venerdì 24 maggio 2013

La solitudine intenzionale

Clarissa Pinkola Estés nei suoi testi parla spesso della necessità animica di prendersi del tempo per sé stessi.

Foto dell'autrice
Ogni passaggio di vita, situazione di difficoltà o di dolore, necessita di un periodo in cui stare da soli per elaborare, leccarsi le ferite e tornare al mondo guariti.

Un bel simbolo ancestrale di rinascita è l'orsa, che passa l'inverno nella tana e a primavera ne emerge insieme ai cuccioli che nel frattempo ha partorito.

La nostra vita è ciclica, fatta di momenti di corsa e altri di pausa, di luce e ombra, di sonno e veglia.

Chi non sa stare da solo almeno il tempo necessario per rimettersi in sesto dopo un periodo difficile, non riuscirà a guarire.
Perché si porterà appresso tutte le ferite scaricandole sull'amico o sull'amore di turno. Trasformando le relazioni in discariche emotive. 

Ma, proprio perché siamo esseri ciclici, dobbiamo saper tornare a stare con l'altro, una volar finita la nostra pausa.
Come in ogni cosa, ci vuole il giusto mezzo, e rifugiarci per sempre nell'ombra non ci giova. Siamo animali sociali.
Foto dell'autrice

Anche Persefone, regina degli Inferi, vi trascorreva pochi mesi all'anno. Il resto del tempo era libera di emergere alla luce del sole e di passare del tempo con le persone care, come una qualsiasi fanciulla spensierata.

C'è un tempo per la solitudine intenzionale e un tempo per tornare nel mondo, nella danza della vita e dell'amore.
C'è un tempo per rimettersi in gioco, e lasciar entrare la primavera chiassosa che spazzi via il silenzio della neve.

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