lunedì 31 marzo 2014

La caduta come trampolino di lancio

Vivendo in una società malata di arrivismo e competitività ossessiva, che divide il mondo in vincenti e perdenti, che giudica le persone in base ai successi materiali, la caduta è considerata un'onta.

Fin da bambini siamo inconsciamente condizionati a temere il fallimento, al punto che una semplice bocciatura a scuola o un licenziamento paiono qualcosa di insostenibile, un dramma senza soluzione, e qualche persona arriva addirittura ad uccidersi. 
Perché non vede la risorsa intrinseca nella caduta.
Foto dell'autrice

C'è un vecchio detto molto saggio che tutti conosciamo e recita: 
Quando tocchi il fondo, puoi soltanto risalire.
Sembra scontato, eppure, se c'è chi si sente finito quando si trova disteso a terra è perché quella lezione non l'ha ancora metabolizzata.

Se ci immaginiamo tuffarci in una piscina, possiamo visualizzare come arrivando sul fondo, dando un colpo di piede, ecco che abbiamo la spinta necessaria a riemergere.

Alla fine, se non avessimo toccato il fondo, avremmo faticato di più a riemergere, perché avremmo dovuto muovere di più le braccia e le gambe.

E' un po' come tirare con la fionda: più indietro spingi e più vai lontano e velocemente.

E soprattutto, più fardelli ti togli di dosso, più sei leggero e arriverai con facilità in superficie.

La caduta è un'opportunità.
Non è un fallimento, ma un trampolino di lancio.
Foto dell'autrice


Se sai cosa è andato storto, sai anche come trovare la soluzione.
Se comprendi che sei tu ad averlo creato, lo puoi sciogliere.
Non puoi vincere fuori se prima non hai guardato cosa c'è dentro di te. 
Anche in questo è importante toccare il fondo.
Finché non tocchi il fondo della sofferenza non hai la spinta necessaria a scrollartela di dosso.

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