lunedì 2 dicembre 2013

Innamorati del proprio dramma di vita

Come fa notare Eckhart Tolle nel libro Il Potere di Adesso, tutti noi siamo più o meno innamorati del nostro dramma di vita.
Ovvero, ci compiaciamo - anche se magari solo a livello inconscio - delle nostre disgrazie, dei dolori, dei fallimenti, degli attaccamenti e così via.

Proprio perché ci identifichiamo nella situazione di vita che stiamo vivendo scambiandola per la vita in generale, ci piace etichettarci in un certo modo. Forse perché così ci hanno etichettati fin da bambini, per esempio il timidone o l'inconcludente, o forse a causa di etichette autoimposte durante situazioni che abbiamo vissuto in passato e che ci hanno segnato, o ancora perché certi schemi di comportamento finiamo per ripeterli più volte.

Foto dell'autrice
Allora ecco che emerge quel certo senso di compiacimento per le nostre disfunzioni, perché crediamo di essere fatti così, e che certamente la nostra vita sarà sempre così.

C'è una parte infantile latente in noi che ama farsi leccare le ferite, o leccarsele da solo piagnucolando. 
Ma la vita non è una mamma.
Non è lì pronta ad accorrere per accarezzarci amorevolmente. 
La vita ci sta invece dicendo che attraiamo ciò che pensiamo.
E se pensiamo di essere dei falliti, degli incapaci, o degli sfigati, rischiamo che questo diventi davvero il nostro destino.

Tolle ci richiama all'ordine suggerendoci che se soltanto comprendessimo anche solo un pochino di essere innamorati del nostro dramma di vita, smetteremmo di inscenarlo. Subito.
La consapevolezza del nostro compiacimento così deleterio lo scioglierebbe come neve al sole. 
Poiché solo un masochista o un folle continuerebbe a inscenare un falso dramma. 

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