venerdì 18 novembre 2016

La prigione è nella mente

Il tema della follia è molto presente nella musica, specie nel rock. Da Paranoid dei Black Sabbath a Lithium dei Nirvana (in cui Kurt Cobain cantava: Sono felice perché oggi ho trovato i miei amici, sono nella mia testa), dagli incubi di Infinite dreams degli Iron Maiden a Welcome home (Sanitarium) dei Metallica in cui si affronta proprio il tema dello psico-penitenziario di cui parla Salvatore Brizzi, il disturbo mentale è di grande ispirazione per i musicisti. Amy Winehouse in Rehab cantava di non voler andare in comunità di recupero per via dell'alcolismo, la dipendenza dalla droga e la tendenza all'autolesionismo. I Rolling Stones affrontano il tema della depressione nella famosa Paint it black, così come Avril Lavigne nella canzone Nobody's home.

Gli artisti in generale sono sempre stati sensibili alla tematica della malattia mentale essendo un po' più sganciati dall'addormentamento collettivo umano. 
Sbarre - Foto dell'autrice
L'artista è colui che continua a vedere il mondo con occhi diversi, non si accontenta, ma quando non ha gli strumenti per uscire dalla gabbia  mentale ecco che in qualche modo il tema lo deve affrontare, fosse anche solo dal di dentro, narrando come ci si sente. Già il fatto in sé di poter narrare il proprio disagio esistenziale significa che un po' ce ne stiamo distaccando, o non potremmo descriverlo.

Il mondo, lo sappiamo, non è come lo vediamo, è la nostra idea del mondo a crearlo, e se pensiamo di non avere libertà perché così ci è stato insegnato a casa, a scuola, nella nostra cultura, vivremo da prigionieri dei nostri limiti interiori.
Anche quando siamo convinti di essere liberi di scegliere non è così, se non siamo sganciati dalle reazioni automatiche e dal giudizio. La prigione mentale è una condizione che accomuna tutti. Almeno all'inizio, finché qualcuno non decide di evadere davvero. E comincia a cercare le chiavi della gabbia o la lima per segare le sbarre dentro di sé.

Ma spesso anche chi lavora su di sé cade in una trappola molto insidiosa: crede di essere qualcuno che ha dei problemi. Allora, conoscendo la Legge di Attrazione e sapendo di essere il creatore della propria realtà, si interroga su quale parte di sé deve ancora guarire per poter superare quel problema che lo affligge.
Ma è ancora un'illusione duale. 
In realtà non c'è nessun problema. Nessuno di noi ha dei problemi. Né i cosiddetti problemi hanno noi! 
Semplicemente, la vita è la trama su sui le cose accadono. Ma non accadono A NOI. A ME. A TE.
Accadono e basta. Se siamo identificati con qualcuno o qualcosa ecco che il fatto in questione viene percepito come un problema da risolvere. C'è ancora un giudizio di fondo. C'è ancora qualcuno - la mente duale - che giudica sbagliato, da rimuovere il problema. 

Finché pensiamo di essere qualcuno che ha un problema il manicomio resta affollato. 



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