica nostra scelta nella vita è tra ripulirsi e non ripulirsi.
Se ti ripulisci da tutta la tua spazzatura interiore, allora potrai agire solo in base all'ispirazione e non alla memoria.

Round 1 - Foto dell'autrice
Il Divino ci manda di continuo ispirazioni per fluire nel modo più semplice nella vita, ma se noi abbiamo le memorie che ci filtrano i canali attraverso cui riceviamo l'ispirazione, continueremo ad agire in base alle memorie convinti di avere libero arbitrio.
Ma il nostro libero arbitrio non è davvero libero! E' sempre condizionato.

Quando siete al livello zero perché vi sieri ripuliti di tutte le vostre memorie, avrete zero limiti e farete solo ciò che è lì per voi. 

"E' come se fossimo dentro a una grande sinfonia", spiega il dottor Hew Len. "Ognuno di noi ha uno strumento da suonare. Nessuno è uguale. Perché il concerto sia realizzato, ognuno deve suonare la sua parte e non quella di altri. Abbiamo dei problemi quando non prendiamo il nostro strumento o pensiamo che altri ne abbiano di migliori. Questa è memoria."

venerdì 7 giugno 2013

Quanta paura vi fa essere Nessuno?

Anthony De Mello, nella sua spietata analisi del nostro egocentrismo e dei nostri falsi miti, propone alcuni interessanti esercizi.

Individuate e osservate le paure e le ansie che si nascondono nelle vostre relazioni.
Dietro ogni ansia si nasconde una pretesa autoimposta.

Autoritratto dell'autrice
Poi, pensate alle cose che vi sono costate fatica e impegno per essere raggiunte.
Pensate che in realtà non avete mai avuto bisogno di queste cose per essere felici.
Immaginate di non avere più paura di vivere senza di esse.
Immaginate di aver perso la paura di essere un Signor Nessuno.

Provate ad eliminare i desideri dalla vostra mente, a comprendere il loro valore limitato.
Provate a immaginare quante persone a questo mondo sono felici anche senza avere quello che voi desiderate così tanto.
Cercate di comprendere che soddisfare i desideri arreca conforto ma non dà la felicità.

Osservate la vostra delusione quando qualcosa non va secondo i vostri piani. 
Pensate alle persone che vi elogiano. Dite a voi stessi che quegli elogi non si riferiscono al vostro Sé, ma al vostro Io.
Pensate anche alle persone che vi criticano. La critica fa male al vostro Io, non al vostro Sé.

Autoritratto dell'autrice
Pensate a tutte le volte che avete cercato l'approvazione degli altri.
Perché avete rinunciato alla libertà in favore della comodità di sentirsi approvati, coccolati?

Lasciate che gli altri siano. Lasciateli liberi di andare e venire dalla vostra vita. 
Dite a un amico che lo lasciate libero di essere ciò che è, di dire e pensare e agire come crede.
Smettetela di manipolare gli altri aspettandovi che agiscano come fareste voi.

Pensate alle persone che conoscete e amate e guardatele come egoiste e folli.
Poi guardate anche persone famose che ammirate come egoiste e folli.
Poi pensate a voi stessi. Siete esattamente egoisti e folli quanto gli altri cui avete pensato.
Non siete migliori.

Non esiste nessun impulso insito nella natura umana di essere importante, scrive De Mello.
L'unico impulso proprio della natura umana è quello di essere liberi, liberi dall'oneroso desiderio di essere importanti e popolari, di avere successo, di riscuotere simpatie.
Essere liberi dal bisogno di essere ricompensati e applauditi è la libertà che ci genera come figli e figlie di Dio; è la libertà degna della nostra condizione.

giovedì 6 giugno 2013

Imparare ad osservarsi

I Maestri spirituali ci dicono che dentro ognuno di noi esiste un Osservatore Silenzioso, che ci osserva agire senza giudicare.
E' un essere pieno di consapevolezza, presente. E' il Sé Superiore.

Ma noi, identificati come siamo nei nostri corpi, nella nostra mente, nei nostri pensieri, negli schemi di comportamento pieni di reazioni automatiche e memorie, preoccupati di aderire a un qualche modello - esterno, condizionato dagli altri o proveniente dai nostri ideali di perfezione che sia - ce ne dimentichiamo.
Lo mettiamo a tacere.

Spesso ci tormentiamo con giudizi, aspettative, bilanci di vita che ci angosciano perché quasi mai corrispondono a ciò che vorremmo. Finiamo per chiederci dove stiamo sbagliando, cosa potremmo fare per migliorare le cose.

I Maestri, dicono che tutto ciò che dobbiamo fare per diventare consapevoli e uscire dagli schemi che ci imbrigliano, che non ci permettono di essere davvero noi stessi, di realizzare il nostro Sé - che non corrisponde ai desideri dell'Ego - è OSSERVARE.

OSSERVARSI.
Senza giudizio. Senza fare bilanci. Senza reagire in modo automatico agli eventi e alle persone.

Difficile. Ma non impossibile. 
Ma ne vale la pena, perché ci rende liberi. Spezza le catene.
Foto dell'autrice

Provate per un giorno intero, se potete, ad osservarvi facendo un passo indietro. Come se davvero poteste arretrare un pochino dalla vostra maschera - la personalità.

Siate un osservatore silenzioso. Lasciate che la vostra vita accada senza provare a tirare le redini.
Sforzatevi di astenervi dal giudizio, dai programmi, dal senso del dovere. Astenetevi dalla paura del giudizio degli altri.
Siate e basta.

Apprezzatevi per quello che siete.

Non siete una persona. Siete un'entità che abita un corpo.

Guardatevi vivere. Semplicemente.
Smetterete di lamentarvi, di sentirvi sbagliati, di criticarvi.
Comincerete ad accettarvi.
E ad amarvi.


mercoledì 5 giugno 2013

La memoria dell'acqua

Masaru Emoto è uno scienziato giapponese famoso per le sue teorie applicate alla memoria dell'acqua.


Foto dell'autrice
Partendo dal presupposto che noi e il nostro pianeta siamo fatti al 70% di acqua, e che ogni cosa nasce da una vibrazione, Masaru Emoto ha dimostrato quanto i pensieri, le emozioni e i sentimenti possano influenzarci.

Sottoponendo dei cristalli di acqua congelati a -4 gradi, e sottoponendoli a diverse vibrazioni: musica, preghiere, pensieri d'amore ma anche rabbia, odio, insulti, ha notato che quelli sottoposti a vibrazioni alte come l'amore e la preghiera si erano formati con una simmetria perfetta, come cristalli di neve, mentre quelli sottoposti a vibrazioni basse erano scomposti e disordinati, privi di armonia.

I giapponesi utilizzano una parola: Hado, che significa Cresta dell'onda, per indicare una vibrazione energetica estremamente sottile all'origine della Creazione. 

Con un macchinario chiamato Magnetic Resonance Analyzer, il dottor Emoto ha potuto comprendere e dimostrare, nonostante lo scetticismo tipico della scienza tradizionale, che la vibrazioni applicate all'acqua hanno il potere di migliorare o peggiorare le condizioni del corpo umano, poiché possono modificare la materia.

Ha persino condotto esperimenti con alcuni volontari, per determinare la capacità di questa vibrazione di influenzare i rapporti interpersonali. 
Un giorno 350 di essi si sono radunati attorno a un lago inquinato. Dopo aver pregato tutti assieme per la guarigione dell'acqua, concentrandosi su un'energia di armonia e gratitudine, le analisi sui campioni dell'acqua hanno determinato che il livello di inquinamento era sceso, e così è rimasto per più di sei mesi.

I cristalli sottoposti a questi esperimenti vibrazionali sono stati fotografati. 
Compaiono anche nel film Bleep - Cosa... Bip... sappiamo veramente?, in cui si parla di fisica quantistica applicata alla crescita spirituale. 

Una frase del film che mi è rimasta impressa, è proprio derivata degli esperimenti di Masaru Emoto:
Se odio e rabbia possono fare questo a un cristallo di ghiaccio,
Foto dell'autrice
cosa possono fare al nostro corpo?


Devo dire che da quel momento in poi, ogni volta che provo rabbia, o sento la pulsione ad alzare la voce con qualcuno, mi vengono in mente queste parole.
E mi chiedo: In che modo si sta comportando l'acqua contenuta nel mio corpo? E in quello della persona che ho di fronte?


martedì 4 giugno 2013

Ganesh, colui che abbatte gli ostacoli

Ganesh - Foto dell'autrice
A mio modesto parere, Ganesh è il dio indù più simpatico, con il suo aspetto bizzarro e il corpo sgraziato.

Secondo la religione induista, Ganesh è la divinità che abbatte gli ostacoli.
In effetti, chi meglio di un elefante può rappresentare la capacità di sfondare senza sforzo qualsiasi barriera troviamo sul nostro cammino?

Ma il suo corpo umano - poiché solo la testa è di elefante - ci ricorda anche che quella capacità è insita in ognuno di noi.
Ogni ostacolo è prima di tutto dentro di noi.
Ganesh by Niki de Saint-Phalle - 
Foto dell'autrice
Non so se gli induisti lo vedano in questa chiave, ma a me piace pensare a questa metafora.

Tengo un paio di immagini di Ganesh in casa, a ricordarmi che gli ostacoli esistono solo dentro di me.
Ganesh rappresenta la volontà di individuarli e abbatterli, ma con la stessa serenità dello sguardo e del cuore che le sue statuette ben rappresentano.

lunedì 3 giugno 2013

La preghiera sciamanica

A tutti sarà capitato di vedere in un film uno sciamano o un uomo medicina nativo americano pregare cantando durante una qualche cerimonia.

A volte, il canto sciamanico non è una vera e propria preghiera articolata con parole e versi come la intendiamo noi.
Foto dell'autrice
Lo sciamano emette suoni o note profonde che all'orecchio occidentale, abituato a una diversa armonia, possono addirittura apparire stonati o disarticolati.

Infatti, lo sciamano dialoga con se stesso, con le proprie emozioni, con il Sé Superiore. Gli spiriti non sono altro che emanazioni dei nostri pensieri, i demoni dei nostri travagli interiori.

Un esercizio da sperimentare è proprio imparare a dialogare con il proprio Io interiore e con il Sé Superiore attraverso il canto istintivo. 
Chiunque può farlo. Non serve avere una bella voce o l'orecchio per la musica e il ritmo. 
Basta lasciarsi andare a emettere suoni che siano in sintonia con quello che proviamo in quel momento preciso. 

Di solito il canto parte con note basse e profonde, di gola, per poi salire man mano verso note alte, di testa.
Il ritmo si può ottenere con qualsiasi mezzo, dal battere le mani o i piedi - o entrambi - al tamburo, o percussioni tipo legnetti, maracas o quant'altro produca un ritmo e un suono che ci ispiri a lasciarci andare.

Il canto sciamanico è un canto irrazionale, qualcosa che ci trasporta verso di noi, nel profondo, instaurando un dialogo amorevole. 

Provate a celebrarvi. A celebrare con il canto il vostro amore per la vita, la vostra gratitudine, a cantare il Divino che alberga in voi.
Non potete immaginare quanta gioia ne scaturisca, fino alle lacrime.
Il canto sciamanico è un canto di guarigione. Interiore.

Perché chiamarlo preghiera, allora?
Perché La preghiera corretta, come spiega Neal Donald Walsch nel libro Conversazioni con Dio (Sperling & Kupfer), non è mai una preghiera di supplica, ma di ringraziamento. (...)
Perciò, non bisogna mai supplicare. Ma apprezzare.