lunedì 25 novembre 2013

Il timore della perdita

Foto dell'autrice
C'è una grande verità che alla maggior parte della gente sfugge: chi più teme la morte teme anche la vita.
Ponendosi al riparo da certe situazioni considerate minacciose, dalla perdita delle persone e delle cose, si rischia di non vivere.

La misura della nostra paura è nella lacerazione che proviamo quando dobbiamo rinunciare a un'idea, a un oggetto cui siamo affezionati o ci pare indispensabile, a una relazione. 

Così, irrigiditi sulle nostre posizioni nel timore di perderle, ci congeliamo e cristallizziamo anche la nostra energia.
Questo ci impedisce di far spazio al nuovo.

Dobbiamo accettare una volta per tutte che nulla è permanente.
Uno dei concetti fondanti del buddismo è l'impermanenza.
Quando lasci che le cose vadano e vengano nella tua vita, perché nulla è per sempre, e perché tanto non puoi avere il controllo su tutto, allora ti rilassi e la vita comincia a cambiare.

Per lasciar andare dobbiamo avere il coraggio di immaginare di perdere tutto, anche le persone più care. Possiamo perdere i genitori, i figli, gli amori, le amicizie, i soldi, il lavoro, la casa.
Foto dell'autrice
Ma se ci siamo stati fino in fondo, con loro, se ce li siamo goduti come un dono, comprendendo il loro valore, allora possiamo accettare il fatto che non saranno per sempre con noi.

Tutto cambia. La vita fluisce.
Sta a noi decidere se fluire con essa, goderci il viaggio, e aprirci con fiducia al nuovo, oppure fare resistenza e star male per la maggior parte del tempo.

Nulla si perde davvero, in fondo, resta tutto dentro di noi, se lo abbiamo amato e onorato come meritava.



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